Negli Stati Uniti la tassazione sulle bevande zuccherate, ribattezzata sugar tax, e attiva ormai in sette città, sta portando a risultati più che soddisfacenti, ma potrebbe essere migliorata se, anziché basarsi sul volume, fosse incentrata sulla concentrazione di zucchero. Questo l’esito di uno studio pubblicato su Science da un consorzio di diverse università, tra le quali Harvard e Berkeley, nel quale si fa al tempo stesso un bilancio di quanto avvenuto negli ultimi mesi e anni, e una previsione basata su un modello di tassazione differente.
Allo stato attuale, valutando cioè una tassa media di 34 centesimi di dollaro al litro (a prescindere dal fatto che ci sia più o meno zucchero) estesa a tutto il paese, si otterrebbe una riduzione media del 22% del consumo giornaliero di bevande zuccherate (pari a 82 ml). Ciò si tradurrebbe, sempre in media, nella perdita di un chilo di peso all’anno, nella diminuzione di incidenza di diabete di tipo 2 del 2,3% e di obesità del 2%, nonché in un guadagno di 1,4 miliardi di dollari per le casse pubbliche.
Ma secondo gli autori ogni tassa di questo tipo, per essere veramente efficace, dovrebbe essere proporzionale al danno che l’oggetto della tassazione provoca. In questo caso alla quantità di zucchero. Ecco allora che una tassazione non più volumetrica ma incentrata sul contenuto di zuccheri semplici potrebbe portare a un’ulteriore perdita di peso (300 grammi in meno oltre al chilo), ad altri 630 mila casi di obesità e 11 mila di diabete 2 evitati, e a un guadagno supplementare di 400 milioni rispetto a quello della tassa volumetrica. Il massimo del risultato si otterrebbe se il regime fiscale fosse esteso a tutto il paese, e fosse omogeneo.
Negli stessi giorni un’altra rivista scientifica, il British Medical Journal, ha pubblicato una previsione che ha dato risultati sorprendenti. Si tratta della proposta di una possibile tassa sugli snack, che porterebbe a risultati doppi rispetto alla sugar tax, perché gli inglesi (e non solo loro) vanno pazzi per merendine e dolci vari pieni di zucchero. Un’idea che è venuta anche al nostro nuovo ministro dell’Istruzione, che la vorrebbe per finanziare la scuola.
La simulazione fatta dai ricercatori della London School of Hygiene and Tropical Medicine, in questo caso, si è basata sugli acquisti di oltre 36.300 prodotti fatta da più di 2.500 adulti in un anno, classificati anche per reddito e per indice di massa corporea. Gli autori hanno calcolato che applicare una tassazione del 20% su biscotti, barrette e cioccolato nelle sue varie forme porterebbe, in un anno, a evitare 8.900 calorie a testa e a perdere, in media, 1,3 kg, con una diminuzione del tasso di obesità del 2,7% nel primo anno. Per confronto, una sugar tax del 20% porterebbe a una diminuzione media di 203 grammi di peso.
Inoltre, la tassazione applicata a merendine e snack dolci svolgerebbe una funzione sociale, perché avrebbe maggiore effetto sulle fasce di popolazione più disagiate, quelle più interessate al problema dell’obesità perché mangiano peggio.
Il messaggio sembra chiaro: alimenti e bevande a elevata concentrazione di zuccheri dovrebbero essere tassate adottando un criterio di comprovata efficacia. La tassa dovrebbe avere come cardine la quantità assoluta di zuccheri. Gli introiti dovrebbero però essere devoluti a campagne di educazione e alla realizzazione di impianti sportivi per stimolare l’attività fisica nella popolazione. Infine, il massimo del risultato si otterrebbe se venisse adottato un regime fiscale omogeneo a livello nazionale.
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Giornalista scientifica
Ma invece di tassare gli zuccheri non si potrebbe provare a diminuirli dalle varie ricette visto che sia le merendine che le bevande sono esageratamente dolci?
L’adozione di una tassa sullo zucchero ha un effetto quasi miracoloso sulle ricette perché le aziende per sottrarsi alla tassazione ne diminuiscono spontaneamente la quantità
Non si modificano i consumi con le tasse ma con l’educazione alimentare, ma mi rendo conto che è difficile spiegarlo a questi neo dittatori alimentari.
Si potrebbe, almeno, per decenza, evitare di sostenere che questa tassa avrebbe una funzione sociale, perché è l’esatto contrario, chi può spendere si può ingozzare di zuccheri.
Con le tasse sullo zucchero si ricavano risorse necessarie per fare quell’educazione alimentare di cui parla che in Italia non fa più nessuno da anni
Figuriamoci che fine potrebbero gli eventuali proventi di questa ennesima tassa…
Paghiamo ancora un accisa sulla benzina per il terremoto di Messina, di un secolo fa..
Continuo a dire che avete idee confuse sulla tassazione dello zucchero e cadete anche in contraddizioni. La tassazione non è materia vostra, consiglio di informarvi.
Se come dite tassare le bevande zuccherate “funziona”, cioè le aziende riducono la quantità di zucchero per non vedere aumentare i prezzi delle bevande, allora i l gettito della tassazione non aumenta: tassa più alta ma minori quantità tassate.
Se così è … non ci sono risorse aggiuntive provenienti da tale tassazione per fare educazione alimentare.
In Italia non si vuol capire che la formazione , l’istruzione e l’educazione non si fa a costo zero! e non si vuol capire soprattutto che non è un costo , ma un investimento.
Perfettamente d’accordo! Purtroppo vedrai che alla prossima manovra finanziaria qualcuno prenderà la palla al balzo per creare nuovo gettito fiscale (teorico) creando nuova spesa pubblica indiscriminata.
Vorrei solo precisare che quando scriviamo che queste tassazioni funzionano, è perché lo dimostrano ormai numerosissimi studi scientifici, controllabili in ogni articolo grazie al link. Non è una nostra opinione. Esperienze ormai fatte in molti paesi dimostrano che con questo tipo di provvedimento diminuiscono i consumi di soda, aumentano quelli di acqua. E questo si vede soprattutto tra le fasce più povere della popolazione, perché in quel caso anche un aumento di poche decine di centesimi fa la differenza. Poiché sono quelle le persone tra le quali si riscontrano i maggiori problemi di obesità e malattie metaboliche causati dal junk food a prezzi stracciati, ecco perché tutti gli esperti sono concordi sul fatto che sia una misura efficace, anche se di certo non sufficiente. I proventi vengono ovunque reinvestiti in iniziative per la salute, siano esse nuove palestre o campagne educazionali e così via. I processi alle intenzioni e le generalizzazioni non sono mai utili a fare passi in avanti. Non è detto che in Italia le cose dovrebbero andare per forza diversamente. Ma questa sì è una mia opinione
ps: lo scopo non è quello di fare cassa, e le minori entrate dovute al calo di vendite vengono sempre calcolate nelle simulazioni e nei conti fatti negli studi. Poiché non è facile reperire fondi da dedicare a questi scopi, in molti paesi si è pensato di vincolare gli eventuali proventi, proprio per evitare che finiscano chissà dove: non mi pare una cattiva idea. Ma lo scopo primario resta quello di scoraggiare il consumo. In questo modo si risparmiano molti soldi (in spese sanitarie evitate)
Il governo precedente aveva pronto un emendamento alla finanziaria, in tal senso, che avrebbe garantito un gettito stimato di 500 mio. Tale somma sarebbe servita ad attuare alcune agevolazioni fiscali per le partite IVA fino a 100 mila euro.
Come vede a pensar male si fà peccato ma spesso ci si azzecca….
Vogliamo parlare della tassazione abnorme sulle sigarette che sarebbe dovuta servire a finanziare la ricerca sul cancro ??
Vogliamo ricordare che sulle bevande, gasate e non solo, in Italia vige un aliquota IVA del 22%, che non ha eguali in Europa.
Forse ci sono già i soldi per fare educazione alimentare, ma si preferisce spenderli per qualcosa che serva ad acchiappare qualche voto in più e non sarà una nuova tassa a cambiare le cose.
La sugar tax non è un’iniziativa per fare cassa e finanziare altre iniziative, ma una tassa per disincentivare l’uso di certi prodotti e bevande e finanziare progetti legati all’educazione alimentare e alla nutrizione.