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Con un’azione senza precedenti la città di San Francisco, in California, tramite il Procuratore cittadino David Chiu, ha intentato causa a dieci tra i principali produttori di alimenti ultra processati, accusati di introdurre consapevolmente prodotti dannosi per la salute. Kraft Heinz Company, Mondelēz International, Post Holdings, The Coca-Cola Company, PepsiCo, General Mills, Nestlé USA, Kellogg, Mars Incorporated, e ConAgra Brands dovranno ora dimostrare di non aver pianificato la vendita di prodotti che, oltretutto, creano dipendenza, pur sapendo che un consumo regolare è associato a un aumento significativo del rischio di sviluppare patologie quali l’obesità il diabete, le malattie cardio- e cerebrovascolari, quelle epatiche, quelle infiammatorie intestinali come il morbo di Chron, la depressione e i tumori.

Secondo Chiu, inoltre, le aziende avrebbero reso quasi impossibile la scelta di prodotti diversi che pure, secondo diverse indagini, gli americani preferirebbero. Le aziende avrebbero creato consapevolmente una crisi di salute pubblica traendone enormi profitti, e per questo spetterebbe a loro contribuire anche economicamente a contrastarne gli effetti.

Ultra processati: una definizione sfuggente

Lo studio legale cui è stata affidata la causa, che vede in prima fila anche il sindaco della città, è Morgan & Morgan, lo stesso che, pochi mesi fa, ne aveva intentata una simile in Pennsylvania, in rappresentanza di un uomo che aveva sviluppato il diabete di tipo 2 e steatosi epatica dopo essersi alimentato prevalentemente con ultra processati per 16 anni. In quell’occasione la causa era stata persa, per l’impossibilità di definire che cosa sia ultra processato e dannoso e di dimostrare un rapporto di causa ed effetto con singoli prodotti, ma ora potrebbe andare diversamente. In questo caso è una città che parla di salute pubblica.

Comunque, per prevenire verdetti simili a quello della Pennsylvania, Chiu ha definito ultra processati gli alimenti che sono stati scomposti e poi riassemblati con l’aggiunta di additivi come coloranti, esaltatori di sapidità, addensanti, emulsionanti, dolcificanti, schiumogeni e antischiuma, e volumizzanti e gelificanti e così via, realizzati con tecniche come la stampa in 3D, la pressurizzazione e l’estrusione. Inoltre, ha messo nero su bianco che sono studiati per stimolare il desiderio e incoraggiare un consumo eccessivo. Oltre a contenere quantità elevate di grassi, sali e zuccheri, poi, gli ultra processati – scrive ancora – preoccupano perché le lavorazioni alterano la struttura chimico-fisica dei componenti e questo, a sua volta, influenza la digestione e l’assorbimento.

Oggi il 70% della produzione alimentare statunitense è dedicata agli ultra processati, e ciò spiega perché i consumatori non siano realmente liberi di scegliere: possono optare solo tra un numero enorme di prodotti di questo tipo.

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La città di San Francisco ha intentato causa ai principali produttori di alimenti ultra processati

Come Big Tobacco

La strategia adottata da Big Food, si legge ancora nel comunicato della Procura, ricorda molto da vicino quelle delle aziende del tabacco già dagli anni settanta, volte a nascondere con ogni mezzo i dati che stavano arrivando sui danni del fumo. E non è certamente un caso: negli anni sessanta due tra i principali produttori di tabacco, R. J. Reynolds e Philip Morris, iniziano ad acquisire quote azionare crescenti di aziende del settore alimentare. La prima, per esempio, arrivò a possedere Nabisco e Del Monte, la seconda Kraft e General Food, ma la strategia di entrambe fu quella di assorbire la produzione di cibo e non di trattarla come qualcosa di diverso, con regole proprie.

Per questo ci fu un trasferimento di persone, tecnologie e informazioni dal tabacco al cibo, e ciò fece capire ai dirigenti che avrebbero potuto sfruttare ciò che avevano imparato sulle dipendenze. Poco tempo dopo, altre aziende del settore alimentare ne seguirono l’esempio.

Primo target: i bambini

I produttori iniziarono quindi a rivolgersi ai bambini, per incrementare le vendite, aumentando gli investimenti in pubblicità e utilizzando approcci integrati che prevedevano, per esempio, l’uso di personaggi dei cartoni animati come testimonial e collaborazioni con le grandi aziende del settore come la Disney, la Mattel, la Nintendo e la Marvel. Negli anni novanta la Kraft istituì una Task Force dedicata, il cui responsabile dichiarò che le promozioni avrebbero raggiunto il 95% dei bambini di età compresa tra i sei e i 12 anni, ovvero la fascia considerata ideale.

Parallelamente, iniziarono a prendere di mira le comunità più povere ed etnicamente distinte, rivolgendosi in modo sproporzionato ai bambini afroamericani e ispanici, bersagliati dal 70% di pubblicità in più rispetto ai bambini caucasici. Il risultato? La prevalenza del diabete tra gli afroamericani negli ultimi trent’anni è quadruplicata, e il loro rischio di ammalarsi è del 70% più alto rispetto a quello dei bianchi. A San Francisco, i ricoveri per diabete 2 sono da due a tre volte più numerosi tra i neri che tra tutte le altre etnie e le persone che vivono con un reddito al di sotto del 200% di quello di povertà federale hanno una probabilità tre volte maggiore di sviluppare la malattia.

Ragazza grassa che mangia patatine da una ciotola mentre è seduta sul pavimento in salotto, vista laterale. Bambino caucasico sovrappeso in abiti casual si diverte a condurre uno stile di vita malsano, a mangiare cibo spazzatura e a guardare la tv.
I produttori si rivolgono ai bambini, per incrementare le vendite

Nessun provvedimento

Tutto questo ha iniziato a essere evidente già nei primi anni novanta, ma le aziende non hanno adottato provvedimenti per invertire la tendenza, anzi. A un meeting del 1999 alcuni amministratori delegati hanno avvisato i colleghi che si stavano spingendo troppo in là, e che ci sarebbero state conseguenze devastanti sulla salute pubblica. Il comportamento di Big Food, già allora, stava costando 100 miliardi di dollari all’anno e infliggendo sofferenze simili solo a quelle causate dal tabacco. L’allarme, però, non fu ascoltato e altri relatori citarono, solo per denigrarle, le preoccupazioni espresse da alcune associazioni di consumatori.

Big Food sapeva

Le aziende erano quindi a conoscenza dei rischi. Ciononostante continuarono nelle loro strategie commerciali intensificandole, senza preoccuparsi minimamente della salute dei consumatori. Per questo la Procura spera di vincere. E i numeri la sostengono: se nel 1960 la spesa sanitaria consumava il 5% del PIL, oggi siamo già al 20% e si prevede che entro il 2031 raggiungerà l’iperbolica cifra di 7.000 miliardi di dollari, che in gran parte sono coperti da autorità locali come città e singoli stati. Nel 2024, la California da sola ha speso poco meno di quattro miliardi di dollari solo per una delle forme di assistenza (Medi-Cal). A San Francisco il diabete di tipo 2 è l’ottava causa di morte e contribuisce in modo determinante alla prima, ovvero le malattie cardiovascolari, e alle patologie renali che portano alla necessità di dialisi.

Gli aspetti legali

Nel dettaglio, la causa sostiene che la vendita di ultra processati abbia violato le leggi statali sulla concorrenza sleale e sulla pubblicità ingannevole, e chiede, tra le altre cose, il divieto di pubblicizzare alimenti e prodotti alimentari dannosi per la salute, oltre a sanzioni che permettano di attenuare gli effetti dannosi causati da questi cibi. Sono i produttori a dover pagare in parte i costi sanitari.

Comunque vada a finire, concludono, la causa costituirà un precedente importante per tutto il paese e non solo. Probabilmente, inoltre, la Procura spera anche di sfruttare l’ostilità del segretario alla salute Robert Kennedy jr verso gli ultra processati, contro i quali si è spesso scagliato. In un primo rapporto del suo più che screditato ministero si affermava che stanno causando un’epidemia di malattie croniche tra i bambini, anche se in un secondo documento non si suggerivano affatto provvedimenti drastici. Per ora Kennedy non ha per nulla ostacolato i grandi produttori, anzi, ha sostenuto che i grassi saturi animali sono benefici, e si è limitato a dichiarare guerra ad alcuni coloranti sintetici. A breve si attendono le nuove linee guida nutrizionali, precedute da una definizione ufficiale di ultra processati.

Studi e consapevolezza

Dalla sua, il procuratore ha anche l’ultima serie di articoli di Lancet, che vanno a ingrossare le fila di un numero crescente di studi che dimostrano il nesso tra ultra processati e danni alla salute. Nel frattempo si stanno muovendo alcuni amministratori locali come il governatore della stessa California Gavin Newsom, che in ottobre ha varato un disegno di legge bipartisan che, oltre a fornire una definizione di ultra processato, mira a eliminare gradualmente quelli più preoccupanti dalle mense scolastiche. Altri amministratori stanno prendendo di mira i coloranti, come lo stesso Kennedy e come prevede il programma di Make America Healthy Again (MAHA).

Tutto ciò dovrebbe se non altro far aumentare la consapevolezza e il dibattito pubblico, e facilitare la conduzione di ricerche che forniscano risposte più chiare rispetto a quelle disponibili oggi, spesso ottenute da studi che dimostrano solo la coesistenza di due fenomeni (il consumo e la malattia), ma non dimostrano il rapporto tra essi.

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos.com

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