L’industria delle grandi navi da crociera non è esattamente un modello di sostenibilità. I giganti del mare, infatti, inquinano moltissimo, danneggiano le barriere coralline, alterano l’ecosistema marino e contribuiscono a quel turismo di massa mordi-e-fuggi che spesso fa danni, più che apportare reali benefici alle comunità costiere che entrano in contatto con esso. Eppure c’è un ambito specifico nel quale potrebbero avere qualcosa da insegnare: quello dello spreco alimentare. Come racconta Food Navigator, alcune delle principali compagnie del mondo stanno cercando di ridurlo, comprimendo al tempo stesso le proprie emissioni e riducendo gli scarichi a mare.
Royal Caribbean contro lo spreco alimentare
È il caso, per esempio, di Royal Caribbean. La compagnia ha dato vita a una piattaforma informatica che ha lo scopo di programmare con la massima precisione possibile le necessità quotidiane di una nave, e cioè quanto cibo si presuppone sia necessario, quanto ne deve essere preparato e quanto ne sarà consumato. Inoltre, grazie a un programma di intelligenza artificiale (AI), rimodula costantemente le attività delle cucine, valutando quali sono i cibi più apprezzati e richiesti e quelli che non hanno attirato i clienti, e sono stati buttati via. Entro il 2025, secondo le stime tutto ciò dovrebbe permettere di ridurre lo spreco del 50%. Inoltre, grazie a una collaborazione con il WWF, l’equipaggio viene costantemente sensibilizzato sul tema anche nella propria area ristoro.
Ma la diminuzione dello spreco è solo una parte del programma. Un’altra, non meno importante, prevede di trasformare il cibo non consumato direttamente in energia, grazie a piccoli impianti di trasformazione, di cui saranno dotate tutte le navi in costruzione.
Gli impianti a bordo
Il sistema prevede l’utilizzo, in particolare, di due strumenti, uno per la Microwave-Assisted Pyrolisis o MAP e uno per la Micro-Auto Gassification o MAG. Combinati, i due danno vita a un gas chiamato Syngas o gas di sintesi, che si può sfruttare come fonte energetica per alimentare la nave. In pratica, le nuove navi avranno a bordo una minicentrale per il trattamento dei rifiuti organici e la produzione di biogas. Tra l’altro, il fatto di trattare e utilizzare i rifiuti direttamente a bordo, evita anche una delle tante conseguenze negative delle mega-navi: lo scarico dei rifiuti (di enormi quantità di rifiuti) nei porti di attracco o, peggio ancora, direttamente in mare. Secondo Jason Liberty, presidente e CEO della società, le navi dotate di MAP e MAG potrebbero aiutare i paesi di attracco, prelevando e gestendo anche parte dei loro rifiuti organici.
Il caso P&O Cruises e quello Princess Cruises
Oltre a Royal Caribbean, anche l’azienda P&O Cruises ha deciso di fare di più e, secondo quanto affermato dal suo portavoce, ha raggiunto e superato l’obbiettivo stabilito nel 2022 di una riduzione dello spreco per passeggero, fissato al 30% rispetto alla media dell’anno 2019. I prossimi target sono ora una diminuzione del 40% entro il 2025 e una del 50% entro il 2030.
Per raggiungerli, la società punta sui mino-biodigestori, cioè su fermentatori alimentati da specie batteriche che riescono a degradare il cibo con una digestione aerobica. Il cibo viene sottoposto preventivamente a una disidratazione e in questo modo, il suo volume è ridotto del 90%. Quindi viene avviato a digestione, oppure ridotto a una massa inerte che sarà trattata a terra, per realizzare compost o per essere inviata all’inceneritore. In questo modo le emissioni di metano e anidride carbonica della nave risultano molto inferiori. Inoltre, i biodigestori possono raccogliere e trattare anche rifiuti in plastica e in metallo, con i giusti assortimenti di specie batteriche.
La società Princess Cruises, infine, unisce l’approccio che punta sull’intelligenza artificiale per la programmazione con quello che affida ai biodigestori la gestione delle masse organiche.
Le conseguenze
A quanto sembra, quindi, l’industria delle grandi navi sta iniziando ad assumersi una parte delle proprie responsabilità. E le conseguenze potrebbero andare anche al di là del loro impatto ambientale. Secondo Food Navigator, l’impiego di programmi di AI focalizzati sull’adattamento dei menu in base alla risposta del pubblico potrebbe essere adottato da una parte rilevante della ristorazione, e non solo da quella navale. E lo stesso vale per i mini-impianti installati sulle navi: si potrebbe fare lo stesso anche a terra, almeno in parte dei ristoranti, delle mense e degli altri luoghi dove si sprecano grandi quantità di cibo a causa di inevitabili sovrapproduzioni. L’energia ottenuta potrebbe alimentare quelle stesse cucine o stabilimenti di produzione, e il bilancio sarebbe senz’altro positivo.
Qualche azienda, non a caso, ha iniziato a seguire questo percorso, che richiede comunque investimenti significativi: per esempio, la PepsiCo, ha installato i biodigestori a Carregado, in Portogallo, con un investimento da 7,5 milioni di euro, per trattare, a regime, fino a 2.900 tonnellate di buccia di patate e altri scarti all’anno, con un abbattimento delle proprie emissioni del 30%, mentre la catena di supermercati olandesi Hoogvliet ha introdotto l’AI.
Questi esempi, in definitiva, dimostrano tutti la stessa cosa: ridurre lo spreco alimentare nelle sedi dove è più rilevante si può. Basta volerlo.
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Giornalista scientifica