È difficile pensare come due articoli sulle criticità di uno spot dell’acqua minerale San Benedetto, che ha come protagonista Elisabetta Canalis, possano procurare 1,5 milioni di euro di danni. Gli articoli sotto accusa (che potete ancora leggere sul sito) non raccontano fake news, non insultano, non denigrano, ma sono un resoconto dei fatti. Gli articoli pubblicati nel mese di agosto e di ottobre 2022 spiegano come, in seguito ai rilievi da parte dell’Istituto di autodisciplina pubblicitaria sullo spot, l’azienda abbia deciso volontariamente di sospendere il messaggio e di modificarlo.
Lo spot di San Benedetto
La pubblicità inizia con le immagini di Elisabetta Canalis al risveglio mattutino. La scena prosegue con la showgirl che si accorge di avere bruciato le fette di pane nel tostapane e decide di uscire portando con sé una bottiglia di acqua minerale San Benedetto. Secondo una segnalazione inviata all’Istituto di autodisciplina pubblicitaria (IAP), lo spot, nella sua versione originale, lascerebbe intendere che l’acqua possa sostituire la prima colazione. Lo IAP ha accolto l’istanza e ha precisato a Il Fatto Alimentare che San Benedetto si è impegnata a “elaborare una nuova comunicazione che possa superare gli aspetti critici rilevati”. L’azienda rispetta l’impegno togliendo i primi 15 secondi, eliminando le parti critiche.
I due articoli del Fatto Alimentare che hanno raccontato la vicenda, secondo San Benedetto hanno procurato un danno di 1,5 milioni di euro. Difficile capire perché il nostro racconto abbia causato tanti danni, visto che la stessa notizia è stata ripresa da La Repubblica, Il Messaggero, Open e altre testate, oltre a essere oggetto di discussioni social già prima dei nostri articoli.
San Bendetto contro Il Fatto Alimentare
Ma andiamo avanti. San Benedetto, a distanza di 7 mesi dalla pubblicazione degli articoli, cita in giudizio Il Fatto Alimentare, chiedendo al tribunale di Venezia il ritiro. Per un disguido risultiamo contumaci, ma nonostante ciò il giudice nell’agosto 2023 boccia la richiesta. Dopo questa risposta negativa, l’azienda ci riprova e fa un nuovo ricorso che nel mese di ottobre 2023 viene anch’esso rigettato. Il tribunale non ritiene lecita la richiesta di censura, in quanto violerebbe l’articolo 21 della Costituzione, e dispone il pagamento da parte di san Benedetto delle nostre spese legali.
In attesa di questa seconda sentenza, San Benedetto si porta avanti e avvia contro Il Fatto Alimentare una causa civile per danni da diffamazione chiedendo un risarcimento di 1,5 milioni di euro. L’avvocato sostiene che c’è stato un danno di immagine e che l’azienda ha speso 864.219,80 € per il rifacimento di otto spot “a causa degli effetti negativi sui consumatori” derivanti dai nostri articoli. Tutto ciò risulta strano, visto che i nostri articoli riguardano un solo spot, che è stato modificato volontariamente da San Benedetto a seguito dei rilievi dell’Istituto di autodisciplina pubblicitaria, sollecitato a intervenire da terzi.
Cause e liti temerarie
L’aspetto interessante della vicenda non riguarda le due sconfitte fino ad ora collezionate dall’azienda, ma i retroscena, che di solito non si raccontano nelle cronache delle cause per diffamazione, anche quando si concludono bene per i giornalisti. In questa causa c’è un chiaro intento di San Benedetto di portare avanti un’azione giudiziaria per indurre Il Fatto Alimentare a miti consigli. Scontrarsi con un colosso che l’anno scorso ha raggiunto un fatturato record di 1 miliardo (immaginiamo al netto dei danni causati dai nostri due articoli) è scomodo. Le spese legali per difendersi sono insostenibili per un piccolo editore.
Qualche numero aiuta a capire. I danni richiesti da San Benedetto equivalgono a 10 anni di bilancio del Fatto Alimentare e le spese legali da sostenere complessivamente, prendendo come riferimento il tariffario degli avvocati, ruotano intorno a 40-50 mila euro. Lo schema è semplice. Ti faccio una causa milionaria e ti costringo a sostenere spese elevatissime per difenderti. Per questo motivo il collegio di avvocati che difende Il Fatto Alimentare ha chiesto al giudice di rigettare le accuse e di rifondere le spese legali. C’è anche la richiesta di condannare l’azienda a una penale pari al 10% del danno ipotizzato, per avere portato avanti una lite temeraria. Confermando la nostra fiducia nella giustizia, abbiamo deciso di raccontare ai lettori questa vicenda. Vi terremo aggiornati.
© Riproduzione riservata Foto: Spot San Benedetto, Fotolia
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
” C’è anche la richiesta di condannare l’azienda a una penale pari al 10% del danno ipotizzato, per avere portato avanti una lite temeraria”
Bisognerebbe cambiare le leggi: in caso di lite temeraria chi l’ha portata avanti dovrebbe pagare alla controparte una penale del 100%!
Per quanto mi riguarda, non comprerò più prodotti della San Benedetto. Credo che questa sia una causa temeraria, ma perderà clienti e potenziali clienti
Ottima scelta! Anch’io mi impegnerò a non comprare prodotti San Benedetto e spero di fare proselitismo, contro il loro arrogante strapotere.
È evidente lo scopo intimidatorio della azienda , dovrebbe essere condannata per causa temeraria , ma siamo in Italia ha ancora un senso la giustizia ?
Per quel che mi riguarda, con questo modo di agire della Spettabile San Benedetto, non comprerò mai più un suo prodotto! VI ringrazio per averci messo al corrente.
Sono d’accordo che in casi di liti temerarie il soccombente debba pagare quello che ha chiesto all’altra parte. In questo modo ci penserebbero molto prima di intentare una causa e i giudici potrebbero dedicarsi alle cose serie. Grazie per quello che fate in favore di tutti.
è una vergogna sono con voi
Sostengo il Fatto Alimentare.
Ho fatto una donazione non appena letto…
Ho seguito anch’io il tuo esempio. E starò attento a non comprare della S.Benedetto
Dopo aver letto tutti i commenti di solidarietà a Il Fatto Alimentare, ed essere pienamente d’accordo che in quanto consumatori di bevande del gruppo San Benedetto, l’arma più importante sia non acquistare tali prodotti. Ma signori questi non solo sfruttano un bene comune pagando pochi soldi, sono anche causa di un inquinamento ambientale devastante. Io per mio conto, come anche tutta la mia famiglia uso da anni l’acqua del rubinetto. Questa è l’unica vera arma possibile contro aziende che impoveriscono le falde, continuare ad acquistare acqua in bottiglia si è loro complici. Pensate gente pensate .
Ma san Benedetto che fattura 1 miliardo quanto paga all’anno per la concessione? Sarebbe interessante parlarne…
Premetto che non sto difendendo l’Azienda, presumo che, come tutte le aziende imbottigliatrici di acque minerali, paghi quanto previsto dalle leggi italiane.
Se poi queste cifre sono troppo basse starà a chi di competenza aumentarle.
Il minimo che posso fare è non comprare acqua San Benedetto.
La differenza sta nel fatto che la notizia riportata da voi ha più valenza che se riportata da altri “giornaloni” . Tutto qua.
San Benedetto è parte di una conglomerata che permette di gestire il ciclo completo di produzione delle bottiglie in pet e successivo imbottigliamento delle bevande. Queste macchine sono distribuite in molti Paesi, grazie alla tecnologia che le contradistingue.
Poi il Gruppo è anche l’imbottigliatore esclusivo per l’Italia delle bibite di PepsiCo.
Tutta la mia solidarietà va al fatto alimentare , non ho mai comprato l’acqua San benedetto e non ho mai sopportato vedere la loro pubblicità in tv, spesso cambio subito canale o tolgo l’audio!
A questi signori farei passare una volta per tutte di intimidire il prossimo con cause dalle richieste assurde. In caso di perdita della causa, li condannerei a versare a Il Fatto Alimentare 1,5 milioni di euro, come da loro richiesta.
È una vera e propria lite temeraria! A voi grazie!
L’arroganza di questa azienda, che pretende di fare scempio della decenza con una propria stucchevole propaganda che di niente informa, è intollerabile. Una azienda corresponsabile di danno ambientale, si permette di richiedere risarcimento pecunario per ‘danno di immagine’! Siamo al ridicolo e al tragico!
Trovo indegno il comportamento dell’azienda e ci leggo un chiaro scopo intimidatorio. Se bevessi acqua minerale mi terrei alla larga da loro! Ma mi pare abbiano altri prodotti, no?
Leggo sempre con grande attenzione i vostri articoli che sono interessanti e utili. Un grande plauso e buona fortuna
Clara Domenici, Firenze
Vergognoso!
Teneteci informati!
Rafforzo il commento fatto ieri con una donazione per darvi un pochino di sostegno morale.
Auguri
Clara Domenici, Firenze
Giusto a titolo informativo, Wikipedia riporta un elenco di controllate della San Benedetto, oltre ovviamente a tutti i prodotti (te, Energy drink, ecc) a loro marchio:
Acqua di Nepi S.p.A.,
Gran Guizza S.p.A,
Alpe Guizza S.p.A
Fonte Cutolo Rionero in Vulture S.r.L,
Viggianello Fonti del Pollino S.p.A,
Guizza del Friuli SRL
Sono uno storico consumatore della frizzantissima Guizza.
Storico sia perchè l’ho sempre apprezzata, sia perchè non lo farò mai più.
Veramente caduti in basso
Grazie Sig. Angelo per l’utilissimo riferimento in rete per conoscere, e boicottare, tutti i prodotti in vendita del brand San Benedetto.