I perfluoroalchili o PFAS, definiti spesso come sostanze chimiche eterne, oltre a quelli già noti hanno anche un effetto che si trasmette dalle madri incinte ai figli maschi: danneggiano la conta spermatica e la motilità degli spermatozoi. E data l’ubiquità di queste sostanze, che sono circa 12.000, e che – secondo i CDC di Atlanta – si ritrovano nel 98% del sangue degli americani (e probabilmente in percentuali simili in quello dei cittadini di numerosi paesi), ciò potrebbe spiegare, almeno in parte, la bassa natalità di gran parte dei paesi più sviluppati, che sono anche quelli in cui gli PFAS sono più utilizzati.
A dimostrare l’eredità avvelenata che gli PFAS assorbiti dalle donne in gravidanza lasciano ai figli maschi è uno studio condotto da uno dei gruppi che studiano le conseguenze di queste sostanze sulla salute umana da anni: quello dell’Università di Copenaghen, in Danimarca.
I ricercatori, in questo caso, hanno raccolto campioni di sangue da oltre mille donne nel primo trimestre di gravidanza (epoca gestazionale cruciale per la formazione delle caratteristiche sessuali) tra il 1996 e il 2002, e hanno controllato la concentrazione di 15 PFAS, trovandone sette degni di ulteriori approfondimenti, in quanto particolarmente elevati. Quindi, tra il 2017 e il 2019, hanno controllato le caratteristiche dello sperma e dei testicoli di oltre 800 figli di quelle donne. Come riferito poi su Environmental Health Perspectives, hanno così dimostrato che esiste una relazione lineare tra le concentrazioni di PFAS delle madri e la scarsa motilità e la bassa conta degli spermatozoi, molti dei quali dei tutto immobili. Non ci sarebbero invece effetti sullo sviluppo dei testicoli. Ciascuno degli PFAS, inoltre, contribuirebbe in misura abbastanza simile, ma l’acido perfluoroeptanoico o PFOA sarebbe di gran lunga il peggiore.
Secondo gli autori, in realtà si tratta di una conferma, perché è noto che gli PFAS passano attraverso la placenta, come ha suggerito uno degli studi più estesi mai effettuati sul tema, una metanalisi di oltre 40 ricerche, condotta dall’Environmental Working Group, dalla quale è emerso che, gli PFAS sono stati identificati in tutti e 30.000 i cordoni ombelicali controllati. Quando una madre assorbe gli PFAS, ci sono effetti anche sulla tiroide e sul microbiota intestinale dei feti, e non stupisce quindi che ce ne siamo sugli organi sessuali e il loro sviluppo. Del resto, un altro studio dello stesso gruppo, uscito quasi in contemporanea su Environmental Reasearch ( ), rafforza queste conclusioni, focalizzandosi proprio sui ragazzi, oggi esposti a livelli di PFAS molto più bassi rispetto a quelli assorbiti dalle madri, per la graduale eliminazione degli stessi da innumerevoli prodotti. Se si misurano le concentrazioni di PFAS nel loro sangue e si analizzano gli stessi parametri, si vede che non c’è una relazione, a parte un leggero aumento dell’ormone follicolostimolante o FSH in chi ha i livelli più elevati di alcuni di essi, il peggiore dei quali, anche in questo caso, è lo PFOA. Ciò significa che i danni più preoccupanti, quando ci sono, risalgono all’età dello sviluppo fetale, come del resto è logico attendersi per disfunzioni di quel tipo.
C’è comunque ancora molto da capire sui rapporti tra PFAS e sistema endocrino-riproduttivo, e non solo maschile.
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Giornalista scientifica