“Chi rabbocca t’imbroglia”. È lo slogan della campagna di sensibilizzazione di Unaprol – Consorzio olivicolo italiano – per fare rispettare il divieto di utilizzare bottiglie non dotate di tappo antirabbocco per gli oli extravergini di oliva utilizzati in ristoranti , tavole calde e negli altri esercizi pubblico che operano nel campo della ristorazione. Chiunque non rispetti la legge che vieta il rabbocco è passibile di sanzioni fino a 8.000 euro, salvo il fatto non costituisca reato. Quando la bottiglia sul tavolino presenta tracce di olio ci sono buone probabilità che sia stata rabboccata con un olio probabilmente diverso rispetto a quello indicato sull’etichetta.
Il divieto di rabbocco dell’olio per i ristoranti
L’obbligo del tappo antirabbocco per le bottiglie di olio extravergine e vergine in vigore dal 2014, si è reso necessario per contrastare la cattiva abitudine di alcuni ristoratori di aggiungere olio fresco alle bottiglie. «Il rabbocco degli oli oltre ad essere una pessima abitudine è una pratica non consigliabile – spiega Alberto Grimelli di Teatro Naturale – perché può favorire l’irrancidimento rapido”. Se l’olio rimasto nella bottiglia presenta uno spunto di irrancidimento, anche quello aggiunto anche se di ottima qualità subisce rapidamente un cambiamento di sapore.
Da un punto di vista commerciale quando l’olio rabboccato risulta di cattiva qualità si danneggia l’immagine dell’azienda indicata sull’etichetta. Per quanto riguarda la sicurezza alimentare, la pratica del rabbocco costituisce un rischio, soprattutto per gli allergici. «Se un ristoratore poco onesto aggiunge olio di semi o di arachidi all’olio d’oliva – racconta Grimelli – e al tavolo siede una persona allergica alle arachidi la questione potrebbe diventare seria». Si tratta di un rischio che il legislatore non ha voluto sottovalutare.
Nonostante ciò il tappo antirabbocco è adottato mal volentieri se non proprio osteggiato da molti ristoratori. La percezione generale degli operatori del settore è che si tratti dell’ennesimo inutile balzello imposto per mancanza di fiducia nella loro professionalità. Al contrario il sistema rappresenta una soluzione semplice e senza costi per la collettività che tutela tutti, consumatori, produttori e ristoratori onesti.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
È d’obbligo anche nelle ristorazioni collettive/mense pubbliche?
Credo proprio di sì
Ci vogliono obbligare a controllare che la bottiglia sia antirabbocco invece che ad esigere che l’olio sia buono.
E’ proprio per garantire che l’olio sia buono che è utile avere un tappo anti rabocco
E’ PROPRIO PER GARANTIRE CHE L’OLIO SIA BUONO CHE VA’ USATO QUESTO PARTICOLARE TAPPO
Evidentemente per lei “l’olio buono” si compra al supermercato facendo attenzione all’etichetta. Io quell’olio in generale neanche lo userei per friggere …
Nei supermercati che hanno un discreto assortimento e quindi di certe dimensioni si trovano sempre oli di qualità. L’unico inconveniente è il prezzo che oscilla da 9 a 15 euro circa
A mio avviso non ha molto senso se non posso controllare la qualità di quello che vado a condire con quell’olio.
Più di mille regolamenti aggirabili servirebbe una task force che faccia controlli, analisi e dia un rating ad un locale in base alla qualità delle materie prime trovate a seguito di controllo a sorpresa.
Sono un produttore di olio, quindi teoricamente interessato dalla adozione su larga scala di questo genere di tappi. Però non riesco proprio a capire come si possa dire che questo sistema sia privo di costi. Inoltre credo che finché il consumatore medio continuerà a cercare, per l’uso quotidiano in casa, oli extravergini che costano meno dell’olio motore, qualunque accorgimento sia sostanzialmente inutile ed aggirabile.
Produco olio di qualità in provincia di Firenze, sono completamente d’accordo con te, il problema è il costo che il consumatore è disposto a pagare, paga una bottiglia di vino 10 € e non si lamenta
La questione dei costi ci sta e va considerata, ma su un olio di una certa qualità credo che pochi centesimi non facciano la differenza.
E questo va a tutela del consumatore del ristorante che non si trova sul tavolo l’ampollina classica rabboccata talvolta con solo olio di oliva nemmeno extravergine.
Credo che questo sia un passo obbligatorio di tutela che dovrebbe essere applicato anche ad altri prodotti, il vino sfuso per esempio (quello “della casa”). In questo caso un ristoratore onesto, quando si acquista una bottiglia e non lo sfuso, dovrebbe a) invitare il cliente a portarsi a casa l’eventuale vino non bevuto, b) in caso opposto a buttarlo tanto l’ha già fatto pagare lautamente
In effetti il tappo antirabbocco a poco a che vedere con la tutela dell’olio di oliva extra vergine: se nella categoria EXTRA ci rientrano una valanga di oliacci schifosi (almeno al sapore) che costano 3-4 euro al litro, non si fa un gran passo in avanti. Al massimo con il tappo antirabbocco si previene la presenza feaudolenta di olio di arachidi o di oliva o di sansa al ristorante.
Questo comunque è un problema più ampio e generale: saper riconoscere e “sentire” le differenze: mio nonno e mio babbo hanno prodotto oli extra vergine di oliva e pertanto non riesco a bere questi oliacci.
Ma non avendo mai assaggiato la vera mozzarella, ad esempio probabilmente non riesco più di tanto a sentire la differenza tra ottime mozzarelle e mozzarelle mediocri. Così per molto alimenti. Mi manca la coltura contadina come la quasi totalità di noi…perse le radici…persi i sapori
Alessio, perfettamente d’accordo con te. Persa la Cultura contadina, perse molte competenze che erano la “base” della vita di qualunque persona, molti di noi si fanno rifilare vere “bufale” alimentare, quando non vere e proprie frodi che purtroppo, nonostante tutte le norme messe in campo finora (a mio modo di vedere per una sostanziale incapacità di visione del legislatore, ma è un mio parere che se del caso posso argomentare più approfonditamente, ma in soldoni si lega molto alla tua opinione e quella, altrettanto lucida, del Sig. Oliveta della Torre), condizionano, anzi pongono un unico parametro di giudizio al mercato: quello del prezzo concorrenziale. Il fatto sostanziale secondo me è che il “valore di mercato” in presenza di queste bufale e frodi in commercio, con l’aggiunta dell’incapacità di giudizio “percettivo” autonomo del consumatore, è appiattito verso la qualità scadente e superscadente. Con ovvio danno irreparabile per chi produce oli di qualità. Per cui probabilmente anche questa norma sul tappo antirabbocco è il classico “chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati”.
E come la mettiamo con l’impatto ambientale? Quante bottigliette in vetro o lattine di metallo in più vanno a finire nella spazzatura se a ogni quarto tavolo bisogna aprire un nuovo contenitore? Andate ad aprire i cassonetti vicino ai ristoranti, in media solo 2 o 3 su 10 fanno la differenziata..
E come la mettiamo con il costo supplementare che comporta per il ristoratore triplicare o quadruplicare il magazzino? Se li detrae dal proprio margine di guadagno, già ridotto all’osso, o li ricarica sul costo del coperto facendo lievitare il conto e rischiando di farsi dare del disonesto?
E come la mettiamo con la qualità dell’olio nel contenitore provvisto di tappo antirabbocco? Reperire contenitori a misura di tavolino, p. es. da 250 ml, non è proprio una passeggiata: solo gli oleifici e i produttori a livello industriale sono in grado di fornire olio evo in bottigliette da 250 ml a un costo abbordabile, e non certo di qualità DOP, IGP o BIO, a meno che non si entri nella sfera della ristorazione d’élite.
Il tappo antirabbocco è una foglia di fico legislativa, giustissima e sacrosanta per carità, ma solo in teoria.
Nella realtà dei fatti:
a) non tutela il consumatore, che poi alla fine si ritrova a condire con olio sicuramente non rabboccato ma proveniente da chissà quale miscela comunitaria o extracomunitaria oppure vecchio, e magari pagando un conto più salato;
b) non tutela il ristoratore, che deve far fronte a costi aggiuntivi in un settore già in forte crisi e oltretutto non può più scegliersi liberamente l’olio, magari quello del piccolo produttore locale di cui si fida;
c) non tutela i piccoli produttori che vengono anzi privati di un canale di sbocco per il loro olio;
c) non tutela l’ambiente, anzi, ne aumenta inesorabilmente la “carbon footprint”.
Non è così che si fanno le leggi.
Se l’olio viene somministrato tramite oliere? Con il sistema del tappo antirabbocco si produranno più bottiglie vuote = più rifiuti.
Senza costi per la collettività? Non direi proprio. Sono un consulente e come tale ho ovviamente diffuso la normativa. E’ nato un business anche per questo, il ristoratore paga di più la bottiglia ed è costretto ad aumentare i costi del servizio. Le oliere non vanno bene, occorre la bottiglia originale, etichettata e con tappo anti rabbocco. La trovo una normativa che in realtà non tutela affatto il consumatore finale, anche perchè riguarda solo l’olio conferito al cliente, in sala. E in cucina??????
invece di ridurre i rifiuti li aumentiamo? ma per favore il tappo anti rabbocco e’ un vero e proprio imbroglio e’ l’apice della complicazione . avete iniziato togliendo le buone e sane zuccheriere adesso continuate a far danno con questo tappo inquinante. vi piacciono proprio i rifiuti metteteveli a casa vostra. gli imballaggi vanno vietati e invece voi li santificate.
Da produttrice di olio evo( biologico ) ma soprattutto da frequentatrice di ristoranti vedo che sono pochissimi i ristoratori che rispettano la legge
Di certo il costo maggiorato non ricade sulla clientela del ristorante ma sul produttore e sul ristoratore
Quindi se non trovate bottigle antirabbocco diffidate del ristoratore ec cambiate ristorante: se è truffaldino con l’olio ovviamente a seguire…..
E’ bello vedere passione per le cose buone ma il provvedimento in questione parla di altro.
Vendere olio eccellente o un oliaccio è una parte del problema più generale della qualità degli alimentari vendibili e va gestito. Il provvedimento si occupa invece del passaggio successivo: un rabbocco scadente al ristorante è un “fattore aggiuntivo” che, se va bene, lascia il prodotto com’è (buono o cattivo che sia) ma può anche far peggiorare la situazione. Rispetto ad una oliera rabboccata, una bottiglia usa e getta è indubbiamente migliore quanto a igiene e rispondenza all’etichetta (sia EVO o palma) per chi deve (o vuole) regolarsi. Se poi l’etichetta è menzognera o l’olio è scadente di suo, non è una oliera anonima, unta e rabboccata a risolverlo.
Il paragone col vino sfuso non calza del tutto perché questo viene versato di volta in volta su un recipiente vuoto e pulito (anche un singolo bicchiere) e non gira ripetutamente su un contenitore non identificato che vive decine di passaggi prima di esaurirsi (e ogni volta può essere contaminato anche dai clienti).
Certo che i costi possono aumentare ma, a parità di qualità dell’olio, il diverso contenitore non ricade in modo così sconvolgente sul costo-olio che compete al singolo coperto. Pensiamo alle bottiglie in PET per l’acqua minerale. L’industria può produrre bottiglie piccole e leggere, anche in PET riciclabile, meno costose, soprattutto per prodotti “correnti” (un EVO da supermercato). Un’idea sono anche le bustine monodose.
Concordo pienamente anche con quanto detto da Oliveta della Torre (che ho poi scoperto essere l’azienda familiare di Giuseppe Russo) e sulle conclusioni dedotte sulla “realtà dei fatti”, con le considerazioni di Gianni Salvadori (in effetti, a parte le condivisibili considerazioni economiche, assolutamente cristallina la conclusione che il tappo antirabbocco potrebbe avere una funzione solo sulla tavola degli avventori, mantenendo il mistero più assoluto su quale olio venga usato in cucina) e pure con quelle di Roberto.
Invece non trovo del tutto convincente il giudizio di “fra diavolo”, oltre per le considerazioni di cui sopra, perché non capisco se costui pensi che siano davvero una soluzione utile le bottiglie in PET per offrire l’olio a tavola (cosa che mi sembra possa piuttosto denaturare il gusto autentico dell’olio) e pure le bustine monodose, già viste, sembrano adatte soprattutto ad oli anonimi e privi di personalità.
Ma allora non sarebbe piuttosto meglio obbligare a fornire a tavola piccole bottiglie solo chiuse, sigillate ed etichettate che il cliente porta via a fine pasto (ovviamente se è rimasto soddisfatto dell’olio in questione). Il cliente sicuramente pagherebbe qualcosa in più ma compenserebbe portandosi l’olio a casa ma soprattutto sulla tavola comparirebbero solo bottiglie chiuse e sigillate quindi altrettanto non rabboccabili. Poi se il cliente medio (anzi di gran lunga prevalente) non è in grado di discernere tra olio eccellente ed olio scadente il problema della qualità non è comunque risolto ma nemmeno col tappo antirabbocco può esserlo (chiunque può essere in grado di chiudere in una bottiglia con tappo antirabbocco un olio pessimo e non è nemmeno l’etichetta che può garantire, a meno che il cliente non conosca già l’azienda in questione o sappia giudicare autonomamente la qualità dell’olio).
In ogni caso resta il problema sostanzialmente irrisolvibile di quale olio venga usato in cucina.
Siamo comunque ancora lontanissimi dal momento in cui al tavolo possa venire accostato il “Carrello degli olii” dando al cliente la possibilità di scegliere quale olio abbinare alla pietanza che sta per mangiare, con eventualmente i consigli “della casa” (se sono in grado di darne). Forse questo potrebbe contribuire a far evolvere il gusto del consumatore che diverrebbe forse anche più in grado di distinguere se quello che il ristoratore ha usato in cucina sia comparabile con quello che gli viene presentato a tavola.