Convincere i consumatori a bere più acqua e meno bevande zuccherate è possibile, soprattutto se vengono intraprese contemporaneamente iniziative di diverso tipo, all’interno di una strategia di medio periodo. Ma una categoria fa eccezione: quella degli sport drink, cui i più giovani sembrano essere particolarmente affezionati, probabilmente perché convinti da intelligenti campagne di marketing, che queste bevande siano alternative alle classiche bibite, più salutari, meno zuccherate, e oltretutto ricche di benefici sali minerali. E invece molto spesso questi prodotti hanno elevati quantitativi di zucchero. Occorre quindi studiare provvedimenti specifici, in grado di scalfire questa fiducia spesso mal riposta, soprattutto fra i più giovani.
Questo l’invito, piuttosto pressante, che arriva da uno studio pubblicato sull’American Journal of Preventive Medicine dagli esperti del Ruud Center for Food Policy & Health dell’Università del Connecticut, che hanno analizzato l’esito di un esperimento condotto in una specifica contea, quella di Howard, in Maryland. Lì infatti, già dal 2012, sono state messe in campo diverse misure volte a scoraggiare il consumo di bevande zuccherate e a promuovere il ritorno all’acqua. Il programma, chiamato Howard County Unsweetened e reso operativo a partire dal 2013, si basava sul progressivo restringimento dello spazio concesso alle bevande zuccherate nella comunità, e cioè sull’eliminazione dai distributori cui avevano accesso i ragazzi, sul divieto, per gli asili e i centri per i bambini, di distribuire bibite dolci di qualunque tipo, e sull’ampliamento dell’offerta di acqua in situazioni pubbliche, oltre che su campagne informative rivolte a genitori, insegnanti e medici e veicolate su TV e social media. Nell’iniziativa erano state coinvolte oltre 50 tra associazioni di volontariato, religiose e autorità locali, proprio per cercare di raggiungere il maggior numero possibile di cittadini in modo capillare.
Dopo sei anni, il confronto tra i dati di vendita della contea di Howard e quelli delle contee confinanti non facenti parte della sperimentazione ha dato un esito molto positivo. Le vendite di bibite gassate sono diminuite quasi del 30%, quelle di bevande alla frutta del 7,5% e quelle dei succhi 100% addirittura del 33,5%. Ma c’è stata un’eccezione: quella, appunto, degli energy e degli sport drink, il cui consumo è sì diminuito, ma in misura del tutto simile a quella che si è registrata nelle contee circostanti, passando dalle 4mila once (118 litri circa) settimanali del 2012 alle 2mila del 2018. In altri termini, anche se i consumi si sono contratti, il calo non è stato causato dal programma della contea, ma è rientrato in una tendenza più generale.
C’è un altro dato preoccupante. Per tutto il periodo di osservazione, le vendite di sport drink su base settimanale sono state superiori a quelle di bevande zuccherate: una tendenza che si vede in tutto il paese, e che conferma la reputazione migliore di questi prodotti rispetto alle altre bibite. Al tempo stesso, però, rende evidente la necessità di studiare interventi mirati, in grado di informare correttamente i consumatori, facendo loro capire che anche questi prodotti contribuiscono all’aumento di peso, e che è sempre meglio preferire l’acqua.
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Giornalista scientifica
Non ho capito: il problema è che i giovani bevono “sport drink” al di fuori dell’attività sportiva?
Se la risposta è sì, non c’era bisogno di uno studio per capire che non fa bene…
Al contrario, durante l’attività sportiva se si bevesse solo acqua non sarebbe idoneo.
Quiando gioco a tennis, durante le due ore bevo appositi integratori salini, se bevessi solo acqua la notte la passeri con i crampi ai muscoli…
Non ho capito: il problema è che i giovani bevono “sport drink” al di fuori dell’attività sportiva?
Se la risposta è sì, non c’era bisogno di uno studio per capire che non fa bene…
Al contrario, durante l’attività sportiva se si bevesse solo acqua non sarebbe idoneo.
Quando gioco a tennis, durante le due ore bevo appositi integratori salini, se bevessi solo acqua passerei la notte la con i crampi ai muscoli…
Ora non pratico più sport agonistici ma nel secolo scorso ho vissuto una lunga stagione da podista in gare di medio.lungo raggio e durante e dopo le gare mi avvalevo di acqua pura e frutta fresca per l’equilibrio integrativo, e mi sono sempre trovato bene……..
Mi hanno deluso invece i risultati dell’indagine riportata in un precedente articolo in cui si evidenzia che meno di un italiano su dieci consuma quantità sufficienti di vegetali, ecco questo sarebbe un campo che potrebbe aumentare le quote evitando prodotti che sono “sempre” problematici.
A ognuno la sua soluzione.
Caro @gianni, sono contento per lei se è riuscito ad integrare quanto perso durante le competizioni e gli allenamenti solo con acqua e frutta fresca (quale poi?) ma per me, che ho fatto pure io sport agonistico, non era sufficiente bere solo acqua.
Considerando prestazioni nelle quali si perdono litri di sudore e si consumano centinaia di Kcal, occorre reintegrare con dosaggi studiati sali specifici, zuccheri semplici, aminoacidi ramificati ecc. ecc. che solo con acqua e frutta fresca non ritengo si riesca in modo efficace.
Lo sport agonistico riguarda solo una piccola percentuale di persone che, in relazione al tipo di sport, seguono regimi alimentari personalizzati. La maggior parte delle persone che consuma queste bevande non fa sport agonistico
“La maggior parte delle persone che consuma queste bevande non fa sport agonistico”
Ah be’, allora consumare bevande specifiche per l’attività sportiva non facendola, questo è gravissimo!
Non lo avrei mai pensato…
Pregevole iniziativa di educazione sanitaria. Così rare ormai, che quando le fanno bisognerebbe premiare gl’ideatori e gli operatori coinvolti.
Il progetto educativo aveva come obiettivo di modificare il comportamento relativo all’uso di bevande zuccherate, compresi gli “energy drink” e gli “sport drink” (che contengono zuccheri).
L’articolazione del progetto colpisce favorevolmente per la sua multidimensionalità e merita di essere sottolineata per la sua valenza sociale e per i risultati conseguiti: “… progressivo restringimento dello spazio concesso alle bevande zuccherate nella comunità, e cioè sull’eliminazione dai distributori cui avevano accesso i ragazzi, sul divieto, per gli asili e i centri per i bambini, di distribuire bibite dolci di qualunque tipo, e sull’ampliamento dell’offerta di acqua in situazioni pubbliche, oltre che su campagne informative rivolte a genitori, insegnanti e medici e veicolate su TV e social media. Nell’iniziativa erano state coinvolte oltre 50 tra associazioni di volontariato, religiose e autorità locali …”.
E’ stata un’attività di comunità, quindi, volta a perseguire degli obiettivi di salute pubblica. E che ha messo in luce le difficoltà d’incidere su un particolare di target, gli sportivi. Per i quali si auspicano delle iniziative educative specifiche, che come suggerisce puntualmente @gianni, potrebbero essere anche molto naturali e … semplici.