Nel 2010 l’Italia ha segnalato al sistema di allerta rapido di Bruxelles (RASFF) 548 prodotti alimentari da ritirare dal mercato (pari al 17% delle notifiche spedite dai vari Paesi, vedi tabella) .Al secondo posto delle classifica troviamo la Germania con 400 notifiche, seguita da Gran Bretagna (326), Spagna (284), Olanda (214) e Francia (170) Vedi tabella .

Le notifiche spedite al RASFF complessivamente sono state  3291 così suddivise: 2873 riguardavano prodotti alimentari, 190 i mangimi per animali e 229 gli imballaggi. Il numero totale delle segnalazioni risulta in lieve  crescita rispetto ai 3204 dell’anno  precedente. Tra i contaminanti microbiologici il problema maggiore è ancora quello della Salmonella (338 notifiche contro le 314 del 2009), mentre nel gruppo delle sostanze chimiche si distinguono le micotossine, seguite dai residui di fitofarmaci e dalla migrazione di materiali a contatto con gli alimenti. 

Questo ultimo aspetto rappresenta una novità visto che le notifiche su partite di posate, pentole, utensili da cucina per la presenza di eccessive quantità di materiali da contatto ritenuti nocivi sono oltre 200.

Il più delle volte si tratta di posate cromo provenienti soprattutto dalla  Cina, cadmio in bicchieri colorati  e di altre sostanze come formaldeide e nichel.
Ma le segnalazioni inviate a Bruxelles non hanno lo stesso indice di gravità. Le allerte vere riguardanti prodotti distribuiti sul mercato da ritirare sono state 573 , 1169 sono state delle Information notification mentre 1549 sono i respingimenti ai confini.

Le  notifiche relative ai prodotti made in Italy sono state 113, di queste 58 riguardano alimenti fuori norma esportati e segnalati  da altri Stati Membri a Bruxelles. Gli altri 55  prodotti sono stati segnalati dal ministero della Salute che ha riscontrato problemi durante i controlli di routine e ha inviato un report al Rasff  trattandosi di prodotti venduti in ambito europeo o extra europeo.

Nel rapporto si dice in Italia la gestione del sistema di allerta presenta dei punti critici rispetto  alla rintracciabilità degli alimenti sotto accusa da ritirare dal mercato.

Roberto La Pira