La tassa sulle bevande zuccherate o sugar tax, introdotta ormai in una cinquantina di Paesi, se di entità adeguata, fa diminuire le vendite e quindi i consumi di questi prodotti. Ma che cosa succede al peso, che è poi l’obiettivo ultimo di questo genere di provvedimenti? A questa domanda, che è la più importante, risponde uno studio che, visti i numeri, lascia ben pochi argomenti ai detrattori della tassa. L’analisi è stata infatti condotta in California, stato dove diverse città hanno introdotto una sugar tax, e dove è possibile confrontare i dati dei residenti nelle città con la tassa con quelli delle persone simili per età, sesso, condizione socioeconomica e altri parametri che, però, vivono in aree metropolitane dove non ci sono state variazioni nei prezzi al dettaglio delle soda.
Il confronto tra città con e senza sugar tax
I ricercatori del Kaiser Permanente Southern California di Pasadena hanno preso in considerazione i dati dei bambini e ragazzi di età compresa tra i due e i 19 anni residenti nelle quattro principali città californiane che hanno introdotto una sugar tax, e cioè Albany, Berkeley, Oakland e San Francisco, per un totale di oltre 44.700 giovani di cui era disponibile almeno una rilevazione antropometrica da sei anni prima a quattro-sei anni dopo l’avvio della tassa, in un intervallo di tempo compreso tra il 2009 e il 2020. Quindi li hanno confrontati con gli stessi dati di oltre 345mila coetanei residenti in una delle 40 città assunte come controllo, e hanno verificato l’effetto sul peso di tutti.
Come hanno poi riportato su JAMA, in generale i bambini (età media: 6,4 e 6,9 anni) che vivevano nelle quattro città con la tassa hanno avuto variazioni in tutti i parametri come il peso rapportato alla crescita, il tasso di ragazzi in sovrappeso o già obesi, mentre nelle zone di controllo non è cambiato nulla.
I dati confermano quindi che la sugar tax raggiunge il suo obiettivo, scoraggiando i consumi, modificando almeno in parte le abitudini negative e contribuendo così a limitare l’aumento di peso dei soggetti più vulnerabili, e che possono avere i danni più gravi sulla salute (sullo sviluppo e sul resto della vita).
© Riproduzione riservata Foto: AdobeStock
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
Giornalista scientifica
Rimane la questione che negli USA i maggiori consumatori di cibo spazzatura, comprese le bevande gasate, sono le fasce più povere e meno acculturate della popolazione, anche perchè si tratta del cibo che rientra nella fascia di prezzo “più abbordabile” (quando consumato “fuori casa”) mentre ricchi, benestanti e kolti, consumano cibi “salubri” ma quasi sempre ben più costosi. Alla fine si tratta dell’ennesima tassa fatta dai ricchi (pur se ben intenzionati) a danno dei poveri …
Gentilissimo,
diciamo che si tratta di una tassa fatta dal governo per aiutare le fasce meno abbienti a restare in salute.