La sugar tax conviene anche all’economia. La tassa consente di risparmiare in spesa sanitaria e reinvestire denaro per la salute di tutti i cittadini
La sugar tax conviene anche all’economia. La tassa consente di risparmiare in spesa sanitaria e reinvestire denaro per la salute di tutti i cittadini
Agnese Codignola 27 Maggio 2019Oltre che alla salute, la sugar tax fa bene anche alle finanze pubbliche. La tassa riservata alle bevande zuccherate e volta a scoraggiarne il consumo permette, infatti, di risparmiare o di guadagnare denaro che può essere reinvestito in iniziative e programmi per tutti i cittadini.
A sottolineare gli aspetti economici di un provvedimento che sta conquistando sempre più città degli Stati Uniti, che è legge in Messico e di cui si sta discutendo in molti Paesi, ma in Italia è ancora tabù, sono due studi che saranno pubblicati nelle prossime settimane su riviste specializzate (il Quarterly Journal of Economics e il Journal of Economic Perspectives). Nel frattempo, sono stati resi noti perché sono anche documenti di lavoro per il National Bureau of Economic Research (NBER), che ne terrà conto per decisioni che riguarderanno tutto il Paese.
Il risultato delle approfondite analisi condotte dagli economisti della New York University, dell’Università di Berkeley, in California, e di quella della Pennsylvania, è riassumibile in una frase: se la tassa fosse applicata a livello nazionale, frutterebbe ogni anno sette miliardi di dollari.
Negli studi c’è molto di più. Secondo gli analisti ogni lattina da 12 once (350 millilitri circa) comporta un costo circa 10 centesimi di dollaro in termini di salute. Un’altra considerazione è che un americano su due afferma di bere più bevande dolci di quanto vorrebbe, per questo un aumento del prezzo potrebbe aiutare a ridurre i consumi. O, ancora, ci sono le prove della maggiore efficacia della tassa tra le fasce di popolazione che ne hanno più bisogno, ovvero quelle più povere. Queste persone spenderebbero di più in bevande, ma risparmierebbero in misura assai maggiore in spese sanitarie e, al tempo stesso, verrebbero a conoscenza dei danni associati all’assunzione quotidiana di zuccheri e di calorie vuote. Anche i soggetti più istruiti e benestanti, potrebbero beneficiare di un’azione destinata a informare i cittadini sui rischi associati a un eccesso di zuccheri, così come delle iniziative finanziate dai proventi dalla tassa.
Oltre a ciò, ci sono valutazioni sull’entità e le caratteristiche di una tassazione ideale. Intanto dovrebbe essere nazionale, per evitare che gli abitanti di una certa città vadano ad acquistare le bibite altrove, evenienza che si verifica spesso e che diluisce l’effetto sugar tax. Se così fosse, oltretutto, sarebbero vanificati anche i provvedimenti contrari all’introduzione di nuove tasse di questo tipo, come quelli di recente approvati in Arizona, Michigan, California (in quanto stato) e Washington.
Poi bisognerebbe renderla correlare la tassa alla presenza di zucchero e non al volume della bibita, come avviene spesso: non è l’acqua a far acquistare peso – hanno sottolineato gli autori – ma lo zucchero, ed è quello che va tassato. L’importo ideale dovrebbe essere di 0,5 centesimi per grammo, mentre oggi la misura più comune è di un centesimo per millilitro di bevanda, quale che sia la concentrazione di zuccheri. Giudizio sospeso per le bevande dolcificate, perché i dati oggi a disposizione non permettono di esprimersi a favore o contro.
Se queste valutazioni avranno o meno effetto sulle decisioni del governo federale lo si capirà nei prossimi mesi. Nel frattempo emerge con chiarezza che la sugar tax è ormai oggetto di studi di diverso tipo, e che tutti portano a conclusioni dello stesso tenore: comunque la si guardi, è sempre positiva.
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Giornalista scientifica
Intanto il ministro Giulia Grillo pensa ad elargire dei bonus o sgravi fiscali per gli obesi che frequentano le strutture sportive, utilizzando i soldi delle nostre tasse invece che finzanziarli con i soldi delle aziende produttrici di cibo ad alta densità energetica, di grassi, zuccheri raffinati e sale.
La posizione dell’ “Italian Barometer Diabetes Observatory” (IBDO) Foundation è chiara.
Cosa aspettano i nostri governanti?
Call to Actions:
– Promuovere stili di vita sani attraverso lo svolgimento di attività fisica e l’adozione di una dieta equilibrata, a
base di cibi sani e nutrienti che contengano meno zucchero, sale e grassi saturi;
– Prendere in considerazione gli aspetti di prevenzione del diabete e dei fattori di rischio correlati nell’attività legislativa e politica, attraverso la tassazione, l’etichettatura dei cibi, il controllo e le restrizioni di pubblicità ingannevoli o stimolanti consumi di alimenti non appropriati;
http://www.ibdo.it/pdf/Report-2017.pdf
Gentilissimo Claudio, infatti ne avevamo parlato qui: https://ilfattoalimentare.it/giulia-grillo-obesita-sport.html