Gli italiani e i polli: quello che crediamo di sapere si scontra con la realtà dell’allevamento intensivo. Sondaggio di Eurogroup for Animals
Gli italiani e i polli: quello che crediamo di sapere si scontra con la realtà dell’allevamento intensivo. Sondaggio di Eurogroup for Animals
Giulia Crepaldi 12 Aprile 2019Quello che gli italiani pensano sulle condizioni di vita dei polli da carne si scontra con la realtà degli allevamenti intensivi. È quanto emerge da un sondaggio commissionato dall’Eurogroup for Animals a ComRes, su oltre 7 mila consumatori dei principali Paesi produttori di carne di pollo: Francia, Regno Unito, Germania, Spagna, Polonia e Italia.
Nove italiani su dieci ritengono che i polli dovrebbero trascorrere le loro vite in ambienti puliti, salubri dove razzolare e piegare le ali a piacimento, mentre tre consumatori su cinque sono convinti che i capannoni abbiano sempre un accesso all’aperto. Gli intervistati credono che questi animali abbiano diritto a vivere senza inutili sofferenze (84%) e che si usino metodi di stordimento efficaci prima della macellazione (86%). Il 93% ritiene necessari interventi legislativi per garantire le giuste tutele.
Questi sentimenti, tuttavia, si scontrano con la triste realtà degli allevamenti intensivi. Il 95% degli animali allevati in Europa (6,5 miliardi, di cui mezzo miliardo solo in Italia), trascorre la sua vita in capannoni chiusi, affollati e rumorosi, senza la possibilità di uscire all’aperto. Questi animali appartengono a razze (o meglio genotipi) a crescita rapida, che raggiungono il peso adatto alla macellazione in soli 40-45 giorni e questo aspetto rappresenta una “problematica” per l’85% degli intervistati.
Il 73% dei partecipanti dichiara che preferisce mettere nel carrello carne di pollo allevato in maniera più etica, come quello biologico, allevato all’aperto, con maggiori standard di benessere o a km zer0. Un altro problema riguarda l’ambiguità di alcune etichette che possono risultare fuorvianti e trarre in inganno i consumatori sul sistema di allevamento.
Per questo motivo, nel gennaio 2019, Compassion in World Farming Italia (Ciwf Italia) ha lanciato una petizione diretta ai ministri delle Politiche agricole e della Salute per introdurre un’etichetta univoca e volontaria sul metodo di allevamento da apporre sui prodotti a base di carne, latte e derivati.
© Riproduzione riservata
[sostieni]
Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
Salve a tutti . Sono un piccolo agricoltore e allevo un piccolo numero di polli , liberi , a terra , in modo naturale , ma quando devo macellarli e venderli mi scontro con la realtà dei supermercati che vendono il prodotto a meno della metà di quanto possa fare io . Molte persone di fronte ad una spesa elevata ritengono opportuno tornare a prendere il pollo al supermercato . Nel mercato del commercio è la domanda che crea l offerta . Se vorremo dei polli a 4 zampe il mercato venderà polli a 4 zampe . Se vogliamo le fragole a dicembre o le angurie a marzo il mercato avrà questi prodotti . Il primo passo dobbiamo farlo noi come consumatori . Un pollo allevato in modo naturale richiede 6/8 mesi per essere pronto con dei costi superiori . Ma questo in tutti i prodotti alimentari . Quindi i consumatori devono capire questo prima di poter far cambiare le cose , grazie
Pochi consumatori apprezzano e capiscono le differenze sensoriali e organolettiche tra i polli a crescita veloce e a crescita lenta. In alcuni supermercati però si trovano polli macellati dopo 80 giorni che assomigliano ai suoi e costano più del doppio rispettoo a quelli che vengono macellati dopo 40 giorni
Damiano prima o poi le cose devono cambiare. La grande distribuzione avra’ sempre prodotti low cost ma le “piccole” macellerie per sopravvivere devono avere anche i suoi prodotti altrimenti secondo me rischiano di chiudere , anche perche’ non possono certo fare concorrenza sui prezzi con i vari super/iper etc. mercati.
Vada avanti mi raccomando ! Lo dico con tanta speranza e conoscendo bene le differenze fra i due prodotti, qualche volta li devo comprare al supermercato e le confesso che quella carne a volte sa di pesce. Giuro ! Non so dirle come mai forse sara’ colpa della mia cottura ma con quelli allevati da agricoltori come lei questa cosa non accade mai.
Cari saluti
Damiano, se fosse come dici tu la Mercedes e la BMW non venderebbero auto.
Se fai un prodotto di elevata qualità e più naturale non puoi venderlo come i polli del supermercato. Ovvio che per i clienti sono la stessa cosa, ma non è così. Piuttosto inventati un nome (lecito) per far capire che il tuo è un’altra cosa…Pollo al naturale , a crescita lenta, long life chicken o roba del genere. Chiaramente non venderlo al supermercato. I consumatori non devono capire nulla sono ottusi e prevedibili, i polli sono loro. Fai come ti ho detto.
l’articolo non è chiaro, parla di informazioni che i consumatori pensano di avere ma poi cita proprio e solo informazioni che i consumatori ricevono solo dai vari CIWF che diffondoo appunto informazioni strumentali usando mezze verità. Gli allevamenti seri non sono quelli che la gente pensa ci siano … ovvio però che se vuoi trovare il malato in una comunità… lo trovi
Anche i grandi distributori, o ameno alcuni di loro, si stanno adeguando alla politica del rispetto e del benessere animale. Non faccio nomi perchè non voglio fare pubblicità ad alcuni, con il rischio di non farla ad altri (visto che non ho una visione completa di tutto ciò che viene venduto nel Paese) ma io acquisto da tempo polli allevati senza l’uso degli aintibiotici e il cui benesse è dichiarato garantito e rispettato così come l’accrescimento lento… Certo costano il doppio degli altri, ma preferisco risparmiare in altre cose e, questo, sia per la salute nostra e sia per, come detto, il benessere degli animali. Si tratta di una scelta se, come faccio io fossero in tanti a fare, automaticamente la maggioranza degli allevamenti si dovrebbero adeguare.