In Francia, Emmanuel Macron ha annunciato, durante la visita al Salone dell’Agricoltura, di voler adottare un prezzo minimo per i prodotti alimentari in grado di “proteggere i redditi degli agricoltori”. La proposta ha preso in contropiede gli addetti ai lavori perché presuppone un accordo tra gli attori delle filiere che devono definire ‘prezzi minimi’ per tutelare il reddito delle aziende agricole, di solito svantaggiate nella trattativa con l’industria di trasformazione e con la grande distribuzione.
Il provvedimento, rivendicato da molto tempo dai sindacati di sinistra, mira a costruire prezzi che prendono in considerazione tutti i costi di produzione. Altri operatori del settore non sono d’accordo perché la norma rischia di rendere le merci francesi troppo costose rispetto a quelle degli altri paesi. Una situazione che esporrebbe gli operatori a concorrenza sleale.
La metodologia e gli indicatori da utilizzare sono già presenti nella legge Egalim del 2021, pensata per permettere di arrivare a un livello di prezzo al di sotto del quale non si può scendere durante le trattative.
Prezzi minimi garantiti per gli agricoltori
La legge EGAlim del 2018, rafforzata nel 2021 e poi nel 2023, non fissa un prezzo minimo ma un ‘intervallo’ all’interno del quale il prezzo di vendita può variare, tenendo conto dei costi di produzione. La disposizione riguarda per il momento solo la carne bovina e suina e la filiera lattiero-casearia (mucca, pecora e capra). La legge viene criticata perché prevede controlli molto graduali prima di sanzionare gli operatori che non rispettano le regole. La Corte dei conti nel mese di febbraio 2024 ha lamentato l’assenza di sanzioni efficaci. Così facendo il legislatore ha voluto introdurre il principio della non negoziabilità del prezzo delle materie prime agricole in modo da preservare, almeno in teoria, la remunerazione degli agricoltori.
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Ricordo che subito dopo la seconda guerra mondiale esisteva una normativa che prevedeva il cosiddetto “ammasso del grano”.
Sono andato a controllare su Wikipedia di cosa si trattasse e ho letto che su base obbligatoria o volontaria, consentiva agli agricoltori di conferire ad una struttura pubblica la propria produzione ad un prezzo prefissato che ritengo consentisse di non dover vendere a prezzo stracciato ai grossisti. Ho letto in un altro vostro articolo che ormai i prezzi sono decisi da un cartello di grandi azionisti che “scommettono” sul prezzo condizionando il mercato tant’è che ormai NON è più un vero mercato. Mi pare sia arrivato il momento che intervengano i politici per far ritornare in funzione il VERO mercato e per stroncare tutte quelle attività che invece condizionano ormai la vita di produttori e consumatori. E dimostrare così che non dipendono dal finanziamento di tali speculatori per sostenere le loro campagne elettorali.
Bisogna calmierare tutto, non solo gli alimentari. A cominciare dalle utenze di luce, acqua, gas e telefono.
Io invece ricordo che negli anni settanta del secolo scorso per alcuni tipi di prodotti, come ad esempio alcuni tipi di pane, il governo aveva istituito il prezzo massimo al pubblico… risultato?
Gli articoli col prezzo bloccato era difficilissimo trovarli in vendita…praticamente introvabili nei negozi.
La proposta pala di prezzo minimo
La mia considerazione era per analogia: quando lo Stato mette lo zampino nelle dinamiche commerciali, il rischio è che si crei una situazione abnorme…con la cura peggiore del male.
Si serve un prezzo minimo per rispettare chi produce, non chi vende.
Ma serve sopratutto che tutte le restrizoini imposte ai produttori italiani ed europei siano estese a tutti quelli che vogliono esportare in europa, altrimenti e’ una presa in giro e il sacrificio dell’agricoltura europea.