Una famiglia, madre con figlia e figlio piccolo, indecisa davanti a uno scaffale del supermercato

Diminuisce la quantità di prodotto, si riducono i formati ma il prezzo della confezione rimane invariato, quando non aumenta. È la shrinkflation (sgrammatura in italiano). La ‘non nuova’ tecnica di marketing ormai dilaga da qualche anno nel panorama della grande distribuzione. Il termine, che deriva dall’abbinamento del verbo “to shrink” (restringere) e il termine inflation (ossia inflazione), descrive uno stratagemma che sembra non avere la caratteristica della trasparenza nei confronti del consumatore.

L’Antitrust archivia l’istruttoria sulla sgrammatura

In Italia l’Antitrust (Autorità garante della concorrenza e del mercato), dopo essere intervenuta sul tema avviando un’istruttoria per verificare se le pratiche attuate dai produttori non fossero commercialmente scorrette, ha deciso di archiviare il provvedimento, parlando di “ormai diffusa consapevolezza sul fenomeno” e non riconoscendo così una mancanza di trasparenza da parte dei produttori. Tuttavia il fenomeno incide in maniera pesante nelle tasche del consumatore.

Il monitoraggio di Altroconsumo

Sul fenomeno ha indagato anche Altroconsumo, che in mesi di monitoraggio ha evidenziato variazioni nel quantitativo di prodotto all’interno delle confezioni. Anche se le informazioni riportate sulle etichette sono corrette, i consumatori fanno fatica ad accorgersi delle differenze per alcuni prodotti, che presentano una riduzione di pochi grammi o millilitri di contenuto. In alcuni casi le aziende effettuano la riduzione in occasione di una riformulazione, con rincari dei prezzi unitari al litro o al chilo che, per quasi la metà dei prodotti coinvolti sono superiori al 30%. 

La strategia della shrinkflation coinvolge ormai la maggior parte dei prodotti: dagli alimenti confezionati ai prodotti per la casa. Altroconsumo, nel suo rapporto, riporta alcuni esempi tra cui quello della nocciolata Rigoni di Asiago che è passata dai formati 270, 350 e 700 grammi ai formati 250, 325 e 650, con un aumento del prezzo al chilo tra l’11% del formato grande al 38% del formato più piccolo.

Nocciolata Rigoni Shrinkflation Altroconsumo
Un esempio di sgrammatura individuato da Altroconsumo: la Nocciolata Rigoni ha perso nei diversi formati da 20 a 50 g (immagine di Altroconsumo)

In USA si prendono provvedimenti contro la shrinkflation

E così, mentre in Italia l’Antitrust archivia la sua indagine facendo leva su una pseudo-coscienza del consumatore senza considerare che l’alleggerimento delle confezioni è avvenuta nel totale silenzio e in maniera volutamente graduale, in America i democratici ritengono che il fenomeno stia sfuggendo di mano. In seguito della denuncia del fenomeno da parte del presidente Biden durante il Super Bowl, un gruppo di senatori ha avanzato una nuova proposta di legge per debellare il fenomeno della shrinkflation.

La proposta di legge, presentata il 28 febbraio 2024 sotto il nome di Shrinkflation Prevention Act, chiede di regolamentare, a tutela del consumatore, una pratica ormai divenuta prassi e definita come “atto o pratica sleale o ingannevole”. L’intento è quello di autorizzare la Federal Trade Commission (FTC) e i procuratori generali dei singoli Stati ad agire con azioni legali contro i produttori che ridimensionano i prodotti, ma li vendono allo stesso prezzo o a un prezzo simile.

Greedflation’ (da greed, avidità, e inflation, inflazione) è il termine usato dal senatore statunitense Robert Casey (D-Pa.) che, citando i dati del Bureau of Labor Statistics (BLS) degli Stati Uniti, ha evidenziato come circa il 10% dell’inflazione per alcune categorie di prodotti possa essere attribuito alla shrinkflation. Il senatore Sherrod Brown, co-sponsor del disegno di legge, ha dichiarato che la normativa garantirà agli acquirenti “ogni grammo per cui pagano”.

Anche la Francia si muove contro la sgramatura

Come riportato da L’Express Franchise, il Governo francese ha inaugurato il 2024 con la presa di posizione nei confronti della shrinkflation. La bozza di decreto presentata a Bruxelles prevede l’obbligo per i rivenditori di segnalare i prodotti coinvolti con etichette esposte. Secondo la bozza del decreto consultata da AFP, la dicitura da applicare sarà la seguente: “Per questo prodotto, la quantità venduta è scesa da X a Y e il suo prezzo a (specificare l’unità di misura interessata) è aumentato dell’X% o di Y€”. Il testo specifica, inoltre, che queste informazioni devono comparire “direttamente sulla confezione o su un’etichetta attaccata o posta vicino al prodotto, in modo visibile e leggibile”, pena una multa di 15.000 euro.

La Francia ha presentato una prima versione del decreto alla Commissione europea per verificare la conformità con una direttiva europea del 2015 sulla trasparenza delle regole tecniche.“Se la Commissione non formulerà alcun commento sul progetto notificato, la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale potrebbe avvenire alla fine di marzo 2024”, ha dichiarato l’ufficio di Olivia Grégoire (Ministra delegata delle Piccole e medie imprese, del commercio, dell’artigianato e del turismo della Francia).

Le iniziative di Carrefour e Intermarché

Anche se questa misura non incide sulla richiesta di ridurre i prezzi, risponde a quella di una migliore informazione delle famiglie e delle associazioni dei consumatori, che avevano denunciato regolarmente questa pratica. 

Carrefour Francia, in totale autonomia, ha già attuato una strategia di maggiore trasparenza  nell’autunno del 2023. L’insegna aveva infatti messo in atto la politica di indicare a scaffale, con cartellini arancioni, quei prodotti che avevano subito una sgrammatura a fronte di un aumento del prezzo da parte dei produttori. Intermarché invece ha fatto scalpore esponendo cartelloni che mostravano la riduzione di peso delle confezioni di prodotti di grandi marche (leggi qui il nostro articolo sullo scontro Intermarché-Unilever).

Intermarché manifesti sgrammatura Magnum Knorr Findus
Alcuni dei manifesti di Intermarché che segnalano la shrinkflation di prodotti di grandi marche

I consumatori sono davvero consapevoli della shrinkflation?

La shrinkflation non si può definire truffa, poiché il peso indicato equivale a quello effettivo, ma sicuramente è una tecnica di marketing astuta e forse volutamente ingannevole. Ma il consumatore ha coscienza che questa strategia sembra essere messa in pratica, non soltanto per i prodotti confezionati che troviamo sugli scaffali dei supermercati, ma anche in altri ambiti?

In Italia, ad esempio, da qualche anno ad esempio chi non ha assistito al graduale ridimensionamento delle tazze per il cappuccino che si sono sempre più ristrette con una lievitazione dei prezzi? In alcune caffetterie è possibile persino scegliere la misura della tazza per il cappuccino tra piccola, media e grande, senza sapere che spesso la grande corrisponde alla tazza standard che veniva servita sino a qualche anno fa e il cui prezzo era sicuramente inferiore a quello che paghiamo oggi. Anche in questo caso si può parlare di shrinkflation?

Possiamo dire che è mancata la trasparenza nei confronti del consumatore, che si deve districare nel mare magnum dell’infinita proposta di prodotti, formati, offerte cercando di far tornare i conti? È forse legittimo chiedersi come può difendersi il consumatore se non vengono emanate leggi che lo tutelano?

Un modo c’è e riguarda ancora una volta la forza che i consumatori hanno grazie al potere di fare un acquisto consapevole. Torniamo spesso su questo punto poiché è l’arma con cui il consumatore può tutelarsi. Direzionare le scelte su quei prodotti ancora ‘onesti’ potrebbe portare con il tempo a un cambiamento di rotta da parte delle aziende senza che il silenzio venga strumentalizzato e letto come ‘tacito assenso’.

© Riproduzione riservata Foto: AdobeStock, Altroconsumo, Intermarché

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luigiR
luigiR
13 Marzo 2024 13:48

Ricordo come già molti anni or sono, dovendo comprare uno sciroppo per la tosse, notavo che il contenuto diminuiva al cospetto di un prezzo invariato. È certamente una tecnica ben studiata per camuffare l’aumento dei prezzi vendendo meno prodotto rispetto a prima. Secondo me il produttore andrebbe sanzionato, perché la gran parte dei consumatori non si accorge subito delle differenze.

francis
francis
13 Marzo 2024 16:37

Concordo con l’antitrust. Non credo la si possa definire marketing. E’una strategia commerciale. Per quanto riguarda la consapevolezza, le aziende che dovrebbero fare? Scrivere grande sulla confezione “guardate che è più piccola di due mesi fa!”?… La Francia è spesso avanti nella normativa sulle cause perse, ad esempio ha fatto una legge sulla obsolescenza programmata dei prodotti di elettronica, citatemi quante condanne hanno potuto fare. Immagino nessuna perché la obsolescenza programmata è una cosa ben diversa dall’invecchiamento tecnologico, questo esiste, l’altra è per lo più nella fantasia dei consumatori inesperti di tecnologia

Massimiliano
Massimiliano
Reply to  francis
13 Marzo 2024 17:45

Basterebbe obbligare le aziende a mettere in etichetta, per un tempo non inferiore a “X” settimane/mesi di commercializzazione un riquadro o simile con scritto “Nuovo formato ml… g…. Kg ecc…” così che il consumatore lo percepisca immediatamente.
Oggi questo si fa già, ma esclusivamente per i prodotti il cui formato viene accresciuto in occasione di offerte (esempio tipico: i biscotti nel formato “offerta” da 1 Kg, mentre normalmente sono in confezioni da 700/800 grammi).
Personalmente troverei corretto che ci fosse una trasparenza di questo tipo nei confronti del consumatore.

francis
francis
13 Marzo 2024 16:54

Sul piano normativo, forse la cosa più semplice sarebbe imporre solo certi formati, come è ad esempio per i vini a DOC che devono avere solo contenitori ben precisi. Certo la cosa complicherebbe molto la commercializzazione di tanti prodotti, specie quelli piccoli e di pregio, ma imporre ad esempio che i contenitori debbano essere da 300, 400, ,500 e non valori intermedi, potrebbe servire allo scopo. Poi ognuno bisogna anche che ci metta del suo, legga e si informi, e magari scriva alle aziende

Angelo
Angelo
Reply to  francis
14 Marzo 2024 09:33

Mi ricordo che anni addietro esistevano dei formati obbligatori a seconda delle tipologie di merce. Non trovavo problemi e credo che anche i produttori, avendo regole chiare, si attrezzavano per rispettarle.

Massimo
Massimo
14 Marzo 2024 09:58

E’ piuttosto paradossale che gli USA si muovano (a chiacchiere) contro le sgrammature o downsizing, questi sono i termini corretti, l’hanno inventato le loro multinazionali e lo hanno portato in Europa

Tommaso
Tommaso
14 Marzo 2024 19:41

Ma davvero c’è ancora qualcuno che quando va a fare la spesa non guarda solamente il prezzo al chilo? Personalmente non ho la più pallida idea di quale sia il costo unitario dei prodotti che compro abitualmente al supermercato, l’unico prezzo che guardo e che registro in mente è quello al chilo. Per quanto mi riguarda le aziende possono tranquillamente mettere in commercio i formati più improbabili, non me ne accorgerei nemmeno

Giuseppe
Giuseppe
Reply to  Tommaso
26 Marzo 2024 09:22

Concordo ma per certe marche/tipologie di acquisto ricorrente si tende ad inserire il pilota automatico e scoprire, ad esempio, che la bottiglia di birra acquistata per anni con soddisfazione e’ passata da 66 a 62 cl a prezzo invariato lascia l’amaro in bocca.
Il consumatore deve essere accorto per difendersi da truffe e raggiri di ogni tipo.

Roberto Farina
Roberto Farina
26 Marzo 2024 13:14

Personalmente credo che il problema sarebbe facilmente sormontabile, perlomeno nei supermercati e nei negozi, rovesciando l’attuale modalità di esposizione dei prezzi dei prodotti (prezzo di vendita in grande, prezzo la kg in piccolo) se il prezzo al kg fosse della stessa grandezza o maggiore del prezzo di vendita della singola unità non servirebbero frasi esplicative, ma ognuno potrebbe fare i propri confronti in maniera immediata. Ulteriore suggerimento che darei ove possibile vietare la vendita “al pezzo” cosa che comporta solo confusione e difficoltà di confronto tra prodotti specie in quelli che hanno volumi o masse note e dichiarate (dentrifici, medicinali, ecc.)

rolf250
rolf250
27 Marzo 2024 12:12

Il problema non esisterebbe se ci fosse un obbligo di legge per tutte le aziende di confezionare i prodotti con pesi o quantità standard ( es. 100-250-500-1000 g; 0,1-0,2-0,33-0,5-1 litri, e così via).
Il consumatore noterebbe subito gli aumenti di prezzo e non verrebbe ingannato.

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