
Le ciliegie sono ormai uno dei pochi frutti che mantengono una spiccata stagionalità. Dolci e succose, maturano all’inizio dell’estate e sono amate da tutti. Sono anche fra i frutti più costosi e quest’anno, in particolare, i prezzi hanno raggiunto livelli record.
Nelle principali catene di supermercati, a metà giugno, si spendono da 12 a 15 €/kg, con punte di 16-18 €/kg per quelle biologiche. La forbice però è più larga, perché si passa dai 7-8 €/kg che possiamo trovare nei mercati rionali per le ciliegie di calibro più piccolo, fino ai 23 €/kg per le varietà più pregiate dai fruttivendoli di città come Milano. Secondo i dati Ismea, a metà giugno, i prezzi delle ciliegie all’origine si attestano fra 3 e 5 €/kg, che triplicano prima di arrivare al consumatore finale, a causa anche della delicatezza e deperibilità del frutto.

Da cosa dipende il prezzo delle ciliegie
Il prezzo è correlato a diversi fattori come ad esempio la varietà. Alcune, come le ciliegie Ferrovia, di origine pugliese, con frutto grosso, molto dolce e polpa croccante, sono più pregiate. Influenza il costo anche il calibro e la ‘perfezione’ dei frutti, infatti ai mercati rionali, oppure acquistando direttamente dei produttori, il prezzo è inferiore perché si trovano anche ciliegie di seconda scelta, sane ma magari più piccole, o con qualche difetto estetico, che non sono commercializzate nei supermercati o dai fruttivendoli del centro città. Il prezzo varia anche in base alla regione e infatti diminuisce nelle zone di produzione. Il prezzo sale per le ciliegie biologiche, per via della quota maggiore di scarto. Infine, come accade in molti altri casi, la posizione e il format del punto vendita fanno lievitare i listini.
Pur considerando la forbice di prezzo, si tratta di un frutto costoso, e quest’anno più della media. A cosa è dovuto? Questo accade per diversi motivi, in gran parte collegati alle loro caratteristiche intrinseche: le ciliegie sono delicate e la produzione dipende molto dalle condizioni climatiche, inoltre sono facilmente deperibili e l’import, che, in generale, viene in soccorso quando manca il prodotto nazionale, incide in modo piuttosto limitato.
Gli effetti del meteo avverso
In Italia si producono in media 100 mila tonnellate di ciliegie all’anno, mentre le importazioni variano a seconda dell’annata (nel 2023 sono state pari a 12 mila tonnellate e hanno visto Grecia, Spagna e Turchia come principali fornitori). Le regioni più importanti per la cerasicoltura sono la Puglia, con il 35% della produzione, e la Campania, da cui proviene il 23% delle ciliegie in commercio. Sono zone di produzione anche l’Emilia-Romagna e il Veneto.

Quest’anno il raccolto è stato ridotto a causa delle condizioni meteo avverse, che hanno colpito in particolare le regioni meridionali. Prima le gelate tardive di marzo-aprile hanno compromesso le fioriture, successivamente, le piogge abbondanti e le grandinate del mese di maggio hanno danneggiato frutti in via di maturazione. Secondo i produttori pugliesi il raccolto sarebbe ridotto del 70%, sui mercati è venuta quindi a mancare buona parte della principale fornitura. A questo si aggiunge il fatto che la domanda da parte dei consumatori rimane comunque elevata, quindi i prezzi non scendono.
Le innovazioni che proteggono le ciliegie
Mentre i cerasicoltori pugliesi si lamentano del raccolto perduto, e non mancano quelli che decidono di rinunciare a questa coltura, nel modenese la produzione procede bene grazie a condizioni meteorologiche primaverili più clementi, ma anche a un approccio più moderno. In Emilia-Romagna si prediligono varietà che incontrano maggiormente il gradimento dei consumatori, con frutti grandi, croccanti e resistenti alle condizioni avverse. Inoltre si utilizzano teli multifunzione che proteggono i frutti sia dall’attacco da parte di insetti parassiti, sia dalla grandine e dalla pioggia eccessiva che potrebbe spaccare le ciliegie in maturazione. Nel modenese inoltre si coltiva il durone di Vignola Igp, quindi la presenza di un consorzio e di una certificazione riconosciuta permette di entrare sul mercato con prezzi più elevati.
Insomma, i prezzi sono alti ma la domanda di ciliegie rimane elevata. Ottimizzare la produzione adottando accorgimenti più moderni converrebbe sia ai produttori, che si godrebbero i frutti di un raccolto redditizio, sia ai consumatori, che troverebbero prezzi più accessibili.
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Giornalista pubblicista, laureata in Scienze biologiche e in Scienze naturali. Dopo la laurea, ha collaborato per alcuni anni con l’Università di Bologna e con il CNR, per ricerche nell’ambito dell’ecologia marina. Dal 1990 al 2017 si è occupata della stesura di testi parascolastici di argomento chimico-biologico per Alpha Test. Ha collaborato per diversi anni con il Corriere della Sera. Dal 2016 collabora con Il Fatto Alimentare. Da sempre interessata ai temi legati ad ambiente e sostenibilità, da alcuni anni si occupa in particolare di alimentazione: dalle etichette alle filiere produttive, agli aspetti nutrizionali.
I produttori si lamentano sempre. Il capitalismo va cancellato e si deve tornare al mercato dai piccoli produttori.
Se le tengano! Peccato che oggi non valga più la vecchia “formula: “dopo s. Giuann i scires fan el cagnot”!
(dopo San Giovanni le ciliegie fanno in cagnotto)
F
Alcuni giorni fa entrando in un supermercato della Puglia. ho visto che le ciliegie avevano toccato il prezzo di 10 euro al Kg.. Bè come ha scritto un altra utente nel commentare l articolo “Ve le potete tenere “…Ho optato nel comprare le pesche e l anguria per rinfrescarmi dal gran caldo umido di questi giorni..
La motivazione vera è che le catene dei spmk debbono spingere ciliegie di provenienza estera a scapito di quelle italiane decisamente più buone e spinte al rialzo a danno di consumatori e produttori
Tutta questa domanda di ciliegie io nonnè che la vedo. Vedo pochissimo prodotto nei supermercati e quel poco rimane lí