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Raramente mi è successo di trattare un argomento e non trovare interlocutori da intervistare. Il tema è quello dei polli, la carne più diffusa e consumata ogni giorno da decine di milioni di italiani. Vengono mangiati arrosto, al forno, fritto ma anche, a volte senza saperlo, sotto forma di cotolette impanate, nuggets e würstel. In sei mesi non sono riuscito a trovare un allevatore disposto a spiegarmi come funziona la filiera, un veterinario che opera nei macelli disposto a farsi intervistare, un operatore del settore disposto a darmi informazioni sui rapporti commerciali fra aziende leader di mercato e allevatori.

Le uniche interviste che ho ottenuto sono dovute restare anonime, come quando si parla di argomenti scottanti. Paradossalmente l’unico operatore che ci ha messo la faccia e ha risposto alle domande in modo esaustivo è stato Aviagen. Il nome è sconosciuto ai più ma si tratta della multinazionale leader mondiale nella produzione di pulcini destinati a diventare in poco più d’un mese polli adulti da macellare. Possiamo dire tranquillamente che tutti i polli a crescita rapida in Italia sono uguali e provengono da Aviagen.

Polli da carne in un allevamento intensivo
I polli hanno una vita di stenti che si preferisce non raccontare

I polli e il silenzio

Dopo questo percorso a ostacoli, ho deciso che l’argomento meritava un approfondimento proprio perché nessuno ne vuole parlare. Persino le catene di supermercati come Esselunga, Carrefour e Coop hanno preferito non sbilanciarsi. L’idea che mi sono fatto degli allevamenti intensivi dopo 20 articoli e sei mesi di ricerche è che si tratta di catene di montaggio dove, al posto delle autovetture ci sono animali vivi, con una vita programmata in ogni dettaglio. Una vita di stenti che si preferisce non raccontare per non suscitare sentimenti di ostilità verso un settore che crea un numero elevato di posti di lavoro e spesso dà buoni profitti. Ma il 90% del mercato fa capo a tre marchi: Aia, Amadori e Fileni. Nessuno dei tre rilascia interviste, nessuno risponde alle domande, parimenti l’associazione di categoria, con il chiaro intento di nascondere realtà scomode.

Poi ci sono i veterinari con cui ho cercato di confrontarmi. Tranne rarissime eccezioni, i veterinari che operano negli allevamenti faticano a dire che i polli sono malati. I veterinari che operano nei macelli non negano le sofferenze, alcuni ammettono l’esistenza di patologie croniche, ma non trattandosi di problematiche collegate ad aspetti igienico sanitari, danno il benestare alla macellazione. Per loro è tutto regolare, perché il protocollo sul benessere animale è assolutamente inadeguato e non contempla le criticità che abitualmente si vedono negli allevamenti. In questa situazione dove è pressoché impossibile fare domande alle aziende e anche i veterinari sono reticenti, diventa difficile fare conoscere la situazione perché nessuno vuole mettere in cattiva luce gli allevamenti.

Gli allevamenti

Stiamo parlando di polli allevati a terra in grandi capannoni dove razzolano 10 mila animali selezionati geneticamente per crescere velocemente e in un modo esagerato (anche 100 g al giorno) ed essere portati al macello dopo 35-42 giorni. La macellazione è necessaria perché gli animali dopo 4-5 settimane hanno un petto talmente iper sviluppato da non riuscire a camminare. Tenerli in vita da un punto di vista economico non conviene, e poi bisogna essere disposti a un incremento esagerato del numero di polli che muoiono.

Zampe polli ustionate
Un altro problema poco conosciuto riguarda le ustioni (hock burns)

Resta il fatto che nei capannoni il benessere animale è un concetto relativo. Non mi riferisco ai maltrattamenti degli operatori ai danni di animali indifesi che vengono dai ripresi da telecamere nascoste e poi diffusi come scoop. Questi episodi sono isolati e per fortuna non sono rappresentativi della realtà. Il “benessere” di cui parlo riguarda il sistema di crescita adottato in tutti gli allevamenti intensivi. Ottenere in 35 giorni un pollo che pesa 2,5 kg e ha un petto da 500 g anziché 300 come succedeva 40 anni fa, è frutto di ingegneria genetica. Questi polli hanno una velocità di crescita tripla rispetto ai loro “cugini” degli anni ’50. Lo sviluppo muscolare ultrarapido non è però supportato dallo scheletro che rimane quello di un pulcinotto e quindi non in grado di sostenere il peso.

Una carne “segnata”

Per rendersi conto di questa anomalia basta osservare i petti di pollo nei banchi frigorifero del supermercati. L’80% mostra strisce bianche (white striping) visibili ad occhio nudo. Non si tratta di grasso intramuscolare, come quello che caratterizza la carne bovina di buona qualità, ma di strisce di tessuto connettivo fibroso che si formano in seguito allo sviluppo muscolare. Si tratta di una miopatia, ovvero di un’infiammazione ai muscoli causata dalla crescita accelerata. Secondo autori come Francesco Prisco e altri ricercatori si tratta di una malattia che modifica anche la composizione nutrizionale.

Per questo motivo i polli diventati esageratamente “grandi” nelle ultime settimane di vita si muovono a fatica, molti zoppicano e soffrono di dolori alle articolazioni perché i legamenti non riescono a supportare la massa corporea. Prova ne è l’indice di mortalità in questi allevamenti che risulta quasi doppio rispetto alle razze a crescita lenta. Se le strisce bianche modificano solo in parte le caratteristiche organolettiche, altri difetti come la carne legnosa o i muscoli a spaghetti sono un problema serio. I polli affetti da questi problemi muscolari  perdono valore commerciale e vengono venduti a poco prezzo. Il più delle volte le carcasse di questi animali finiscono alle aziende di trasformazione per diventare spiedini, nugget, crocchette e quant’altro.

Le bruciature

Un altro problema poco conosciuto riguarda le ustioni (hock burns). Secondo dati fornitici dal Ministero della Salute riguardanti 99 allevamenti situati in Lombardia ed Emilia-Romagna, il 60% degli animali presenta ustioni alle zampe (spesso su tutta la superficie). Il problema è diffusissimo perché i polli a crescita rapida hanno poco spazio a disposizione, si muovono con difficoltà e la maggior parte del tempo restano accucciati su una lettiera umida per le troppe deiezioni che favoriscono la formazioni delle ustioni alle zampe.

Per i veterinari che seguono i controlli nei macelli deformità, strisce bianche e ustioni rappresentano la normalità. Il protocollo sul benessere animale contempla solo in minima parte queste criticità e i veterinari, anche se riconoscono le sofferenze e le patologie dei polli, devono dare il benestare alla macellazione perché si tratta di elementi che non determinano problemi igienico sanitari.

Il paradosso di questa situazione è che ormai i polli allevati in questo sono un prodotto proposto a prezzi stracciati, per cui  al supermercato il pollo arrostito ancora caldo pronto da mangiare costa meno delle verdure bollite.

© Riproduzione riservata. Foto: Depositphots

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Umberto
Umberto
19 Febbraio 2025 14:10

Ottimo articolo su una tristissima e scomoda realtà. Spero sia letto da tanti (i polli interessano a pochi). Spero serva a anche a smuovere sti tanti a cambiare un po’ la propria alimentazione.

Andrea Tesei
Andrea Tesei
19 Febbraio 2025 18:55

Bell’articolo. Le proporrei anche di approfondire gli effetti degli allevamenti
Sulla popolazione a causa dell’inquinamento di aria, acqua
Scoprirà anche qui un mondo fatto di omertà e di silenzi.

Maristella Zuccolin
Maristella Zuccolin
19 Febbraio 2025 20:48

La carne di animali sofferenti non può essere un buon alimento .
Questo potrebbe essere un motivo per rifiutarne l’acquisto , se non bastano i temi etici .

Roberto Chiara
Roberto Chiara
19 Febbraio 2025 21:12

Sempre più felice di essere vegetariano
Povere bestie

Rosamaria Fazio
Rosamaria Fazio
19 Febbraio 2025 23:42

Orrendo!!!!!!

Jean pierre Tancredi
Jean pierre Tancredi
20 Febbraio 2025 08:00

Ritengo preziosa questa informazione ma mi chiedo cosa poter mangiare qualcosa, in questo caso un pollo, di più salutare. Si è bombardati da una informazione sempre più diffusa di come le carni rosse siano pericolose per la salute umana e di preferire quelle bianche. Sembra di essere al bivio di una una strada senza più possibilità di uscita. È orrendo lo so ma sarebbe bello andare a scovare piccole aziende agricole, di allevamenti modesti, che si pongono al di fuori del grosso commercio, estranee alla logica del profitto. Mi piacerebbe pensarlo!

Michele
Michele
Reply to  Jean pierre Tancredi
20 Febbraio 2025 19:25

Semplice. Non mangiare ne l’uno ne l’altro…

Consuelo
Consuelo
20 Febbraio 2025 13:45

Grazie per aver affrontato e approfondito questo argomento. Il rispetto e il benessere animale, e una legislatura seria che vieti manipolazioni e che sia fatta rispettare: questi dovrebbero essere i pilastri di un paese davvero civile. Felice di non essere complice di questo abominio.

Rosa
Rosa
20 Febbraio 2025 14:55

L’unica cosa che si può fare è sensibilizzare la popolazione parlarne fino allo sfinimento affinché la gente capisca. Un grazie per il tuo intervento ma vorrei ce ne fossero centinaia di servizi di questo tipo. Inutile dirlo ma io non mangio polli e altra carne proveniente da supermercati.!!!!

Massimo
Massimo
20 Febbraio 2025 15:58

Buongiorno, ho letto il suo articolo ed in parte lo condivido.Bisogna fare però una riflessione, quanto noi consumatori siamo disposti a cambiare le nostre abitudini alimentari per pagare molto di più un pollo allevato in modo più naturale e soprattutto il fatto di acquistare il pollo intero e non soltanto la parte più pregiata e cioè il petto. Quando si descrivono certi metodi di allevamento, che non condivido, dobbiamo chiederci anche perché siamo arrivati a questo.
La saluto
Massimo Failli

Ornella Brughitta
Ornella Brughitta
20 Febbraio 2025 16:19

E’ veramente terribile quello che stiamo facendo agli animali, che sono esseri viventi e senzienti

Clay
Clay
20 Febbraio 2025 18:20

Come si può fare per intraprendere un consumo consapevole e ridotto di carne bianca, senza alimentare grandi Aziende capaci solo di parlare di profitti e mai della qualità degli allevamenti?
Non voglio più mangiare animali sofferenti e maltrattati durante la loro breve vita.

Daniele
Daniele
20 Febbraio 2025 20:29

Certo che siamo proprio strani noi vegani

Nicola
Nicola
21 Febbraio 2025 09:38

Quando lei dice ” e anche i veterinari sono reticenti” manca di rispetto ad un’ intera categoria di professionisti che quotidianamente si espongono per la difesa della salute umana ed animale e vengono insultati, minacciati ed anche aggrediti (le cronache ne sono piene) perchè fanno il loro dovere. Proprio oggi è l’anniversario della morte di Karel Von Bommel un veterinario belga che 30 anni fa venne ucciso perchè indagava sui trattamenti ormonali illeciti sugli animali. Fare passare i veterinari come personaggi reticenti e conniventi mi risulta estremamente triste.
Dire poi che lo “white stripping” sia un’infiammazione non è corretto e fuorviante, non avendo le caratteristiche tipiche della flogosi quali “rubor, tumor, calor, dolor, functio lesa” e pertanto non si tratterebbe di una miopatia ma di ipertrofia muscolare (genetica) con conseguente aumento anche del connettivo intramuscolare da cui le strisce bianche, diverso è il discorso invece sulle “hock burns” causate dalla lettiera che non viene rinnovata e dalle condizioni non ottimali di allevamento.
Da qui a ventilare il sospetto che siano carni di animali malati ce ne passa.
Che le condizioni di allevamento e selezione debbano essere migliorate e radicalmente cambiate è indiscutibile, così come il miglioramento del benessere animale.
E se tutti mangiassimo meno carne e pesce (a poco prezzo!) forse gli animali ne guadagnerebbero…

Umberto
Umberto
Reply to  Nicola
21 Febbraio 2025 13:16

Animali malati? A fine ciclo sono moribondi! Pure peggio!

Luca
Luca
21 Febbraio 2025 11:24

L’articolo evidenzia un aspetto drammatico e troppo spesso nascosto della filiera avicola: il silenzio assordante dell’industria e la normalizzazione della sofferenza. Il fatto che allevatori, veterinari e aziende rifiutino di parlare apertamente di questo sistema non è casuale: il modello produttivo basato sull’intensificazione e sullo sfruttamento animale è eticamente indifendibile e, per questo, preferiscono evitare il dibattito pubblico.

Il sistema di produzione dei polli a crescita rapida è l’epitome dell’allevamento intensivo: animali selezionati geneticamente per crescere in tempi record, con un corpo deformato dal peso e dallo sviluppo innaturale della muscolatura, costretti a vivere in condizioni di sovraffollamento estremo. Le conseguenze sono ben documentate: dolori articolari, miopatie, ustioni da contatto con le deiezioni e un’altissima mortalità. Eppure, nonostante l’evidenza delle sofferenze, il protocollo sul “benessere animale” è assolutamente inadeguato poiché inesistente, perché il sistema non è progettato per garantire il benessere, ma per massimizzare la produzione e il profitto.

Il silenzio di aziende come Aia, Amadori e Fileni conferma che la filiera avicola non vuole trasparenza. Se ciò che avviene negli allevamenti fosse davvero accettabile, non ci sarebbe motivo di nasconderlo. Le rare testimonianze anonime che emergono raccontano una realtà cruda, dove i veterinari stessi, pur riconoscendo le sofferenze degli animali, sono costretti a dichiarare regolare la macellazione di individui con patologie croniche, perché l’unico criterio preso in considerazione è quello igienico-sanitario.

Dovremmo interrogarci su come siamo arrivati a considerare “normale” tutto questo. L’industria avicola ha reso il pollo un prodotto di consumo a basso costo, un bene usa e getta, dimenticando che dietro ogni confezione di petto di pollo al supermercato c’è un essere senziente che ha vissuto una breve esistenza di sofferenza. Il fatto che un pollo arrostito pronto da mangiare costi meno delle verdure bollite non è un caso, ma il risultato di un sistema che ha trasformato la vita in merce. Inoltre la più grande fetta dei fondi della politica agricola comune (PAC) dell’UE, sono destinati proprio alla zootecnia. Questo implica che il costo della carne alla distribuzione, è solo l’ultima trance del reale costo, il resto è già pagato con le tasse dei cittadini europei.

Come attivisti antispecisti e abolizionisti, crediamo che la soluzione non possa essere semplicemente una riforma del sistema produttivo per mitigare le sofferenze, ma un cambiamento radicale che riconosca il diritto fondamentale degli animali a non essere sfruttati. La consapevolezza è il primo passo: articoli come questo, che mettono in luce la realtà dell’allevamento intensivo, devono servire da spunto per una riflessione più ampia sulla necessità di una transizione verso un mondo senza sfruttamento animale. Il nostro obiettivo non è migliorare la vita di questi animali nell’industria, ma porre fine all’industria stessa.

Piera
Piera
22 Febbraio 2025 13:53

E vergognoso vedere la sofferenza di questi polli e lo stato e indifferente a questo problema. non vede non vuole vedere cosa subiscono gli animali negli allenamenti intensi.Dov’è il benessere animale?

Roberto
Roberto
22 Febbraio 2025 15:26

Da consumatore ritengo prezioso il Vostro contributo ad una corretta informazione soprattutto quando si intrecciano non sempre comprensibili aspetti normativi con la salubrità degli alimenti, purtroppo parafrasando il titolo dell’articolo oramai il consumatore medio è visto come una “macchina da consumo” al quale somministrare sempre di più alimenti lavorati e costruiti. Il paese della dieta mediterranea che si ritrova fettine di pollo “sfibrate” a buon mercato sugli scaffali è quantomeno paradossale se si ritiene che la salute dei cittadini italiani passi per una corretta alimentazione. Quanto al benessere animale il punto a mio avviso è che esiste una normativa Comunitaria che forse non si vuole rispettare basta dirlo chiaramente.

Tonino Riccardi
Tonino Riccardi
26 Febbraio 2025 20:36

C’è un’altra “organizzazione” che non vuole parlare con nessuno. Tutta italiana ma esportata in tutto il mondo…

Maria
Maria
13 Marzo 2025 09:11

Non c’è niente da fare.
Forse solo se fossero
pericolosi per la salute umana si prenderebbe un po’ in considerazione la situazione .
Dei polli e della loro sventurata vita non interessa nulla incominciando dai consumatori purtroppo

Vanda Umari
Vanda Umari
13 Marzo 2025 09:33

Perché Il fatto alimentare prima mi permette di non accettare i cookie e poi mi occupa la maggior parte dello schermo con la scritta che, praticamente devo accettare?

Valeria Nardi
Reply to  Vanda Umari
13 Marzo 2025 13:03

Stiamo cambiano il provider per la gestione dei cookie, nelle prossime ore potrebbero esserci dei disservizi. Speriamo di sistemarli nel più breve tempo possibile

Daniela
Daniela
13 Marzo 2025 09:46

Buongiorno, proprio ieri ho acquistato una confezione di pollo Amadori che sull’etichetta scrive: ” benessere animale garantito, maggior spazio in allevamento, uso di luce naturale, alimentazione vegetale no OGM, senza antibiotici”…questo benessere animale, secondo lei, a cosa si riferisce? Qui a Tn c’è un macellaio che vende petti di pollo ruspanti, infatti sono più piccoli e gialli, questo è un elemento che può essere determinante? Grazie dell’eventuale risposta e grazie del suo lavoro

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