Non è ancora un boom, ma poco alla volta aumentano i prodotti alimentari con un QR code sulla confezione (vedi foto). I misteriosi simboli quadrettati sono codici a barre bidimensionali leggibili con uno smartphone o un tablet. Basta inquadrare il codice con la fotocamera del dispositivo mobile e in un attimo si ha accesso a una ricca serie di informazioni che non potrebbero trovare posto sulla confezione.
Uno dei primi ad usare il QR code è stato il formaggio a pasta dura Gran Moravia, del gruppo Brazzale, che ha fatto una grossa campagna pubblicitaria in cui evidenzia la presenza del codice quadrettato per illustrare la filiera, risalire all’origine e misurare anche l’impronta idrica in un sito dedicato. In questo modo i consumatori si rendono conto che il formaggio non è prodotto in Italia, ma in Moravia, una regione della Repubblica Ceca.
Navigando con il QR si trovano mappe sugli stabilimenti di produzione, un video sulla lavorazione del formaggio, una galleria di foto dei pascoli e dettagli sulle caratteristiche e sulle certificazioni ecosostenibili della filiera.
Puntano sul tema dell’origine e della rintracciabilità anche i produttori di alcuni consorzi del cuneese (patata di Entracque, della Bisalta e dell’Alta Valle Belbo e carota di San Rocco Castagnaretta). Il QR code presente sulle confezioni indica l’azienda di provenienza del prodotto e le date di semina, raccolta e confezionamento. L’iniziativa rientra in un progetto europeo sui prodotti del territorio al quale ha aderito la Camera di commercio di Cuneo.
E ancora: permette di accedere a schede dettagliate sulla zona di produzione, i vitigni utilizzati, i metodi di vinificazione e di affinamento il codice stampato sulle etichette dei vini Barone Ricasoli di Gaiole di Chianti, mentre quello della cantina Carpineto di Greve in Chianti offre anche consigli per la degustazione e l’abbinamento e un form per commenti. Il pastificio Delverde, invece, usa il codice multimediale soprattutto per proporre ricette (anche in formato video) e notizie sull’azienda.
E non sono solo produttori medio-grandi a utilizzare la novità tecnologica, desiderosi di un canale di comunicazione in più con i propri consumatori. Anche le piccole o piccolissime imprese cominciano a scegliere la stessa strada. È il caso dell’Azienda agricola Stefania Bonansea di Pragelato (Torino), che da alcuni anni ha recuperato la produzione del Rivet d’OR, un formaggio a latte crudo della tradizione locale, praticamente scomparso. Ne esistono diverse tipologie: quello invernale, quello estivo prodotto da pascoli esposti a Sud, quello sempre estivo ma prodotto da pascoli a Nord. Per ciascuno c’è un QR code specifico, che rimanda a informazioni sulle caratteristiche nutrizionali e organolettiche del prodotto. Da lì è un attimo arrivare al sito, in cui si racconta la storia dell’azienda e del formaggio.
«L’idea di utilizzare il QR code per veicolare informazioni in più, in un momento in cui smartphone e tablet sono sempre più diffusi, è buona, ma deve essere calibrata in modo accurato», commenta Luca Pellegrini, ordinario di marketing all’Università Iulm. «Ci deve essere coerenza tra il mezzo, il messaggio e il luogo in cui lo si consulta. Chi si metterebbe a guardare un video di 5 minuti mentre sta facendo la spesa al supermercato?». Insomma, per Pellegrini va bene se questa opportunità viene colta per dare qualche dato puntuale in più, per spiegare bene un’etichetta, per aggiungere un’informazione importante che non trova posto altrove, altrimenti rischia di diventare un’occasione persa.
Valentina Murelli
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