Mentre le alternative vegetali alla carne, le cosiddette fake meat, sono sempre più diffuse, come si capisce dall’adozione, da parte di Burger King, dei prodotti Impossible Food, e dal programma McPlant di McDonald ‘s, ci sono molte start up che lavorano sul pesce coltivato, certe di un promettente futuro. Ma la situazione, quando si tratta di pesce, non è così semplice.

Il tema è stato affrontato in un interessante articolo di scenario pubblicato su Fish and Fisheries da 12 esperti (tra i quali bioingegneri specializzati, economisti, esperti in scienze ambientali, in acquacolture e in gestione della pesca industriale e data scientist) dell’Università della California di Santa Barbara. Il report  descrive un percorso in nove tappe che dovrebbero diventare realtà, se si vuole che il pesce coltivato sostituisca almeno in parte quello pescato o allevato in modo sostenibile. La lista comprende:

1.     Sviluppo completo del prodotto coltivato in vitro.

2.     Ingresso sul mercato.

3.     Calo del prezzo fino a livelli competitivi con il pesce normale.

4.     Quantità sufficiente di persone che valutano il pesce coltivato come possibile alternativa (anche parziale) a quello pescato o allevato.

5.     Calo della domanda di pesce pescato o allevato.

6.     Calo di prezzo anche per i pescatori.

7.     Reazione dei pescatori al calo di prezzo, e conseguente diminuzione delle quantità pescate.

8.     Ripresa degli stock selvatici e diminuzione della richiesta di pesce allevato in acquacoltura.

9.     Impronta ambientale della produzione di pesce coltivato sulle altre specie uguale o migliore rispetto a quella della pesca.

La strada è dunque lunga, e il prodotto finale dovrà rispondere positivamente a una domanda fondamentale: il bilancio complessivo è conveniente dal punto di vista ambientale rispetto alle fonti attuali? I primi quattro passaggi possono favorire, da soli, il successo commerciale, ma potrebbero rivelarsi insufficienti, se lo scopo finale è quello di permettere al mare di recuperare.

tonno tartare pesce istamina
Il settore ittico è molto più variegato e complesso rispetto a quello delle carni

Per ottenere i primi obbiettivi, e soprattutto il quarto (gli altri tre sono considerati prossimi, o comunque alla portata delle evoluzioni tecnologiche in atto), ci si sta concentrando sugli aspetti legati alla psicologia dei consumi, dal marketing alla presentazione del prodotto, perché convincere i consumatori a un cambio così significativo di abitudini non è un’impresa banale. Il settore ittico è molto più variegato e complesso rispetto a quello delle carni, dove i tagli sono pochi e provengono, in tutto il mondo, dagli stessi animali. Per quanto riguarda il pesce, invece, ogni paese ha la sua cultura alimentare, e predilige specie diverse, almeno in parte. Ecco perché si studiano formulazioni adeguate, e promozioni per evidenziare gli aspetti della sostenibilità quali i benefici per il mare, l’assenza di spreco (anche di lische e pelle) e i benefici per la salute.

Molto rilevanti sono anche gli aspetti della sostenibilità, come insegna la storia dell’acquacoltura introdotta per dare sollievo al mare, salvo poi rivelarsi a volte meno sostenibile della pesca normale. In questo caso, si cerca di prevenire. Un problema serio riguarda le specie, perché quelle più richieste dal mercato come i tonni e i salmoni in realtà sono quasi ovunque regolamentate severamente, e la situazione è ritenuta sotto controllo. Probabilmente non sarebbe vantaggioso coltivare quel tipo di pesce, almeno per ora. Ma altre specie sono meno richieste, e il bilancio economico potrebbe non essere favorevole. Altre ancora, all’origine di molti guai ambientali, e usatissime per esempio per produrre oli di pesce o mangimi per pesci più pregiati, come le acciughe e le sardine, costano troppo poco per attrarre gli investimenti necessari.

pesce coltivato
Il pesce coltivato potrebbe portare grandi benefici all’ambiente e assicurare carne a elevato valore nutrizionale

A tutto ciò va poi aggiunto l’impatto sul lavoro dei pescatori, che va salvaguardato con formazione e trasformazione in occupazioni diverse, anche se nella stessa filiera. Infine, è necessario anche valutare le composizioni degli stock selvatici, per non creare squilibri orientando la pesca solo su poche specie. La situazione, quindi, è piuttosto intricata. Saranno necessari accurati studi e previsioni su tutti questi aspetti, per dare impulso decisivo a un sistema che potrebbe portare grandi benefici all’ambiente e assicurare carne a elevato valore nutrizionale e priva di contaminanti, farmaci e microplastiche, ma che, se non gestito correttamente, potrebbe essere un clamoroso flop o, peggio, fare più danni di quelli che è chiamato a risolvere.

© Riproduzione riservata. Foto: Stock.adobe.com

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Oetzi
Oetzi
19 Marzo 2021 13:39

Stiamo andando in una pessima direzione, decisamente contraria alla qualità e al buon gusto (parlo da persona cresciuta mangiando quasi esclusivamente animali di produzione propria o acquistati da produttori fidati e che conosco, e pescato fresco e non allevato).
Tutto ciò per un unico problema, il solito, la madre di tutti i problemi odierni: negli ultimi 50/60 anni si è fatta aumentare la popolazione mondiale a dismisura, come mai è avvenuto nella storia passata dell’umanità.
Non sono sicuramente da premio Nobel per la pace e nemmeno da beatificare e non ho mai ambito a ciò, ma io continuerò a mangiare solo qualità, tutti i giorni (prevalentemente vegetali comunque, carne 1-2 volte a settimana, ma quella che dico io).

federico
federico
Reply to  Oetzi
22 Marzo 2021 12:59

A essere cinici viene da pensare che per fortuna non tutti nel mondo mangiano tanto e spesso come gli occidentali. Poi buttiamo il 30 o 40% del cibo prodotto.
Insomma ci sono un sacco di cose che non funzionano e invece di farle funzionare ci inventiamo il pesce coltivato.

Massimo
Massimo
13 Aprile 2021 09:15

Non mi sono chiare alcune cose :
Coltivato in vitro significa sintetico natural identico?
Coltivato significa coltivazione delle cellule o di pesci “veri”?

Adesso gli allevamenti in mare non sono altro che coltivazioni di pesce, come l’orto è una porzione di terra tolta alla natura e dedicata alla coltivazione vegetale, così una porzione di mare è dedicata alla coltivazione del pesce.

Secondo me stiamo diventando un po’ paranoici.