La maggior parte dei rifiuti in plastica galleggianti in Adriatico è rappresentato da bottiglie, contenitori, imballaggi, frammenti e borse per la spesa. Seguiti poi dal polistirolo espanso, impiegato nella pesca. Se la Direttiva Europea contro la plastica monouso sarà applicata correttamente, ci libereremo presto da cannucce, posate e pochi altri prodotti usa e getta. Ma c’è un prodotto su cui la direttiva non interviene in modo efficace, che le aziende non vogliono assolutamente mollare: le bottiglie. Perché il business è enorme.
In Italia consumiamo più di 11 miliardi di bottiglie di plastica all’anno per l’acqua minerale e le bevande. Il nostro Paese è tra i primi al mondo – con Messico e Thailandia – e primo in Europa per il consumo di acqua minerale e confezionata in bottiglie di plastica. Negli ultimi dieci anni, le vendite totali delle sole acque minerali imbottigliate in plastica sono passate dai circa 5 a circa 10 miliardi di pezzi l’anno. Le percentuali di riciclo? Secondo Greenpeace si tratta di meno del 50% del totale. Il resto finisce in inceneritori, discariche o disperso nell’ambiente e in mare. Non possiamo più permettercelo, il problema va risolto alla radice.
La spedizione in mare di Greenpeace 2021 attraverserà il mar Adriatico, per denunciare come i cambiamenti climatici e l’inquinamento da plastica siano interconnessi e producano impatti negativi sull’ecosistema marino e sulle comunità costiere. Purtroppo il “nostro” Mar Mediterraneo, un bacino semichiuso con pochi scambi con altri oceani è uno dei mari più inquinanti da plastica. Plastiche e microplastiche spesso invisibili agli occhi, di cui ci accorgiamo solo quando finiscono sulle nostre spiagge.
Un’analisi effettuata lungo le coste italiane ha evidenziato che in Adriatico ogni 100 metri di spiaggia ci sono fino a 590 oggetti. Sacchetti, bicchieri, bottiglie e reti da pesca.
A Coca-Cola, Nestlé, PepsiCo, San Benedetto e Sant’Anna, aziende leader del mercato italiano, Greenpeace chiede di: ridurre drasticamente il ricorso a bottiglie in plastica monouso; di adottare sistemi di vendita basati su un elevato impiego di contenitori riutilizzabili; di lavorare insieme alle grandi catene di supermercati per installare stazioni di ricarica per le bevande. Il mondo delle imprese deve riconoscere una volta per tutte che la plastica monouso ha impatti distruttivi sulle persone e sul Pianeta, e deve impegnarsi ad abbandonarla altrimenti, ben presto non resterà che un mare di plastica! L’estate è un momento in cui si registra il picco di consumo di bottiglie, fermiamolo ora.
Firma la petizione: clicca qui
© Riproduzione riservata Foto: fotolia.com
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
giornalista redazione Il Fatto Alimentare
Si potrebbe cominciare, senza eccesivi costi, a rendere obbligatorio all’ingresso di ogni super la macchinetta che ricompensa ogni bottiglia inserita con uno sconto di qualche centesimo sulla spesa.
Psicologicamente funzionerebbe come l’euro di cauzione per il carrello, ne spendi 200 di cibarie però per recuperare quel misero euro vai a rimettere a posto il carrello… e i carrelli abbandonati nel parcheggio di fatto sono spariti.