Colesterolo in etichetta biscotti 466523825Salve, mi pare che l’allegato V punto 19 al Reg. Ce 1169/2011, sia molto chiaro in fatto di esenzioni per i prodotti realizzati e confezionati da aziende artigiane e posti in vendita nei propri esercizi, sia annessi al laboratorio di produzione, sia in unità diverse. Non mi pare che fornire i prodotti confezionati alla grande distribuzione, anche se gli esercizi di vendita sono posti nel territorio della stessa provincia e/o province limitrofe sia la stessa cosa. Infatti, in questi casi si parla di vendita all’ingrosso e il venditore non è lo stesso del produttore, pertanto, sono convinto che i prodotti confezionati debbano essere provvisti della tabella nutrizionale. Grazie, Luca

Risponde l’avvocato Dario Dongo, esperto di diritto alimentare.

L’interpretazione dei regolamenti europei in tema d’informazione al consumatore negli ultimi anni ha perso ogni connotazione giuridica, assumendo invece una marcata impronta politica. Di fatto, ogni qualvolta l’applicazione di una norma debba o possa soggiacere a un atto di indirizzo delle autorità europee o nazionali a vario titolo coinvolte, può accadere di tutto.

pane Tabella nutrizionale
L’allegato V punto 19 al Reg. Ce 1169/2011, è chiaro sulla tabella nutrizionale per le aziende artigiane

Un esempio su tutti riguarda l’esenzione accordata da Commissione e Stati membri a würstel e salsicce, in barba al regolamento (UE) 1169/11, dall’obbligo di riportare “con acqua aggiunta” accanto alla denominazione di vendita, quand’anche il tenore di acqua superi il 5%. In nome delle presunte “intenzioni del legislatore”, del resto, la Corte di Giustizia é giunta a estendere indebitamente il campo di applicazione del regolamento su “nutrition & health claim”.

Nel caso delle esenzioni dalla tabella nutrizionale obbligatoria a favore delle imprese artigiane, alcuni Paesi membri come Irlanda, Belgio e Repubblica Ceca hanno perciò assunto un atteggiamento pragmatico, in nome della certezza del diritto. E la Commissione, che non brilla per iniziativa, non oserà certo opporre alcunché alla loro “visione” delle regole comuni.

Poiché è indispensabile far coesistere l’interesse dei consumatori a ricevere informazioni puntuali con quello delle PMI a sopravvivere alla già gravosa mole di oneri burocratici, bisogna perciò identificare criteri di applicazione ragionevoli, le cui basi possono venire identificate nella “lettura” delle stesse regole da parte di altri Paesi membri (in Rep. Ceca ad esempio, si é accordata la deroga a imprese con fatturato non superiore a 740.000€ e non oltre 10 occupati in area produzione), magari anche con memoria di deroghe accordate a piccole produzioni in diversi ambiti normativi (es. LG Stato-Regioni su reg. CE 852/04).

Se e quando poi alcun Ministero italiano si sveglierà dal torpore per chiarire questo e vari altri aspetti che attengono al “Food Information Regulation”, non ultimo le sanzioni, avrà premura di riservare un opportuno periodo transitorio per l’eventuale adattamento a ulteriori oneri che verranno se del caso definiti.

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