La frode del grano biologico raccontata da Report su Rai 3 nella puntata di lunedì 10 ottobre 2016 (vedi anteprima) narra una vicenda su cui riflettere, che però non deve gettare discredito su un settore che rappresenta un fiore all’occhiello dell’agricoltura italiana. La storia inizia con il Molino Grassi che chiede all’organismo di controllo una verifica sull’origine di una partita di 1900 tonnellate di grano duro proveniente da un’azienda agricola pugliese, la Liuzzi. Il grano non presenta residui di pesticidi (il mulino analizza i diversi lotti prima di metterli in lavorazione, e in caso di contaminazione l’avrebbe scoperto subito), ma c’è il sospetto che non possa qualificarsi come biologico, dato che l’azienda agricola venditrice non dispone delle superfici sufficienti a produrre quella resa.
I controlli scattano solo dopo qualche mese e si scoprono così anomalie sull’origine della materia prima e si decide il blocco delle partite in lavorazione sia nel Molino Grassi sia nelle sedi di altri operatori (i mulini Santacroce, De Vita e il pastificio De Matteis) che avevano acquistato le granaglie. Immediatamente vengono coinvolti anche altri pastifici che hanno trasformato la semola in pasta vendendola in Italia (anche a supermercati come Coop ed Esselunga) e all’estero. Partono le lettere e i supermercati, il 21 aprile provvedono al ritiro della merce presente sugli scaffali. I supermercati non procedono con un avviso pubblico perché non esiste rischio per la salute dei consumatori (la pasta non può essere classificata come bio, ma non ha residui di pesticidi).
Cos’è successo
La storia si può raccontare dicendo che è bastato cambiare un numero su un certificato per far passare 11 mila tonnellate di grano duro convenzionale come biologico, e che gli organismi di controllo del biologico hanno scoperto e bloccare la frode ma forse potevano intervenire prima. È vero che una parte della pasta ricavata è stata venduta da dettaglianti grandi e piccoli in Italia e all’estero, ma è anche vero che il 90% della farina e della pasta finta-bio è stata intercettata e declassata senza arrivare sugli scaffali.
È giusto dire che l’autocontrollo della filiera del biologico è scattato con qualche ritardo, ma in seguito a questo intervento sono state intercettate e bloccate buona parte dei lotti. C’è di più anche 4,2 milioni di pizze biologiche esportate in America (l’azienda pugliese aveva venduto anche una partita di finto pomodoro bio da industria) sono state intercettate e declassate, perché contenevano circa il 12% di passata di pomodoro, senza residui, ma senza i requisiti per poter essere classificata come bio.
Più soldi più frodi?
Il mondo dell’agricoltura pulita è soggetto a questo tipo di scandali, perché il passaggio alla categoria dei prodotti senza pesticidi aumenta i margini ma è anche vero che a parte qualche incidente come quello della Liuzzi, la filiera è sana. L’anno scorso l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari ha controllato 1.800 imprese su un totale di 61 mila che operano nel settore, riscontrando solo 31 denunce penali.
Perché le frodi nel biologico
Per capire meglio va detto che il controllo obbligatorio, cui tutte le aziende del biologico devono aderire, prevede in genere una visita annuale effettuata da uno dei 14 organismi di certificazione (i sette soci di FederBio coprono il 90% degli operatori italiani). Per migliorare questo sistema previsto dalla normativa di legge, FederBio insieme ad Accredia da circa un anno ha messo a punto una piattaforma informatizzata dove tutti gli operatori devono inserire i dati relativi alla tracciabilità delle operazioni di acquisto e vendita, l’indicazione dei volumi di prodotto, la superficie dei terreni agricoli certificati e altri dati. In questo modo è possibile in qualsiasi momento incrociare i dati e focalizzare le anomalie.
Il caso Liuzzi riportato da Report, per esempio, non potrebbe ripetersi perché il sistema informatico non validerebbe l’offerta di quantità di prodotto sproporzionate da parte di un piccolo produttore. Secondo FederBio nella prima settimana di attività la nuova piattaforma ha permesso la scoperta di tre anomalie che il sistema cartaceo previsto dalla legge avrebbe scoperto un anno dopo. Il nuovo metodo informatico è stato approvato anche da catene di supermercati come: Coop, Esselunga, Ecor NaturaSì e i maggiori mulini italiani (compreso il Gruppo Casillo, leader mondiale nella trasformazione e commercializzazione del grano duro), che pretendono dai fornitori l’adesione alla piattaforma. Secondo le previsioni nel 2017 la maggior parte del mondo biologico dovrebbe adottare questo nuovo sistema di controllo informatico. Esselunga e Coop chiamate in causa da Report hanno così risposto
La risposta di Esselunga
Esselunga conduce una politica di estrema tutela nei confronti del consumatore. Infatti seleziona e qualifica direttamente i fornitori eseguendo audit frequenti e sottopone i prodotti ad un piano di campionamento annuale; Infatti per i fornitori in causa (De Matteis e Molino Grassi) ha siglato capitolati tecnici dove ha richiesto la presenza di un sistema di qualità gestito che controlli e verifichi l’operato dei sub fornitori e che vengano eseguite analisi su materie prime (grano), semilavorati (semole) e prodotti finiti (pasta). Ogni fornitore esegue almeno 60 analisi/anno per la ricerca dei soli agro farmaci (pesticidi) ed in particolare i due fornitori specifici complessivamente hanno eseguito analisi su circa 300 campioni di grano, semola e pasta.
Le analisi sono risultate conformi
Tutte le analisi sono risultate conformi. I fornitori sono Certificati da uno degli organismi preposti dal Ministero e subisce dagli stessi audit con relativi verbali di sorveglianza biologica che evidenza la conformità degli stessi. Questo è quanto abbiamo verificato in fase di audit. I fornitori devono approvvigionarsi da sub fornitori certificati a loro volta e in caso di dubbio chiedere conferma di verifica al proprio organismo di certificazione. Nel caso in esame non sono state evidenziate criticità. I relativi organismi di certificazione hanno visitato i fornitori, i sub fornitori ed eseguito analisi su diverse materie prime senza evidenziare anomalie.
Al fine di rendere più sicure le proprie filiere Esselunga ha già definito ulteriori prerequisiti ancora più restrittivi, e chiesto ai fornitori di: – eseguire obbligatoriamente audit ai subfornitori circoscrivendo il numero; – eseguire analisi in tutte le fasi della filiera; – rendere la filiera visibile e trasparente con l’adesione alla piattaforma informatica ideata dalla Federazione del Biologico. Anche i rapporti commerciali con i fornitori sono molti stretti con ordini giornalieri continui e costanti e con telefonate di messa a punto frequenti; le promozioni sono programmate secondo un piano istituzionale definito e preciso, in modo da permettere ai fornitori degli approvvigionamenti programmati anche in occasione di grandi volumi.
La risposta di Coop sul biologico
Coop per il prodotto a marchio non ha rapporti diretti commerciali con gli operatori da voi citati. A fronte della notizia dataci da Federbio, con il quale è attivo un accordo di collaborazione per il contrasto alle frodi, del coinvolgimento dell’azienda Liuzzi con la possibile commercializzazione di grano non biologico, abbiamo attivato le procedure di verifica dei prodotti Viviverde Coop (la linea biologica a marchio Coop) che ha standard più restrittivi rispetto ai prodotti tradizionali. Il nostro sistema di verifica dei prodotti biologici prevede infatti la possibilità di risalire la filiera fino alle aziende agricole e grazie a questo sistema abbiamo chiesto ai nostri produttori di tracciare il grano bio in tutti i prodotti a marchio biologici per verificare se vi erano state forniture dalla suddetta azienda.
Il 21 aprile abbiamo ritirato in via precauzionale e tempestivamente alcuni lotti di 4 referenze di pasta Viviverde che avevano lotti di semola che potevano contenere grano duro anche dall’azienda Liuzzi, fornito dal Molino Grassi. Siamo purtroppo stati vittima della frode come il nostro produttore, una prima stima del danno subito si attesta intorno ai 60.000 euro senza tenere conto delle mancate vendite e ancora di più dell’eventuale danno reputazionale. L’avvio pressoché immediato delle procedure di ritiro ha circostanziato l’episodio. Coop dunque nella vicenda trattata è parte lesa, ha comunque agito responsabilmente e sta lavorando per evitare in futuro il ripetersi di casi simili. Coop ha già richiesto da tempo ai fornitori il controllo della filiera e l’adesione alla banca dati dei cereali di Federbio, una misura adeguata a garantire un controllo più puntuale.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
L’articolo di La Pira riporta e commenta oggettivamente e correttamente la frode dell’azienda Liuzzi, scoperta e isolata nel e dal sistema di autocontrollo del biologico, anche se in colpevole ritardo e con qualche leggerezza del sistema, inquadrandola nel contesto del settore biologico.
Correttezza ed oggettività poco presente nella trasmissione di Report e della giornalista Gabanelli, che ha fatto scoop e sensazionalismo in barba ed a spese delle centinaia di migliaia di operatori onesti ed in buona fede che operano nel mondo del biologico.
Ma non solo screditando l’intero comparto produttivo, ma influenzando i milioni di ascoltatori e consumatori che si sono sentiti truffati per i loro acquisti fatti ed incertezza per quelli futuri.
Non una segnalazione opportuna ed isolata, ma un totale e generale screditamento, in un comparto che sta riportando speranza alla nostra agricoltura distrutta e degenerata da un’organizzazione commerciale impazzita, che fa solo danni a tutta la filiera produttiva nazionale.
Vorrei sottolineare un aspetto che forse sfugge e a mio parere ancora più importante… ma bisogna “allargare la questione”
nel ns paese è l’intero sistema delle CERTIFICAZIONI che è totalmente fallace
non è solo il mondo BIO a richiedere ed utilizzare sistemi di “AUTO”CERTIFICAZIONE
oramai sono decenni che in ogni ambito , tipologia di processi di produzione, in italia , i controlli sono stati sostituiti dalle autocertificazioni , in nome dello snellimento delle procedure E SOPRATUTTO PER MANCANZA DI FONDI, il controllo dello STATO è stato demandato alle aziende stesse e/o ad aziende (come si evidenzia in questa inchiesta) collegate
è un sistema PENOSO … sopratutto perchè in italia ci sono troppi FURBI E DISONESTI ….
e che penalizza interi sistemi di produzione oltre che .. TUTTI I CONSUMATORI
anche coloro che difendono “certe categorie-produttori-ideologie”
anche voi TUTTI I GIORNI usate moltissimi prodotti *AUTOCERTIFICATI*
Io ho sempre comparto bio, ma la cosa che mi ha spaventata dell’inchiesta di report nn e’ stata tsnto il caso liuzzi, ma l’inchiesta dalla romania. Come mai questo articolo nn ne fa mensione e soprattutto nessuno risponde alle altre due persone qua sopra che hanno detto la stessa cosa????
Ho apprezzato l’inchiesta di Report, specialmente per quanto riguarda il servizio sulla mancanza di controlli sui cereali provenienti dalla Romania. Ho trovato veramente disdicevole il comportamento dei ministri intervistati, che teoricamente dovrebbe tutelare la nostra salute ed occuparsi della politica agricola biologica italiana. In particolar modo i ministri in non hanno saputo dare una risposta di senso compiuto, se non di convenienza, per quanto riguarda la scelta dei loro collaboratori, personaggi già inquisitI per corruzione. E’ utopia sperare in un comportamento onesto e leale dei nostri gevernanti? E’ utopia sperare in controlli veritieri per quanto riguarda prodotti biologici che paghiamo il doppio di quelli convenzionali? E’ UTOPIA SPERARE IN UN ORGANISMO DI CONTROLLO INDIPENDENTE? Noi italiani ci sentiamo FRODATI
Adesso che la Gambanelli ha scoperto il vaso di Pandora e ha detto la pura verità (anche se altre volte ha preso delle sonore cantonate) chi prima godeva delle disavventure dei produttori di alimenti (magari spesso incidenti involontari o ingranditi fuor di con scoop dei media o da enti di controllo inadeguati) adesso si scaglia contro la conduttrice di Report che tenderebbe a distruggere la reputazione del BIO. Ma è ormai storia vecchia e conosciuta che nonostante gli audit necessariamente saltuari degli enti di certificazione ci sono buchi di controllo che assomigliano a voragini , come processi controllati dal campo agli stabilimenti, dove come mi è capitato personalmente di vedere, cisterne di prodotto non venivano neppure sigillate e poi quelle (non bio) che all’analisi risultavano pulite da pesticidi (es. puree di frutta) venivano classificate come tali. E questo non in Puglia, ma in pianura padana. Cose che ho dovuto contestare come cliente . Per questo ritengo che una onesta, saggia ed efficace lotta mirata sia migliore e meno costosa del BIO attorno al quale ruotano troppi interessi, e mire di speculazione pagate molto caramente da troppo ingenui consumatori
Mi permetto una sintesi dopo tanti commenti e reazioni alla frode ed al risalto dato dall’inchiesta di Report:
– Il frumento spacciato e mescolato ad altro certificato biologico, era esente da contaminanti, quindi biologico di fatto ma non controllato da un ente certificatore.
– Il truffatore ha risparmiato i costi della certificazione e controllo di un ente accreditato, sia per il cerale italiano che per quello importato dalla Romania, speculando sul maggior prezzo di vendita.
– La truffa economica ha interessato tutta la filiera successiva inconsapevole ed incolpevole, avendo non solo controllato i documenti d’origine, ma facendo anche analisi chimiche per il controllo dei lotti, risultati puliti e non contaminati.
– Le capacità produttive del fornitore che ha messo in atto la frode, non erano proporzionali al volume del commercio realizzato, ma questo dato ed informazione è emersa a cose fatte e scoperte e nessuno dei sui clienti poteva assumersi l’onere di questo controllo totalizzante, di pertinenza di FederBio, che ne ha le possibilità e l’onere istituzionale, come qualsiasi altra associazione di categoria, ma sempre a cose fatte, perché per le intenzioni servono altri poteri.
– Il reato commesso dal truffatore è frode in commercio, come milioni di altre frodi quotidiane messe in atto dai furbi di tutte le categorie, che ne hanno la possibilità e vocazione.
– Non ci sono stati danni ai consumatori ne per la salute, ne per la qualità dei prodotti acquistati e consumati, ne per i costi sostenuti per l’acquisto, in quanto i produttori hanno declassato la merce in magazzino e quella già venduta era conforme ad un prodotto sano e non contaminato, come il biologico certificato.
– Il danno e la truffa solamente economica è stata realizzata a carico degli enti certificatori e degli operatori che hanno acquistato il cereale da trasformare a prezzo di bio, deprezzandolo a convenzionale.
– Report con l’inchiesta incompleta, isolando l’evento da un contesto virtuoso di centinaia di migliaia di operatori, ha gettato discredito su tutta la categoria degli operatori, facendo credere ai consumatori di essere truffati da una categoria ed associazione di operatori, che per il modo in cui sono organizzati e si autocontrollano, speculano e spacciano per biologico alimenti che non lo sono.
Questi sono i fatti, le notizie ed i commenti come mi sono pervenuti e che portano ad un giudizio possibilmente oggettivo della questione, nonostante i commenti e le interpretazioni di molti, che sono caduti nella confusione della comunicazione incompleta, superficiale e generalizzante del servizio di Report.