Nella settimana n°49 del 2015 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 60 (11 quelle inviate dal Ministero della salute italiano).
L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende cinque casi: Listeria monocytogenes in salmone affumicato refrigerato dalla Danimarca; mercurio in lombi di pesce spada congelato (Xiphias gladius) dalla Spagna; mercurio nel pesce spada fresco (Xiphias gladius) dalla Spagna; Salmonella (paratyphi B) in kebab dalla Germania; Listeria monocytogenes in salmone affumicato dalla Lituania.
Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: colorante cancerogeno non autorizzato (Sudan 4) in olio di palma dal Ghana (leggi approfondimento); Listeria monocytogenes in salmone affumicato refrigerato dalla Lituania.
Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: aflatossine in tre lotti di fichi secchi provenienti dalla Turchia; mercurio in pesce scorfano rosso (Scorpaena scrofa) dalla Tunisia.
Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato, si segnalano ceci biologici infestati dall’insetto calandra del grano (Sitophilus granarius); il Belgio segnala un’allerta per aflatossine in mais biologico, via Paesi Bassi; La Germania ha lanciato un’allerta per presenza di lattosio e proteine del latte non dichiarate in premiscela per gelato; la Germania segnala residui di pesticida (clorpirifos) su uve bianche.
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Giornalista, redattrice de Il Fatto Alimentare, con un master in Storia e Cultura dell’Alimentazione
Buonasera,
Vorrei chiedervi perché nei vostri articoli settimanali in cui elencare i prodotti ritirati non scrivete il nome delle aziende produttrici e dei lotti di produzione.
È una vostra scelta oppure le fonti della notizia non divulgano questa informazione?
Grazie.
gentilissimo Matteo, il Rasff “Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi” è una struttura coordinata a livello europeo. Molti Stati pubblicano i nomi delle marche i cui lotti sono oggetto di ritiro, richiamo o allerta. L’Italia non è tra questi; cioè neanche a noi è dato sapere di che prodotti si tratta. Abbiamo chiesto più volte alle catene di supermercati e al Ministero che questi dati fossero resi pubblici. per esempio in questa settimana siamo riusciti a sapere la marca e i dettagli dell’olio di palma con il colorante cancerogeno ritirato, ma purtroppo è un caso isolato. La nostra intenzione non è di allarmare, ma di creare consapevolezza nei consumatori: anche facendo conoscere il rasff, le tipologie di alimenti, e i motivi di richiamo, si può aumentare la conoscenza del sistema di sicurezza alimentare europeo e italiano.
Proprio perché noi consumatori ed assidui lettori del Fatto Alimentare, ci teniamo ad essere informati in modo più dettagliato e preciso DOVREMMO UNIRCI PER FORMARE UN MOVIMENTO DI OPINIONE MOLTO FORTE E PRETENDERE CHE VENGANO FORNITI NOMI DELLE DITTE DISTRIBUTRICI E PRODUTTRICI DI QUESTI “OGGETTI ” DI RITIRO O RESPINGIMENTO
NON È PER FARE ALLARMISMO, ma PER RISPETTO VERSO NOI STESSI E GLI ALTRI !
Sarebbe assurdo per proteggere la propria salute, ad esempio, dover evitare l’acquisto e chissà per quanto tempo, di qualsiasi pacchetto di ceci .Questo penalizzerebbe molti seri ed onesti produttori .
Buongiorno Mariagrazia,
i nomi delle aziende non sono pubblici per evitare inutili allarmismi, non vengono pubblicati perché in caso di RITIRO il bene inadatto al consumo non è ancora giunto al consumatore. Nel caso di un RICHIAMO invece, è tutto pubblico, è la ditta stessa che è obbligata per legge a diffondere tutte le informazioni (Ditta, nome prodotto, lotto/scadenza) con mezzi di comunicazione efficaci (TV, radio, internet, telegrammi).
In secondo luogo va considerato che una buona parte delle allerte non riguarda nemmeno “beni” direttamente destinati al consumo, di cui quindi non si conosce ancora la destinazione finale.
va però detto che sono poche le aziende che si avvalgono di tutti “i mezzi di comunicazione efficaci”. Spesso ci si limita ad attaccare un foglio di carta nel punto vendita.
Non bisogna avvalersi di TUTTI, ma sceglierne uno o più d’uno che sia efficace, (se devo ritirare una pasta per dentiere e uso twitter…il mezzo probabilmente è efficiente, ma il mio richiamo non risulterà efficace). L’operatore che debba eseguire un richiamo mette in pratica le azioni che ritiene necessarie per raggiungere un alto livello di sicurezza per il consumatore e contestualmente avvisa la ASL territorialmente competente che esamina ciò che è stato fatto, se non lo ritiene sufficiente a raggiungere tale livello di protezione previamente citato, prende il controllo della situazione e a spese dell’ OSA utilizza i mezzi di comunicazione che ritiene più opportuni. Tutto ciò per dire che un cartello, in un negozio o supermercato da solo, non può bastare, non è una scelta in mano solo al produttore/responsabile del bene difettato. La ASL ha tutto l’interesse a fare rispettare questa procedura, altrimenti risulterebbe corresponsabile.