La nuova legge contro lo spreco alimentare prevede la possibilità di donare il cibo anche dopo la data del termine minimo di conservazione indicato sull’etichetta (da non confondere con la scadenza). Un’analoga iniziativa era stata adottata in Grecia nel settembre 2013, in piena crisi economica. Com’è possibile? Prima di tutto va detto che il termine minimo di conservazione (Tmc) non è un limite invalicabile ma indica una data approssimativa di consumo. Significa che nel periodo successivo gli alimenti sono ancora commestibili, ma registrano in modo progressivo un lento decadimento nutrizionale e organolettico.
Stiamo parlando di prodotti come: pasta, riso, salsa di pomodoro, marmellata, sottaceti… che riportano sull’etichetta l’indicazione del termine minimo di conservazione. L’intervallo (variabile da 3-6 mesi sino a oltre 2 anni) viene stabilito da ogni azienda in relazione alla qualità delle materie prime, alla merceologia, al trattamento industriale e al sistema di confezionamento. In questo periodo il produttore si impegna a garantire il mantenimento delle caratteristiche nutrizionali e organolettiche. La data ha quindi per questi alimenti un valore orientativo e il consumo posticipato di qualche settimana o qualche mese non determina problemi per la salute, anche se vale la pena considerare con attenzione i singoli casi. Il Fatto Alimentare ha esaminato le criticità del termine minimo di conservazione (Tmc) riportato sugli alimenti confezionati. Se in alcuni casi la data è troppo dilazionata nel tempo, per altri prodotti il consumo posticipato di 1-2 mesi non comporta quasi nessuna differenza.
I succhi di frutta hanno un intervallo variabile da 6 a 12 mesi, da molti considerato troppo generoso. Conviene consumarli prima, visto che dopo 6 mesi le bevande perdono sapore. La stessa cosa vale per l’olio extravergine di oliva e il caffè macinato, di solito il Tmc è di 12-24 mesi, ma dopo un anno il cibo perde parte dell’aroma, che per questi alimenti ha un’importanza rilevante.
Pomodori pelati, salsa di pomodoro, tonno sottolio, cetrioli, cipolle, conserve vegetali sottaceto e altri cibi in scatola, sono alimenti sterilizzati e possono tranquillamente essere consumati 3-4 mesi dopo la data sulla confezione.
Conserve sottaceto (Tmc 2-3 anni) non ci sono problemi anche se vengono portate a tavola 1-2 mesi dopo.
Per i vegetali sottolio come carciofini, funghi… (Tmc 18-24 mesi), bisogna stare attenti, perchè quando si consumano conserve “preparate in casa” c’è sempre il rischio botulino che può rappresentare un serio problema.
Anche per biscotti, cracker… (Tmc 6 -8 mesi) qualche settimana di ritardo non comporta problemi, al massimo risultano meno croccanti.
Panettone, pandoro e colomba (Tmc: 4-5 mesi) se vengono consumati con un ritardo di 1-2 settimane possono essere meno morbidi e fragranti, ma non ci sono problemi.
La pasta secca e il riso hanno una scadenza variabile (Tmc 24-30 mesi), ma non succede niente se vengono cucinati qualche mese dopo.
Pesce e piatti pronti surgelati non creano problemi anche se consumati 1-2 mesi dopo la data visto che vengono sottoposti a cottura. Al massimo si registra una perdita di sapore. Quando si tratta di gamberetti surgelati crudi e destinati ad essere mangiati tal quali in un cocktail con salsa rosa, conviene rispettare il termine minimo di conservazione (il rischio è un’eventuale crescita indesiderata di Listeria). Se invece verranno cotti, si possono consumare tranquillamente con 1-2 mesi di ritardo sulla data. In ogni caso lo scongelamento deve avvenire in frigorifero e non a temperatura ambiente.
Cosa fare dopo l’apertura? Quando si apre la scatola di pelati, di tonno, il succo di frutta e sulla confezione compaiono scritte del tipo “dopo l’apertura consumare entro … giorni” oppure “dopo l’apertura conservare in frigorifero”, conviene seguire l’indicazione, perchè il decadimento organolettico così come l’incremento della carica microbica può essere molto rapido.
Un discorso a parte merita la presenza di muffe nel vasetto di marmellata aperto o nella bottiglia di passata di pomodoro conservata in frigorifero. La regola dice di buttare via tutto, anche se lo strato di muffa è superficiale, perché tracce di muffa possono nascondersi in profondità e non sono visibili ad occhio nudo.
Un’ultima nota: i prodotti scongelati tenuti in frigorifero vanno cucinati entro 24 ore, mentre il pane fresco si conserva per settimane in freezer, ma va messo in congelatore subito dopo l’acquisto, quando è ancora croccante, solo così nella fase di rinvenimento mantiene una buona fragranza.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Ottimo articolo e molto utile.
E’ possibile sapere come si comportano le spezie? Grazie