Pochi giorni fa a Trieste 110 sindaci hanno firmato un appello contro lo spreco alimentare. Una frase del comunicato stampa di Last Minute Market per lanciare l’evento colpisce l’attenzione: “…lo spreco di cibo a livello domestico costa ad ogni famiglia 1.693 euro all’anno, il 27% dei 6.272 euro spesi ogni anno per l’acquisto di beni alimentari”.
Testimone illustre della cerimonia è il professor Andrea Segrè di Last Minute Market che ormai da tempo porta avanti la tesi dello spreco domestico a livelli stratosferici (27%), a dispetto di ogni logica e anche delle evidenze scientifiche disponibili.
Eppure Segrè, i sindaci e una grossa fetta di mondo che ruota intorno alla filiera alimentare ripetono da tempo questa storia. Il fatto alimentare ha intervistato il professor Segrè, che per giustificare i dati parla di stime europee e di valutazioni complessive di qualche anno fa, ma non chiarisce la metodologia alla base della formulazione di queste stime.
Le buone regole imparate all’Università dicono che prima di dire che gli italiani gettano nei rifiuti il 27% della spesa bisognerebbe avere condotto studi accurati e approfonditi e non basarsi su stime generiche. Nasce allora il sospetto che si vogliano sfruttare numeri un po’ ballerini per ingigantire il problema.
Lo stesso Luca Virginio del Centro studi della Barilla (BCFN) ci ha scritto ammettendo che i dati riportati nel volume pubblicato di recente dal Centro dove si citano ampiamente Segrè, Last Minute Market e il famoso 27% di spreco, sono da rivedere, lasciando intendere che forse c’è un po’ di superficialità. Una cosa è certa né Barilla, né Segrè nell’intervista entrano nei dettagli della metodologia che ha prodotto questi dati. L’altra cosa certa è che Luca Falasconi collaboratore di Segrè, un anno fa li ha smentiti in un’intervista rilasciata a Il fatto alimentare.
L’unica ricerca condotta in Italia specificatamente su questi temi con una metodologia chiara e pubblicata in Italia è quella della Fondazione Sussidiarietà (firmata da Marco Melacini, Paola Garrone e Alessandro Perego del Politecnico di Milano nella primavera del 2012 e pubblicata nel libro Dar da mangiare agli affamati), secondo cui lo spreco alimentare complessivo considerando la ristorazione delle collettività, quella commerciale e domestica ammonta al 16%, precisando che lo spreco domestico si aggira intorno all’8%. Qualcuno dice che i metodi sono diversi ma tra il 27 e l’8% c’è una differenza incolmabile, che Segrè fatica a giustificare.
Dire che gli italiani buttano via un terzo della spesa è un insulto e chi lo scrive dovrebbe riflettere prima di avvallare questa tesi. La ricerca della Fondazione sussidiarietà è stata fatta da un gruppo di professori del Politecnico di Milano e con un panel di 6.000 famiglie della Nielsen. I dati di Segrè, sposati da Barilla e da buona parte dei media e dai 110 sindaci e dall’UE, a noi sembrano vaghi e generici. La fonte è il Food waste report (1), che a sua volta fa riferimento ai dati Eurostat dai quali però non emerge il metodo della rilevazione.
La pensa così anche il Presidente del consiglio Mario Monti che il 12 ottobre ad un incontro a Milano sull’Expo 2015 parlando di sprechi diceva: «Gli ultimi e attendibili dati sullo spreco di prodotti alimentari in Italia sono stati appena pubblicati in una ricerca del Politecnico di Milano condotta dai professori Paola Garrone, Marco Melacini e Alessandro Perego. Lo spreco di cibo in Italia, nell’intera filiera agro-alimentare, è pari a 5,5 milioni di tonnellate all’anno, il 16 % dei consumi complessivi.”
Il valore del 16 % citato da Mario Monti è indicato nel documento come la somma dello spreco che si registra nella ristorazione collettiva, in quella commerciale e a livello domestico. Nello stesso documento quanto si parla di spreco domestico si indica chiaramente il valore dell’ 8%.
Si tratta di un vero smacco per chi come Segrè ha sbandierato in tutte le sedi dati molto distanti dalla realtà. A questo punto è doveroso un chiarimento, per dire basta alla bufala sull’esagerato spreco alimentare degli italiani e continuare a lavorare insieme per migliorare la situazione.
Valentina Murelli e Roberto La Pira
Foto: Photos.com
(1) European Commission (2010), Preparatory study on food waste across EU27
Mi considero una persona mediamente oculata sia negli acquisti che nella gestione e nel consumo delle mie scorte alimentari. Eppure spesso mi sono fermato a riflettere sul fatto che si..effettivamente butto via una media del 10-15% del cibo che acquisto. E mi sento impotente su questo. E’ un circolo dannatamente vizioso…spesso per risparmiare compro le confezioni a formato maggiorato o le offerte 2×3..e nonostatante io mi sforzi di non sprecare niente..spesso o preparo porzioni troppo abbondanti o gli alimenti scadono e me ne accorgo troppo tardi. Ci vuole un approccio scientifico..per riuscire a evitarlo..che è forse quello che hanno le casalinghe con molta esperienza o le persone che dispongono di un buon margine di tempo libero da dedicare anche a questo genere di organizzazione delle risorse.
Ma non dovrebbero solo fare campagne per sensibilizzare le persone …i consumatori…dovrebbero fare soprattutto le campagne per contenere il danno che fanno le aziende e la loro propaganda..che predispongono la vendita di prodotti (dalla pubblicità , alle offerte, alle confezioni) in maniera tale…da incentivarlo lo spreco!
Però scusate, il 27% del valore della spesa non significa un terzo della spesa….se si buttano via carne formaggi e altre cose costose forse è possibile raggiungere questa percentuale…O forse è vero che si tratta di una boutade per convincere gli italiani spreconi a ripensarci.. tutti noi conosciamo famiglie dove gli avanzi per definizione si buttano e non si rimangiano, per non parlare della quantità di cibo che sprecano i ristoranti, le mense…
Ovviamente le percentuali sono molto diverse a seconda che si consideri il mero spreco domestico oppure lo spreco sommato lungo tutta la filiera, a partire per es. dalle derrate lasciate in campo… in tal caso quel 27% pare verosimile, ma certo andrebbe proposto corredato di fonti e metodo scientifico.
Buttiamo via roba perché costa poco e non influisce sul nostro tenore di vita, io piuttosto di mangiare pane secco lo butto e lo ricompro. E non vedo dove sia il problema, significa che viviamo in un paese ricco. Sicuramente lo spreco di vestiti, materiale elettronico, automobili, ecc è molto maggiore, ma nessuno si indigna. Eppure per produrre vestiti, telefonini, auto, si inquina l’ambiente e si sprecano risorse. Il fatto è che siamo ancora condizionati dal fatto che qualche nostro nonno ha fatto la fame e allora lo spreco di cibo è ancora un tabù… Allora non sarebbe il caso di smetterla con questa retorica patetica dello spreco di cibo? Se paradossalmente annullassimo domani lo spreco di cibo, dopodomani calerebbe il PIL, l’industria alimentare andrebbe in crisi, e si adotterebbero contromisure per aumentare i consumi di cibo. Cominciamo tutti a rientrare in peso forma, l’eccesso di cibo che mettiamo dentro di noi, quello è il vero spreco di cibo, non quello che gettiamo.
Francamente leggendo l’intervista che il Fatto alkimentare ha fatto al prof. Segrè fatico a cogliere la volontà di ingigantire il fenomeno che dalle mie esperienze personali risulta molto più vicino a quanto desunta da Segrè che ai dati emersi dallo studio condotto dalla Fondazione Sussidiarietà .
il tono dell’articolo mi pare eccessivamente accusatorio nei confronti di Segrè che mi è sempre sembrato mosso dalla volontà di porre rimedio al problema in questione.
Se il vostro intento è quello di giungere a dati più realistici non mi pare proprio che la scelta del piglio dell’articolo garantisca il raggiungimento dell’obbiettivo.
Scusate, magari la verità sta effettivamente all’8%, ma mi permetto anch’io una critica di metodo.
Le parole di Monti non sono una conferma per nessuno: la sua fonte è la ricerca del Politecnico, ha letto quel numero e lo ha riportato.
Ah, per quel che conta, ma io vivo in una zona ex-ricca, le mie risultanze aneddotiche da amici e condominio sono più sul 25% che sul 10.
Siamo comunque a dati più confortanti rispetto agli USA dove il 40% del cibo non viene mangiato. Sono un Agrotecnico e mi occupo da anni di produzione e distribuzione di alimenti. A mio parere si tratta comunquedi chiarire in quale misura gli sprechi siano ripartiti nei vari passaggi: alimenti scartati alla produzione e sovente riciclati in prodotti per l’alimentazione animale; alimenti deteriorati nelle fasi di trasporto e/o di stocaggio; alimenti rimasti invenduti nei magazzini e nei supermercati/ipermercati (in quest’ultimo caso si sovente merce (frutta e verdura) posta alla rinfusa, a selfservice, cosa assai deprecabile quando avviene in bins o casse dove è sottoposta a continue manipolazioni da parte di "potenziali clienti". in fase di post acquisto da parte del consumatore finale vanno suddivisi gli alimenti conservati in frigorifero e non sottoposti a scarto. Per finire, e questo riguarda principalmente la ristorazione, le vivande preparate in abbondanza e quelle rimaste nel piatto. Si fà presto a dire sprechi ma se si vuole intervenire efficacemente per ridurli bisogna capire come, quando e perchè. Grazie per avermi letto.
E’ probabile che io sia fuori dal mondo allora, perchè a casa mia (ma non ho figli) lo spreco alimentare è pari a zero. Se proprio accade di avanzare un pezzetto di pane che indurisce diventa "premio" per gli adorati cani. Certo è che la regola è ferrea: resto fuori casa per lavoro dalle sette del mattino alle otto di sera, quindi ogni pasto di ogni singolo giorno della settimana è anticipatamente e tassativamente pianificato, così come sono pianificate le eventuali e rare cene fuori; faccio la spesa una sola volta alla settimana -escludendo pane e latte freschi- seguendo la mia programmazione e questa a sua volta segue la scadenza degli alimenti. E’ difficile che abbia scorte alimentari deperibili che esulino dal "programma settimanale" e se proprio succede cerco di riorganizzare il tutto facendo uso del congelatore. Certo bisogna essere disposti a mangiare ciò che è stato programmato molte ore prime, anche se in quel momento avresti voglia di qualcos’altro. Ultima regola, poi, preparare sempre porzioni giuste: non si può fare il bis ma sicuramente non ci sono avanzi. In casa nostra si fa così, ma sicuramente lo facciamo più per una necessità di organizzazione piuttosto che come soluzione allo spreco, e comunque non ne abbiamo mai sofferto…con i tempi che corrono ci riteniamo fortunati
di poter ancora servire la cena e senza sprecare.
Dalla mia personale esperienza credo che lo spreco alimentare domestico sià vicino alle stime della ricerca del banco alimentare. in famiglia noi buttiamo via pochissimo e quando ci sono avanzi questi vengono utilizzate per il pasto successivo. Conosco anche centinaia di casi di persone e famiglie a cui portiamo il pacco alimentare che non sprecano niente.. anzi non hanno proprio da mangiare sempre in modo equilibrato
Credo che il maggior spreco avvenga nelle famiglie poco numerose e abbienti.