Nonostante il divieto di vendita in vigore dal 1° gennaio 2020, i francesi trovano ancora sugli scaffali dei supermercati stoviglie in plastica del tutto simili alle monouso. Il trucco adottato è più semplice del previsto ma, soprattutto, è efficace. Per continuare a vendere piatti e bicchieri di plastica usa e getta, alcune aziende hanno apposto sui propri prodotti la dicitura “riutilizzabile”. Sono queste le conclusioni di uno studio condotto da Zero Waste France per monitorare un fenomeno che riguarderebbe anche grandi catene di distribuzione. Nel report si cita Carrefour che, dopo la denuncia dell’associazione, ha annunciato l’intenzione di togliere dagli scaffali i prodotti incriminati.
La Francia, Paese oltranzista su molti temi caldi legati all’ambito alimentare (uno su tutti il divieto di utilizzare bisfenolo A in materiali a contatto ed imballaggi), ha deciso di anticipare i tempi su misure che il resto d’Europa vedrà solo tra un anno, bandendo alcuni articoli “à usage unique”. Ma il “banco di prova” francese, per valutare come i consumatori europei (ma anche le aziende) si muoveranno una volta scomparse dagli scaffali le note stoviglie monouso in plastica, sembra mettere in evidenza alcuni buchi normativi.
Tutto parte da un’indagine condotta dall’associazione francese Zero Waste France, nata nel 1997 che, insospettita dalla massiccia presenza di piatti e bicchieri in plastica tra le offerte dei supermercati, ha deciso di vederci chiaro. Addentrandosi nelle corsie dedicate ai prodotti “usa e getta” ha notato stoviglie leggere, economiche del tutto simili alle non più commercializzabili monouso, etichettate tuttavia come riutilizzabili. L’intento sembra proprio quello di aggirare l’ostacolo rappresentato dalla legge francese che le bandisce, tanto che alcune confezioni riportano indicazioni sul corretto smaltimento di piatti e bicchieri giunti a fine vita.
Per giustificarne la possibilità di riuso, le aziende coinvolte sembrano fare appello ad una guida del ministero dell’Ambiente francese, redatta nel 2017, in cui si cerca di delineare il concetto di “articolo riutilizzabile”. Il testo attribuisce questa caratteristica agli oggetti in grado di “resistere ad almeno 20 cicli completi in lavastoviglie in condizioni tecniche definite (con riferimento alla norma EN 12875-1)”. Va evidenziato però che il documento del ministero, a differenza di leggi e decreti attuativi, non ha alcun valore legale, trattandosi di linee guida. Nonostante ciò, alcune aziende hanno deciso di dare al documento un valore ben più ampio, ritenendolo sufficiente per superare il divieto.
Zero Waste France ha deciso di valutare quanto le stoviglie rispondono ai criteri di resistenza pubblicizzati. Le sorprese non sono mancate: le prove condotte hanno dimostrato che riutilizzare queste stoviglie 20 volte sarebbe un miracolo. Già dopo il primo lavaggio i piatti sottoposti a test sono risultati lievemente deformati. Dopo meno di 10 utilizzi, la maggior parte dei piatti si è lacerato, e ha assorbito colore o tracce dei grassi del cibo.
Secondo l’associazione queste pratiche mostrano grande cinismo e irresponsabilità da parte delle aziende è necessario introdurre per evitare che i divieti vengano elusi. L’associazione ha invitato i cittadini a sfidare i marchi che commercializzano questi prodotti, fotografandoli e pubblicando le immagini affiancate all’hashtag #onlaissepaspasser (non lasciamolo passare). e stato anche chiesto inoltre a Brune Poirson, segretaria di Stato presso la ministra della Transizione ecologica, di rafforzare la definizione di monouso e di punire le società che violano la legge. Occorre evitare che a questa pratica oltrepassi le Alpi e raggiunga il nostro Paese.
Fonte immagini: Zero Waste France
© Riproduzione riservata
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
Esperto di Food Contact –
Linkedin: Foltran Luca –
Twitter: @foltranluca
Beh al di là dell’aggiramento della legge, qui c’è vera e propria frode: a dispetto della direttiva, i prodotti non superano nemmeno la prova dei 20 cicli di lavastoviglie, essendo perdipiù pericolosi per i consumatori. Si meritano multe molto estremamente salate.
L’unico, illusorio, vantaggio dei piatti di plastica monouso era che si potevano buttare INVECE di lavarli, a fronte ovviamente dello svantaggio di usare una stoviglia fragile e deformabile su cui non si poteva tagliare nulla di consistente o si finiva per tagliare piatto e tovaglia.
Ovviamente usando posate di metallo, con quelle di plastiìca neppure si poteva fare forza senza spezzarle.
Mi domando quindi perché uno dovrebbe comprarsi dei leggeri piatti di plastica per poi usarli come normali piatti da lavare e riporre, unendo spreco e maggiori costi a fronte di nessun risparmio di tempo, detersivi, acqua e lavoro.
Mauro
Perché la gente dà retta solo ai claim pubblicitari e crede di risparmiarsi lavoro anche quando si complica solo la vita e per di più vive male e scomoda… per me le stoviglie di plastica sono sempre state un ripiego estremo e scomodo, sempre a rischio di rovesciarti addosso la roba, e preferivo portarmi dietro in un sachetto nella borsa da ginnastica posate metalliche pieghevoli e un vecchio piatto da picnic in melammina, e bevevo dalla bottiglia.