Il salmone affumicato è un prodotto che ormai è entrato stabilmente nella dieta degli italiani. Negli ultimi anni, infatti, è passato da tipico antipasto del periodo natalizio a protagonista di molti piatti. Ma non tutti sanno che questo alimento può portare con sé qualche insidia. Il salmone affumicato, infatti, può essere contaminato da Listeria monocytogenes (leggi qui il nostro articolo sul salmone e il rischio Listeria), e il rischio dipende dal tipo di affumicatura e lavorazione a cui è andato incontro. Il salmone, poi, può essere d’allevamento o selvaggio, e può provenire da diversi Paesi.
Come scegliere un salmone affumicato? Il Fatto Alimentare ha già scritto un articolo con tutte le indicazioni del caso intervistando Valentina Tepedino lo trovate qui, adesso ne parliamo con il Consorzio Affumicatori Maestri Italiani (CAMI), nato con la finalità di promuovere la conoscenza del salmone affumicato.
C’è una selezione di qualità per la materia prima?
Esistono sostanzialmente tre livelli di qualità della materia prima: superior, ordinary e industry, ma la normativa non prevede che tale caratteristica sia riportata sulle confezioni.
Per quanto riguarda le caratteristiche della lavorazione, la fase più critica è la salatura, che può avvenire sostanzialmente con due metodi. Quella a secco costa di più, ma dà maggiore sicurezza. Consiste nel cospargere i filetti di sale e attendere 7-8 ore. In questo tempo il sale conferisce sapidità alla carne e ne abbassa il contenuto di acqua libera contribuendo così alla durabilità del prodotto. L’altro metodo è a ‘iniezione di salamoia’. Costa evidentemente di meno, sia perché è più veloce, sia perché aumenta il peso del prodotto, perché la salamoia aggiunta è composta prevalentemente di acqua. Anche in questo caso la normativa non prevede che si specifichi sulle confezioni quale tipo di salatura è stato effettuato.
Circa il luogo di lavorazione, non è sempre chiaro se l’affumicatura è stata eseguita in Italia o meno: spesso il paese di produzione è indicato solo sul bollino CE, con una sigla molto sintetica (IT per Italia, PL per Polonia, LT per Lituania).
Avete un modello della vostra etichetta per il salmone affumicato in Italia?
Il logo sarà riportato su un bollino, che verrà apposto a tutte le confezioni che rispettano le regole del consorzio, ovvero: la lavorazione in Italia, la salatura a secco, senza iniezione di salamoia, per il prodotto pescato, l’obbligo di dichiarare le zone di pesca e certificazioni di sostenibilità, il salmone allevato deve provenire da allevamenti certificati secondo le norme del benessere animale, la tracciabilità e la certificazione della materia prima devono essere chiare e con indicazioni esaustive e verificabili;
Indicate il giorno dell’affumicatura in etichetta?
No, non indichiamo la data di affumicatura. Le etichette di legge devono riportare la scadenza. Questo significa che il processo di affumicatura, su un prodotto lavorato da fresco e mai congelato, avviene entro al massimo cinque giorni dalla spedizione. L’affumicatura può essere più tenue o più intensa (in relazione al gusto del consumatore). Se ‘a freddo’ si parla di affumicatura con temperature variabili da 24 ai 27°C gradi. Nell’affumicatura a caldo la temperatura supera i 65/70 gradi. Si usano sempre salmoni freschi, salvo nei casi in cui il prodotto provenga da zone come Alaska o Canada (si parla di un prodotto selvaggio), dove si lavora sul decongelato.
Che cos’è lo stiffening?
Ultimamente stiamo affrontando, insieme ad altre associazioni europee, il tema dello ‘stiffening’: si tratta dell’irrigidimento del prodotto che serve per questioni meccaniche, per agevolare, in sostanza, il taglio da semilavorato a fettine. Utilizzando questo sistema, i polacchi e i lituani congelano di fatto tonnellate di prodotto già trasformato e per diversi mesi, senza che il passaggio del congelo venga chiaramente indicato in etichetta : stiamo quindi sensibilizzando i nostri rappresentanti in Europa affinché si ottenga che per questi prodotti venga esposta in etichetta la dicitura “prodotto decongelato”.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
“Non dimentichiamo poi che l’Italia è l’unico Paese in cui i controlli sulle aziende alimentari vengono effettuate dai veterinari, per conto del Ministero della Salute. Il fatto che i casi di Listeria riscontrata sul salmone, anche affumicato, riguardino prevalentemente produttori nord europei nasce anche dal fatto che in Italia i controlli sul prodotto finito sono moltissimi, ripetuti e diffusi sui punti vendita dell’intero territorio nazionale.” Francamente non capisco il nesso tra il riscontro di Listeria prevalentemente nei prodotti nord europei e i numerosi controlli effettuati dai servizi veterinari.
Il mercato del salmone affumicato è una giungla. Evito accuratamente Polonia e Lituania ma il mercato ne è invaso, purtroppo.
Complimenti per l’approfondimento. In un mondo dove anche nel settore alimentare il business è esasperato, e’ fondamentale informarsi correttamente per orientarsi negli acquisti in modo razionale
Molto interessante
io prendo sempre e solo salmone selvaggio, oltre che più buono credo sia anche più sicuro
Informazioni utili e approfondite per la salute delle persone e del nostro pianeta
Non ho capito questo passaggio: “il processo di affumicatura, su un prodotto lavorato da fresco e mai congelato, avviene entro al massimo cinque giorni dalla spedizione.”: il salmone rimane 5 giorni senza essere congelato? Non deperisce???
Dal momento in cui viene catturato in Norvegia il salmone per arrivare negli stabilimenti italiani in Italia impiega almeno 3 giorni.