Negli Stati Uniti sarebbe legalmente e amministrativamente fattibile, e avrebbe forti implicazioni per la politica nutrizionale, l’imposizione di una tassa sul cibo spazzatura e sulle bevande zuccherate, da definire per categorie di prodotto, oppure sulla base delle sostanze nutritive o delle calorie, anche con una combinazione tra questi fattori.
Lo indica uno studio condotto da ricercatori del College of Global Public Health della New York University e della School of Nutrition Science and Policy della Tufts University, pubblicato dalla rivista American Journal of Public Health, che ha analizzato la letteratura scientifica e le soluzioni fiscali adottate a livello internazionale.
I ricercatori osservano che negli Usa, mentre le tasse locali sulle bevande zuccherate registrano una crescente popolarità e accettazione politica, l’idea di una tassa nazionale su tutti gli alimenti malsani – che avrebbe effetti molto più ampi delle tasse locali sulle sole bevande zuccherate – non ha ancora un sostegno politico e la sua fattibilità “nell’attuale clima politico è incerta e sembra improbabile”.
Inoltre, osserva Jennifer Pomeranz, che ha diretto lo studio, la lobby dell’industria alimentare è molto forte e di solito la sua opposizione alle politiche di salute pubblica ha molto successo. Questo sforzo non riguarda solo i lobbisti, rimarca Pomeranz, ma anche la scienza spazzatura finanziata dall’industria a proprio supporto. “Lo si è visto nel corso della storia per quanto riguarda le armi da fuoco e il tabacco. Lo stiamo vedendo ora con gli alimenti”.
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