Campo di insalata tipo lattuga con teli di pacciamatura in plastica

Ogni anno l’agricoltura mondiale utilizza circa 12,5 milioni di tonnellate di plastica, pari al 5% del totale delle plastiche prodotte (dati FAO, 2021). Servono per coprire le colture, proteggere le piante, legare i rami o convogliare l’acqua. Tuttavia, il loro fine vita può diventare problematico e/o molto costoso per quelle applicazioni con un ciclo di utilizzo breve (alcuni mesi), e ancora di più se sono molto sporchi (terra, residui vegetali) o quando la possibilità di dispersione nell’ambiente è elevata (per esempio, film di pacciamatura, clip e spaghi, protezioni per alberi, dispenser di feromoni).

Un esempio emblematico è rappresentato dai teli per pacciamatura, usati per contenere la crescita delle erbe infestanti e ridurre l’evaporazione dell’acqua. Dopo l’uso, però, questi film sottili diventano rifiuti plastici sporchi di suolo e di materiale vegetale, e per questo difficili e costosi da recuperare o riciclare. Secondo un report della Commissione europea, oltre un terzo (37%) dei rifiuti plastici agricoli ha un destino sconosciuto, mentre circa il 5% viene bruciato in campo, con potenziali rischi ambientali. Solo un quarto del materiale raccolto è effettivamente riciclato, il resto è incenerito o finisce in discarica.

I teli di plastica biodegradabili

Per ridurre questo impatto, negli ultimi vent’anni si sono diffusi i teli di pacciamatura biodegradabili, realizzati con materiali che si degradano naturalmente nel suolo grazie all’azione dei microrganismi. In questo modo possono essere lasciati in campo, interrandoli dopo l’uso ed evitando la fase di raccolta e smaltimento.

Le prime applicazioni risalgono ai primi anni Duemila e oggi questi materiali sono ampiamente usati anche in Italia, con risultati agronomici comparabili a quelli dei film plastici tradizionali. La loro diffusione è accompagnata da standard europei che ne certificano la sicurezza ambientale.

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Negli ultimi vent’anni si sono diffusi i teli di pacciamatura biodegradabili, che si degradano naturalmente nel suolo

La norma EN 17033:2018 stabilisce i requisiti per i film biodegradabili da pacciamatura, imponendo una biodegradazione superiore al 90% entro 24 mesi, l’assenza di effetti tossici su piante, organismi e microrganismi del suolo e limiti severi per i metalli pesanti e le sostanze pericolose.

Da fine 2024, inoltre, questi materiali sono entrati anche nel Regolamento europeo Fertilizzanti (UE 1009/2019), che ne armonizza lo status in tutti gli Stati membri, riconoscendoli come strumenti sostenibili per un’agricoltura più circolare.

Critiche e repliche

Negli ultimi anni sono stati pubblicati diversi studi scientifici sull’impatto dei materiali biodegradabili nel terreno, alcuni dei quali hanno ipotizzato che la loro biodegradazione potesse alterare la fertilità del suolo o interferire con l’attività microbica (per esempio, ne abbiamo parlato in questo articolo). Le conclusioni di queste ricerche, spesso riprese in chiave allarmistica, sono state però messe in discussione dagli esperti del settore.

Secondo Francesco Degli Innocenti, del Comitato tecnico-scientifico di Assobioplastiche, molti di questi studi partono da presupposti metodologici errati: usano quantità di materiale enormemente superiori a quelle impiegate in un normale contesto agricolo, o testano campioni di laboratorio diversi dai prodotti commerciali effettivamente certificati secondo la norma EN 17033. In un’analisi critica pubblicata dall’associazione, Degli Innocenti ha fatto di un vero e proprio debunking, sottolineando come “i toni allarmistici non siano giustificati dai dati” e che in molti casi le condizioni sperimentali “non rappresentino la realtà d’uso in campo”.

Lo studio dell’Università di Bologna sui teli di plastica biodegradabili

A conferma di ciò, un gruppo di ricercatori del Dipartimento Distal dell’Università di Bologna ha condotto una prova sperimentale testando quantità crescenti di teli biodegradabili in due tipi di suolo (argilloso e sabbioso). Le alterazioni significative si sono verificate solo con dosi pari all’1% del peso del suolo, equivalenti a 158 volte la quantità realmente usata in agricoltura. In condizioni reali – circa lo 0,006% in peso – non sono emersi effetti misurabili sulla qualità del terreno.

In sintesi, spiegano gli esperti, è importante valutare i risultati degli studi alla luce delle dosi e dei materiali realmente impiegati, distinguendo tra simulazioni di laboratorio e condizioni agronomiche reali. Solo così è possibile evitare distorsioni e garantire un dibattito fondato su dati oggettivi, non su percezioni.

La  pacciamatura biodegradabile in suolo rappresenta oggi una delle soluzioni più promettenti per ridurre la plastica in agricoltura, soprattutto dove il recupero e lo smaltimento dei film tradizionali restano difficili o costosi. Con l’applicazione delle nuove norme europee, il suo utilizzo potrà diventare ancora più sicuro, tracciabile e sostenibile per agricoltori e ambiente.

Giuseppe Iasparra per Assobioplastiche

Il commento di Novamont (aggiornamento del 06/11/2025)

Riceviamo e pubblichiamo una nota inviata da Novamont sui teli di pacciamatura biodegradabili: “Novamont ha ottenuto il certificato di conformità al Regolamento Fertilizzanti 2019/1009 per  il telo di pacciamatura in Mater-Bi, utilizzato in agricoltura per il controllo delle infestanti a fine ciclo non necessita di essere smaltito separatamente. Il telo infatti  soddisfa tutti i requisiti previsti per cui non si accumula nel suolo, non rilascia microplastiche persistenti e non provoca effetti ecotossici nell’ambiente. L’attività dei microrganismi ne determina la mineralizzazione completa e la successiva trasformazione in anidride carbonica e acqua.

Secondo il Regolamento, il telo in Mater-Bi può essere considerato un ammendante inorganico, ovvero un prodotto fertilizzante con la funzione di mantenere, migliorare o proteggere le proprietà fisiche o chimiche, la struttura o l’attività biologica del suolo a cui è aggiunto. Secondo la FAO, a livello globale, il consumo di plastiche in agricoltura ha superato i 12,5 milioni di tonnellate e quasi il 20% sono costituiti da film per pacciamatura. A oggi, purtroppo, la percentuale di teli per pacciamatura smaltita correttamente è minima. Si calcola che in Europa solo il 24% di rifiuto plastico da attività agricole è riciclato, e questo genera inevitabilmente una contaminazione  del suolo.”

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, AdobeStock

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luigiR
luigiR
6 Novembre 2025 15:36

troppo spesso tali rifiuti plastici vengono bruciati nelle campagne del foggiano, dove vivo, costituendo un pericolo per gli esseri viventi e l’ambiente.

Riccardo
Riccardo
10 Novembre 2025 12:57

Nella bassa padana invece, non li bruciano (almeno, non la maggior parte), ma li lasciano a fare cumulo a bordo campo una volta esaurita la loro funzione (assurda). Li segnalo alle autorità e ai gestori dei servizi raccolta rifiuti, ma dopo anni restano sempre lì.

Valentina
Valentina
3 Dicembre 2025 19:19

Non capisco la necessità di teli in plastica biodegradabile, esistono degli ottimi teli in carta che danno ottimi risultati. Vorrei fare notare che la plastica biodegradabile forma comunque microplastiche, anche se queste hanno una persistenza molto minore della plastica tradizionale. Inoltre le condizioni di biodegradabilità valutate in laboratorio sono spesso non replicabili in campo aperto. Meglio della plastica tradizionale sicuramente si, meglio non plastica ogni volta che è possibile.

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