La vendita di prodotti alimentari che hanno superato la data di scadenza non costituisce reato. O meglio, non sempre. Questo è quanto stabilito dalla sentenza della Cassazione Penale il 10 gennaio 2019.
La questione prende il via nel 2017 quando il Tribunale di Bari attribuisce a un commerciante la responsabilità penale per aver posto in vendita quattro cartoni di latte (presumibilmente a lunga conservazione), con un termine minimo di conservazione decorso da quasi tre mesi. Questa sentenza è stata annullata dalla Cassazione che ha richiamato il principio secondo cui, la commercializzazione di prodotti alimentari scaduti non comporta reato ma l’illecito amministrativo, a meno che non sia accertato il cattivo stato di mantenimento degli alimenti.
Facciamo un po’ di chiarezza. Innanzitutto distinguiamo tra la dicitura “da consumare entro il…” e “da consumarsi preferibilmente entro il…”. Con la prima si indica la data di scadenza, per cui il cibo non dovrebbe essere consumato dopo quel periodo perchè considerato pericoloso per la salute. La seconda, invece, indica un termine minimo di conservazione per cui l’alimento può essere consumato anche dopo la data indicata in etichetta. Generalmente in quest’ultimo caso si va incontro a un deperimento organolettico e nutrizionale lento e progressivo. Un esempio: dei biscotti consumati qualche settimana dopo il termine previsto risulteranno probabilmente meno gustosi e croccanti ma certamente privi di rischi per la salute (se ben conservati). E questo vale per molti altri alimenti.
È la modalità di conservazione che gioca un ruolo fondamentale. Il cattivo stato delle condizioni di stoccaggio nei magazzini o negli scaffali del punto vendita, può favorire la precoce degradazione o contaminazione dell’alimento (anche se non scaduto). Ed è qui che la responsabilità del venditore potrebbe rientrare nel penale (art. 444 c.p.), perché le autorità devono accertare la sussistenza dei requisiti di sicurezza degli alimenti e verificare se il prodotto è conforme o meno (reg. CE 178/02, articolo 14) indipendentemente dal termine minimo di conservazione. Della disciplina igenica di produzione e vendita dei prodotti alimentari di cui l’articolo 5 della legge 283/62 ne parla molto chiaramente l’avvocato Dario Dongo in un recente articolo.
Tornando alla nostra vicenda, le analisi di laboratorio non hanno riscontrato anomalie sullo stato di conservazione dei cartoni di latte, certificandone il buono stato e accogliendo il ricorso del commerciante. Facendo decadere così la rilevanza penale.
Non è vero che le modalità di conservazione degli alimenti non abbiano relazione con la data di scadenza/termine minimo di conservazione. I regolamenti CE prevedono che tali limiti siano a responsabilità del produttore, il quale , in base ai suoi creteri produttivi ed a prove sperimentali in autocontrollo ne stabilisce la durata “nelle condizioni di conservazione ” previste dalla legge ed indicate sulla confezione. Gli ORGANI DI CONTROLLO sono tenuti alla verifica, in termini legali, di dette condizioni sull’intera catena distributiva dall’azienda alla vendita, al pari delle verifiche che ogni accorta azienda di produzione dovrebbe mettere in atto come Assicurazione di qualità dall’acquisto delle materie prime fino alla distribuzione dei prodotti finiti.