Per dimagrire bisogna assumere meno calorie di quelle necessarie e fare attività fisica: il deficit energetico aiuterà a eliminare le riserve. Questo il mantra di tutte le diete. Ma la realtà è un’altra, perché nella maggior parte dei casi (secondo alcuni studi in otto casi su dieci), anche quando si perde peso si tende poi a riacquistarlo dopo intervalli di tempo più o meno lunghi. Come mai? Secondo Peter Wilson, giornalista scientifico, che all’argomento dedica un lungo articolo sul supplemento dell’Economist 1843, il motivo sta nell’ossessione per le calorie, che sono un’entità scientificamente abbastanza attendibile, ma nella realtà diventano qualcosa di molto meno chiaro.
Le calorie, sottolinea Wilson, sono ovunque: sugli alimenti e sulle bevande, sui menu e sui sistemi per il monitoraggio dell’attività fisica. Sovente i numeri riportati sono sbagliati e non di poco: in media del 20% per difetto, con estremi del 70% di errore in alcuni alimenti pronti surgelati.
Bisogna poi considerare che ognuno ha un suo metabolismo, un corredo di batteri, un patrimonio genetico (che fa cambiare anche di quattro volte la capacità di metabolizzare nutrienti come ad esempio gli zuccheri) e un intestino (la cui lunghezza può variare di decine di centimetri). Quindi ogni persona consuma la stessa quantità di calorie in modo diverso, impiegando un tempo di digestione che può variare molto (il percorso del cibo ds quanto viene ingerito a quando finisce la digestione può durare da 8 a 80 ore, ricorda Wilson). Bisognerebbe poi considerare anche come il cibo viene cucinato e le categorie di nutrienti di cui è composto.
Il ruolo cruciale delle calorie ha radici antiche, fatte risalire da Wilson al medico italiano Santorio Sanctorius, che alla fine del XVI secolo per primo propose l’idea di associare il cibo al peso corporeo. Wilbur Atwater cambiò il modo di pensare agli alimenti alla fine dell’Ottocento, trasformando un fenomeno complesso come il metabolismo in una sommatoria di calorie tutte uguali, a prescindere dall’origine e dalla composizione. Secondo Atwater era sufficiente calcolare quanta energia avrebbe prodotto un certo alimento una volta bruciato nel calorimetro, per capire quanto peso avrebbe fatto acquistare o meno. Da lì a trasmettere il principio che per perdere peso basti diminuire le calorie il passo è stato breve. L’idea ha resistito fino a oggi e ha plasmato tutto il sistema alimentare. Secondo Wilson, questa è un’idea obsoleta perché il corpo umano è molto, molto diverso da un calorimetro.
Per ora non ci sono molte alternative, perché modificare un sistema radicato in tutto il mondo, pur ormai palesemente inefficace, ambiguo, e vecchio di oltre un secolo, è complicato. L’unica organizzazione internazionale privata ad avere abbandonato il metodo di calcolo è Weight Watchers che ha deciso di insistere sulla qualità del cibo. Ma se non altro è opportuno iniziare a parlarne.
Dal punto di vista pratico, Wilson per ora consiglia di smettere di leggere le calorie e concentrarsi sulla qualità del cibo e sulla vera sensazione di fame, piuttosto che sull’idea di mangiare, e di svolgere regolarmente attività fisica. Un’idea ripresa anche dalla BBC, con un articolo dedicato a quella che sembra essere la nuova tendenza in fatto di diete. Non seguire una dieta ma solo il proprio intuito, che permette e anzi spinge a mangiare di tutto, assecondando il senso di fame e cercando di mangiare solo alimenti sani, poco lavorati e soprattutto vari: a prescindere dalle calorie.
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Giornalista scientifica
Quello dell’economist è solo l’ennesimo articolo che segue la moda recente degli articoli contro la teoria del bilancio energetico. Sempre le stesse affermazioni: non funziona, le calorie indicate sui prodotti sono sbagliate ma comunque conta poco visto che sono misurate con un calorimetro ed il corpo umano non è una stufa.
E nessuno di questi propone un’alternativa per quei poveretti che magari sono in sovrappeso da anni.
Se posso descrivere schematicamente la mia opinione in merito(da non nutrizionista ma non credo siano opinioni controverse, tutte ovvietà):
1- Il modello del bilancio energetico è un’ approssimazione ed è da considerare tale. Dire che non funziona o è inutile è scorretto, dire di affidarsi al “senso di fame” è una castroneria epica. Gente che ha seguito un’alimentazione errata per anni ha un senso della fame distorto. Più facile contare le calorie e imparare a capire quando si è mangiato abbastanza. Preoccuparsi più del bilancio medio settimanale del rientrare esattamente nel numero di calorie giornaliere.
2- Certamente 1000kcal di zucchero non sono come 1000kcal di cibo vero. Oltre a considerare il bilancio energetico eliminare qualsiasi cosa processata, zero zucchero o dolcificanti, scegliere alimenti integrali e aumentare la quantità di vegetali.
In tanti casi bisogna rieducare il palato e la mente ad un’alimentazione più equilibrata. In tanti casi bisogna rieducare alla selezione degli alimenti da consumare.
3- Oltre a tracciare le calorie, fare la stessa cosa con macronutrienti (senza demonizzare carboidrati o grassi, assicurarsi di assumere sufficienti proteine ) e micronutrienti(meglio se non tramite integrazione).
4- L’attività fisica purtroppo non è opzionale, specie per chi vuole perdere peso o ristrutturare la propria composizione corporea. L’apporto calorico minimo richiesto è legato alla quantità di attività fisica (compresa quella NEAT), le due cose sono da regolare in base ai propri obiettivi.
5- Non bastano poche semplici regoline purtroppo, e non tutte le situazioni si risolvono con il fai da te. Ma non venitemi a raccontare che sia impossibile perdere una/due decina di kg l’anno da soli con un po’ di costanza e impegno partendo da quanto descritto sopra.
Insomma, il bilancio energetico è un tassello utile di una strategia più ampia. Ovvio che poi non si dimagrisce o sopravvive consumando solo patatine purché si rispetti il bilancio energetico.
A cosa servono articoli come quello dell’economist? A confondere e far desistere la gente? Non mi stupirei di leggere prima o poi articoli che minimizzano gli effetti dell’attività fisica aggiuntiva per il dimagrimento ( in realtà, ne ho già letti).
L’articolo non mi sembra voglia criminalizzare le calorie quanto evidenziare aspetti che effettivamente non sono chiari. Il suo prospetto “da non nutrizionista” sembra di buon senso e condivisibile
IL problema è che la nutrizione, come ogni altro mercato, vende il prodotto che il cliente vuole. IL cliete sovrappeso medio, poco motivato, non vuole fare fatica, nè mentale nè fisica. Dicendogli che non deve calcolare nulla e che non deve muoversi più di tanto ( il cuore, le ginocchia, troppi rischi!) lo si soddisfa senza risolvere nulla. Il sistema però incassa la parcella del medico, del nutrizionista, del naturopata e chi più ne ha più ne metta.
Purtroppo solo chi si informa veramente capisce che le “diete”(intese come mode), le domande “questo e quell’alimento fanno ingrassare?” e altre amenità simili sono a uso e consumo di chi è totalmente digiuno della materia e cerca soluzioni semplicistiche a un proble che andrebbe affrontato in profondità (perchè si mangia tanto? Come modificare le abitudini a prescindere dal peso? Come evitare le ricadute?)
mi sembra un metodo molto più sensato rispetto al conteggio delle calorie.
Aggiungo all’argomento quello che insegno alle mie figlie: ci sono calorie “vuote” (alcool ad esempio o gr4assi trans) e calorie “piene” (arachidi, pasta..)
Le calorie sono un’unità di misura fisica. Non si possono piegare alla moda del momento.
è Altresì un dato di fatto che il grasso abbia un suo contenuto specifico di calorie e che venga creato dal metabolismo.
Dire che la teoria del bilancio calorico è obsoleta è fare un errore madornale perchè, fisicamente, il corpo funziona così. Non ci sono interpretazioni possibili. Se si introducono meno calorie di quante se ne consumano si dimagrisce, altrimenti si accumula. La qualità dei cibi nulla c’entra in questo discorso se non per la sazietà, la distribuzione dei macronutrienti e altri aspetti che, anche se importanti e fondamentali, sono comunque secondari nel dimangrimento.
Il concentrarsi sulla sensazione di fame poi è un’altra bufala. La fame deriva dai cali di glicemia che, soprattutto nelle persone sovrappeso, sono fuori controllo per via di un’alimentazione sbagliata e ipercalorica. Se persone così si concentrassero sulla sensazione di fame, mangerebbero tutto il giorno aggravando ulteriormente il problema. Diverso discorso per chi segue una dieta ipocalorica ed equilibrata.
Anche se il sistema del conteggio calorico non è perfetto ( e non lo è soprattutto per le approssimazioni e gli errori di chi lo pratica, non per difetti intrinsechi) almeno è scientifico. Quindi sicuramente migliore di questa pseudoscienza che segue le mode e cerca di rendere una cosa faticosa (il dimagrimento) a misura di pigrizia, in perfetto stile “perdi 20 chili con 1 minuto al giorni di impegno”
mi trovo d’accordo..
C’è il metodo scientifico delle calorie più o meno preciso, o precisamente applicato come dice correttamente Luca, poi ci sono le opportune scelte di qualità e composizione dei pasti, che dipendono dalla soggettività del metabolismo e dello stile di vita individuale, dove la sedentarietà e la pigrizia pesano come e quanto le calorie.
Ma anche la composizione degli alimenti introdotti ed il bilanciamento del carico glicemico ad ogni pasto, perché un conto è soddisfare il fabbisogno calorico prevalentemente con amidi, o grassi, o proteine, senza fibre e sali minerali, altro conto è comporre un pasto completo e vario ricco di tutte le componenti nutrizionali; meglio se di buona qualità.
E una soddisfacente sazietà sarà più facile da raggiungere con una buona masticazione e meno quantità di cibo totale introdotto.
Perché tra noi e le caldaie a livello biologico non cambia niente, questa è stringi stringi la teoria delle calorie, questo articolo mette giustamente in luce le criticità di questa teoria che è vera in parte ma che cambia anche in base al tipo di alimento, le calorie non sono tutte uguali.
No, questo è quello che lei pensa che sia la teoria delle calorie.
La “teoria delle calorie” è come la prima legge di Newton: è sbagliata, ma nel 99,99% dei casi funziona benissimo.
Enzo Spisni mi ha spiegato che il cibo, oltre a produrre energia, fa altre cose. Ha almeno due effetti:uno chiamato sensing, grazie al quale attiva diversi tipi di reazioni metaboliche, e un altro chiamato signalling, per il quale agisce direttamente sui geni: efeftti che non hanno nulla a che vedere con l’energia. Questo è il motivo per cui i dolcificanti, privi di calorie, non fanno dimagrire. O per il quale il grasso non è tutto uguale: olio extravergine di oliva e strutto, a parità di calorie, sono profondamente diversi per il corpo. O per il quale la frutta secca, ipercalorica, in realtà aiuta a perdere peso, in piccole quantità. Poi contano i geni, la microflora, l’ora del giorno e molte altre cose, ai fini del peso.
Non si tratta affatto di mode ma solo del fatto che le calorie sono state proposte nell’ottocento, quando tutto ciò non era noto: si è trattato di un grande passo in avanti, ormai però obsoleto. E oggi non possiamo continuare a pensare che il corpo umano sia assimilabile a un calorimetro. Ciascuno deve conoscere il proprio metabolismo e in base a quello (stabilito insieme a un medico) imparare a mangiare sano e in modo da non prendere peso. Ed evitare sempre il fai da te
Tutte cose molto belle, il signaling e il sensing, la frutta secca che fa dimagrire, ma solo se ne mangi poca eh!
Però se vuoi dimagrire devi mangiare meno calorie, guardacaso.
E se questo non è vero, Spisni diventerà il nuovo premio Nobel per la medicina, per aver dimostrato che grazie al sensing e al signaling puoi mangiare 4000 kcal al giorno e rimanere magro.
Spisni e moltissimi altri nutrizionisti non dicono affatto che si possono mangiare 4.000 calorie e rimanere magri. Le calorie sono e rimangono uno strumento di valutazione utile. Il punto è che il loro significato è molto ridimensionato rispetto al passato e quindi non bisogna fare affidamento solo su quelle.
Oltre alle calorie entrano in gioco molti altri fattori, come può constatare in centinaia di studi scientifici fatti nei laboratori di tutto il mondo che lo hanno messo in evidenza negli ultimi anni. Dopodiché il buonsenso deve sempre venire in aiuto: assumere il doppio del cibo consigliato difficilmente può essere un’azione senza conseguenze sul corpo, e non solo in termini di peso
Il ridimensionamento del modello a calorie avverrà quando qualcuno dimostrerà che è possibile dimagrire SENZA una restrizione calorica. Finché per per dimagrire sarà NECESSARIA una restrizione calorica, nessuno avrà ridimensionato un bel niente.
Vogliono demolire il “modello a calorie”?
Facciano uno studio dove fanno mangiare 3000 kcal al giorno a donne sedentarie senza farle ingrassare.
Non lo fanno? E allora se ne stiano zitti invece di pubblicare il solito articolo acchiappalike.
Il fatto che la gente non riesca a limitare le calorie giornaliere non significa che limitarle non faccia dimagrire.
Altrimenti poi si fa credere alla gente che non è che non riesce a dimagrire perché non ce la fa a mangiare poco e l’unica attività fisica che fa è quella di scendere dal letto la mattina… No no. È colpa dei batteri intestinali, quei cattivoni.
Di fronte a tanta scienza e conoscenza non mi permetto di dire nulla, se non che il cibo, non necessariamente poco sano, sia esso salato o dolce, assume molto spesso il ruolo di fattore gratificante, andando in modo illusorio e successivamente inevitabilmente punitivo, a coprire, se non a sostituire quelle di origine psicologica. Una tavoletta di cioccolata (si fa per dire) davanti alla tv mentre la guardi e pensi a ben altro è il classico deplorevole esempio Poi ogni creatura ha un suo metabolismo, che brucia più o meno, quanto all’età e come essa influisca non ne parliamo (es. la menopausa che in realtà è un troppa pausa…) Non entro nel merito, ma credo che prima di affrontare una dieta dimagrante, ci si dovrebbe porre la domanda come specialisti? Lei signor /signora Pinco Pallo come è messo di testa? Scusate la banalizzazione