I prodotti a base di proteine vegetali sono una realtà da anni anche in Italia e sono entrati a far parte della nostra alimentazione, in forma di burger o polpette. L’obiettivo, dietro alla produzione di questi alimenti, è quello di avvicinare il consumatore a un’alimentazione più sostenibile per il pianeta, più sana per il nostro organismo e che tuteli il benessere animale.
Il mercato di questi alimenti è sempre più ampio e le aziende che li producono continuano ad aumentare. Tuttavia, le tipologie di prodotti che offrono al consumatore sono principalmente hamburger, polpette o piccoli pezzi macinati, spesso con una lunga lista di ingredienti tra cui talvolta la presenza di additivi. Cercando di conoscere meglio questo mondo ci siamo imbattuti in Umiami, un’azienda giovane ma già leader nella tecnologia alimentare, che produce e fornisce all’industria del cibo, filetto intero di proteine vegetali.
Umiami e il petto di pollo vegetale
Umiami nasce in Francia nel maggio del 2020 grazie all’incontro, avvenuto nel 2014, tra due giovani sognatori, Martin Habfast e Tristan Maurel, rispettivamente Chief Strategy Officer e CEO dell’azienda. L’obiettivo dell’azienda è ben preciso, cioè sviluppare, grazie alle nuove tecnologie e a un nuovo processo produttivo, un prodotto a base vegetale che abbia sempre più aspetto, consistenza e gusto simili alla carne.
Umiami, nel suo stabilimento produttivo nell’est della Francia, ha messo a punto il petto di pollo plant based già presente nella ristorazione in Italia. A Milano è possibile trovare il loro filetto di pollo a base vegetale in circa una ventina di locali.
Durante il nostro incontro, Martin Habfast mi racconta le motivazioni che lo hanno spinto a fondare Umiami e il perché di una ricerca mirata alla produzione di un alimento vegetale che si avvicini il più possibile al petto di pollo. Quello che mi ha affascinato in questo incontro è stata la coerenza con una scelta di vita dei fondatori dell’azienda e, dalle parole di Martin, traspare chiaramente che il business non è il solo obiettivo di questo progetto.
Come nasce Umiami? Quali interessi o obiettivi vi hanno portato a iniziare questa avventura?
“Mi chiamo Martin Habfast e sono uno dei cofondatori di Umiami. L’azienda nasce nel maggio del 2020 da un’idea mia e del mio cofondatore Tristan, che ho incontrato nel 2014. Prima di fondare Umiami, lavoravo per grandi aziende tecnologiche americane. Durante questo periodo, ho riflettuto e preso coscienza dell’impatto ambientale che noi, come specie, stiamo avendo sull’ambiente, in particolare a causa del consumo di carne e delle emissioni di CO2 che derivano dalla sua produzione. Il consumo di carne nel mondo infatti è responsabile di circa il 15,5% delle emissioni di CO2. Queste riflessioni mi hanno portato a fare delle scelte di vita. Sono diventato vegetariano, ho iniziato a ridurre i viaggi in aereo che utilizzo solo per motivi di lavoro e non più per turismo e nel 2019 ho lasciato il mio lavoro.”
“Se ci riflettiamo spesso c’è un controsenso tra le scelte che facciamo nella nostra vita privata e la nostra vita professionale. È illogico, perché nella tua vita privata fai delle scelte ‘sostenibili’, ma nella tua vita professionale lavori ad esempio per realtà come Amazon, che è uno dei più grandi inquinatori del mondo. Così mi sono licenziato e ho pensato: cos’altro posso fare? Con il mio co-fondatore Tristan, anche lui vegano da anni, volevamo affrontare il problema del consumo di carne. E così abbiamo sentito parlare di carne a base vegetale e ci siamo concentrati, attraverso le ricerche, sul fatto che quando si guarda al consumo di carne animale, si parla per lo più di un filetto intero.”
Per il vostro petto di pollo vegetale state usando la tecnologia whole cut ‘Umisation’, puoi dirmi qualcosa di più e in cosa vi differenziate con i competitor?
“Durante le ricerche e gli studi su questo settore alimentare ci siamo resi conto che nessuno conosceva o sapeva come ricreare la struttura lunga, complessa e fibrosa del filetto. Abbiamo quindi pensato che se fossimo riusciti a farlo, avremmo dato alla gente un’alternativa a base vegetale a quelle carni che sono le più consumate e che la gente desidera davvero. Così abbiamo reinventato completamente il modo in cui le proteine vegetali vengono testurizzate, il modo in cui creiamo la consistenza delle proteine vegetali, in modo da ricreare la struttura succosa, gustosa e complessa di un petto di pollo, per esempio, ma utilizzando proteine vegetali. E lo facciamo con solo un paio di ingredienti attraverso la tecnologia ‘Umisation’.
“Per darti un’idea in pratica, prendiamo ingredienti molto semplici, per lo più proteine, che possono essere di soia, di pisello o qualsiasi altro tipo di proteina, alle quali applichiamo forze meccaniche in modo da allinearle. Quando le proteine sono allineate a livello macro, si crea una struttura fibrosa. Se lo si fa nel modo giusto, si può riuscire a replicare le fibre della carne con ingredienti molto semplici e senza leganti e additivi.”
“Io e il mio co-fondatore abbiamo avuto l’idea iniziale, il principio iniziale, ma poi è stato un lavoro di squadra. Il nostro team è formato da ingegneri, scienziati, professionisti del settore food. Dall’idea iniziale bisogna fare delle ricerche che sono fondamentali per capire l’interazione tra le proteine e il processo, e come si possono creare queste fibre per un prodotto alimentare all’altezza. Perché l’idea è quella di produrre qualcosa che la gente vuole mangiare ma che deve essere delizioso. È necessario un team di ingegneri che prenda il processo che si è creato in cucina o in laboratorio e lo metta in scala in modo da poter dare il via alla produzione. Si tratta di una competenza molto più ampia. Quindi io e il mio co-fondatore abbiamo avuto l’idea iniziale, ma è stato davvero un lavoro di squadra a permettere la realizzazione del prodotto finale.”
Quindi il vostro prodotto oltre ad avere una lista di pochissimi e semplici ingredienti ha anche la particolarità di essere il più vicino possibile al petto di pollo.
“Esatto, quella è la grande differenza. Inoltre, noi portiamo avanti anche delle indagini facendo dei test direttamente sul consumatore finale. In questo modo confrontiamo i nostri prodotti con altri sul mercato e lo facciamo in forma anonima. Abbiamo coinvolto 100 consumatori con la soddisfazione che il loro feedback sul nostro prodotto è stato il migliore. In termini di sapore, viene considerato molto più simile a quello vero e offre un’esperienza unica e succosa data dalla texture molto simile a quella della carne.”
Perché il taglio intero è così importante per far crescere questo mercato (la principale offerta per questi prodotti è il macinato con una texture morbida)? In Italia sono presenti molti prodotti plant based a base di legumi, vegetali o soia. Pensi che i consumatori siano più attratti da prodotti che simulano il gusto e il sapore della carne?
“Hai presente il petto di pollo, il filetto di manzo o di pesce? Sembra strano ma la carne più consumata al mondo è il petto di pollo. Ed è la carne più consumata nella maggior parte dei Paesi occidentali. E quando si guarda alla carne a base vegetale, come nel caso di Beyond Meat o di altri marchi, si parla soprattutto di prodotti con una consistenza morbida e macinata come gli hamburger, le salsicce, le polpette.”
“Penso che in definitiva il nostro obiettivo collettivo dovrebbe essere quello di rendere il più semplice possibile la transizione da una dieta a base di carne animale a una dieta a base vegetale. Crediamo che si stia già chiedendo molto ai consumatori. Trovare il modo di rendere la cosa più semplice possibile e ridurre il più possibile la differenza tra i due prodotti è il nostro obiettivo. Se si vuole che il consumatore non torni indietro nelle sue scelte bisogna lavorare in questa direzione.”
Quanto costa il vostro prodotto rispetto alla carne. Pensate che è ancora troppo caro? Pensate che nei prossimi anni il costo di questi prodotti diminuirà?
“Il nostro petto di pollo a base vegetale è un prodotto per tutti, non un prodotto di lusso di alta gamma. In effetti, qui in Francia lo vendiamo più o meno allo stesso prezzo del petto di pollo di produzione francese. Credo che alla fine l’importante sia creare un prodotto conveniente e non solo per quanto riguarda il prezzo. La gente deve mangiare un prodotto semplice, gustoso, che sa come usare perché sa già come cucinare un petto di pollo e che non costa molto. E se si spuntano queste caselle e si aggiunge il prezzo ragionevole il cambiamento sarà più facile. Se tu fai un prodotto di lusso non potrai avere un impatto su larga scala.”
Il vostro processo produttivo richiede grossi investimenti in termini di consumo energetico e di risorse?
“Il processo produttivo è molto particolare così come le attrezzature necessarie sono molto particolari. E noi affidiamo la produzione a un’azienda che è l’unica ad avere il tipo di macchinari di cui abbiamo bisogno per il nostro processo che è davvero unico. Dal punto di vista del consumo di energia e risorse il processo è molto, molto pulito. Posso darvi qualche numero, ma in genere il processo emette la metà di CO2 rispetto a quello per l’allevamento del pollo, consuma tre volte meno energia, richiede una quantità di terra quattro volte inferiore e necessita di una quantità di acqua che è la metà di quella utile all’allevamento dei polli. E quindi sì, si tratta di un processo molto pulito dal punto di vista ambientale.”
“Se si considerano le mucche e la carne bovina, si usano 15 kg di proteine vegetali per mucca, che trasformerà questi 15 kg di proteine vegetali in un kg di proteine animali. La conversione delle proteine vegetali in proteine animali, nel caso della carne di origine vegetale, consiste nel prendere un kg di proteine vegetali e trasformarlo in un kg di prodotto finito. Per noi è molto più efficiente. Quindi ogni singola fase della catena del valore è altamente ottimizzata dal punto di vista dei costi. Ecco perché la carne animale è molto costosa. Ma se guardiamo alla carne di origine vegetale, è molto più efficiente dal punto di vista energetico e delle risorse, e nel tempo deve diventare meno costosa della carne animale.”
Il Mercato dei prodotti plant based non ha avuto lo sviluppo atteso. Nel 2023 negli Stati Uniti alcune aziende hanno chiuso. Avete un’idea del perché è quali sono le vostre aspettative per il futuro? Pensate che sia ancora un mercato per un numero limitato di consumatori e che sia necessario rivolgersi a un pubblico più ampio? Quali sono le principali tendenze dei consumatori nel mercato dei prodotti a base vegetale?
“È un’ottima domanda. In realtà, se si considerano i fondamenti della categoria, essi sono oggi più rilevanti che mai e domani lo saranno ancora di più. Il cambiamento climatico è oggi un problema più urgente di quanto non lo sia mai stato. E domani sarà ancora peggio così come il benessere degli animali. Anche la salute umana lo è. Quindi il consumo di carne ogni giorno diventa un problema e non cambia.”
“Allora cosa è andato storto? Alla fine, ciò che è andato storto con le proteine vegetali è che i prodotti che erano presenti sul mercato non rispondevano alle aspettative dei consumatori. Innanzitutto, quando si parla di cibo, la prima cosa da considerare è il gusto e i prodotti in commercio non avevano un buon sapore. Inoltre non erano necessariamente così nutrienti ed erano molto costosi. Quindi, come sapete, questo è stato sufficiente a convincere una prima generazione di early adopter, ma si tratta solo dell’uno o del 2% della popolazione. Ora, se si vuole passare dall’uno o 2% della popolazione al 98%, bisogna avere un prodotto dal sapore straordinario e che non costi troppo. Questo è ciò che stiamo cercando di sviluppare con il nostro progetto.”
In Italia sono presenti molti prodotti plant based a base di legumi o soia. Pensate che gli italiani sono attratti da prodotti che simulano il gusto e il sapore della carne? O forse vorrebbero prodotti che non riproducano la carne?
“Io penso che ci siano diverse tipologie di consumatori e tra queste chi ama la carne ma per motivazioni differenti che possano essere etiche, di salute o di sensibilità verso le tematiche come la sostenibilità.”
C’è stato un grande dibattito sull’utilizzo di additivi presenti nei prodotti plant based. Perché è necessario usarli? Potreste creare dei prodotti che hanno un buon gusto limitando l’uso degli ingredienti?
“Ogni azienda fa le sue scelte noi abbiamo deciso di creare un prodotto con un’etichetta pulita: pochi ingredienti che anche un bambino di cinque anni possa mangiare. Questo è il nostro obiettivo: creare prodotti che chiunque possa capire cosa contengono, pochi e semplici ingredienti. Ti posso dire cosa contengono i nostri prodotti: acqua, proteine della soia, olio di girasole, aromi naturali, acido citrico e sale. E questo è un valore aggiunto. Ecco cosa abbiamo creato in poche parole.”
Qual’è la tua visione delle nuove tecnologie come la fermentazione di precisione o la carne coltivata?
“Penso che tutte le opzioni vadano esplorate, che ci siano diverse soluzioni e che non ci sia una soluzione unica per tutti. E in alcuni Paesi, in alcune culture, per certi tipi di prodotti, alcune tecnologie saranno più adatte e altre meno. In genere negli Stati Uniti culturalmente hanno meno problemi con gli OGM (organismi geneticamente modificati), e la fermentazione di precisione che è un’ottima tecnologia perché fornisce un prodotto dal sapore eccellente, viene accettata più facilmente. Ma qui in Europa, in genere, gli OGM sono culturalmente osteggiati e molte persone non li accettano. Non credo che ci sia una sola tecnologia che vada bene per tutti, ma abbiamo bisogno di una diversità di tecnologie per diversi mercati e diversi tipi di prodotti.”
State pianificando di espandervi nel mercato statunitense. Perché questo mercato è così importante?
“Non siamo attualmente presenti in USA ma abbiamo appena assunto una persona molto esperta per guidare la nostra espansione in quel mercato, ed è uno dei nostri grandi progetti perché se si considera il consumo di pollo e i dati che abbiamo analizzato sul suo consumo giornaliero è emerso che l’anno scorso negli Stati Uniti 78 milioni di americani hanno mangiato almeno una crocchetta di pollo. Ma 241 milioni di americani hanno mangiato almeno un petto di pollo. Quindi negli Stati Uniti, che sono il paese delle crocchette, la gente mangia i petti di pollo più di ogni altra cosa.”
I consumatori sono diversi da quelli europei o italiani e in che modo?
“È un’ottima osservazione la tua e la grande differenza con gli altri Paesi è che il petto di pollo negli Stati Uniti è un alimento fondamentale. Nel nostro immaginario USA è sinonimo di hamburger ma, in realtà, il petto di pollo è la carne più consumata ed è un piatto tipico dei giorni feriali e consiste in due petti di pollo nel forno, si prepara del riso e delle verdure in padella e si mette un po’ di salsa sul petto di pollo. Questa è la tipica cena americana. Quindi, negli Stati Uniti c’è un consumo e un’abitudine davvero notevoli intorno al petto di pollo. E non ci sono valide e convincenti alternative. Per questo abbiamo fatto un test sui consumatori mettendo a confronto il nostro prodotto e le altre alternative di pollo più venduta negli Stati Uniti, e abbiamo ottenuto il 30% in più nel gradimento dei consumatori.”
“Quindi, c’è una vera e propria domanda e probabilmente riusciremo a battere quello che c’è sul mercato. Quindi è ovviamente una priorità assoluta per noi, perché è il mercato più grande al mondo per soddisfare queste esigenze. E se si vuole rendere più facile il passaggio da una dieta a base animale a una dieta a base vegetale, si deve offrire loro un alternativa valida a ciò che già mangiano. Perché se non si va in questa direzione, si rischia di chiedere molto alle persone, non solo di passare a una dieta a base vegetale, ma anche di cambiare il tipo di pasti che preparano e così via. E più barriere si creano, più è difficile e più ci vuole tempo.”
Martin, adesso vorremo far sapere ai nostri lettori se il vostro petto di pollo vegetale è presente in Italia e dove possiamo trovarli.
“Il filetto di pollo plant based di nostra produzione è già presente in Italia, c’è una lista di ristoranti dove potete trovarlo. Non vendiamo il nostro prodotto al dettaglio, ma lo facciamo attraverso il canale delle industrie alimentari. Vendiamo il prodotto al naturale di modo che ogni azienda lo possa processare facilmente in base alle preparazioni in cui è specializzata, lo possono marinare o tagliare a filetti ad esempio e poi lo venderanno al dettaglio ma con il loro marchio. Dietro c’è logicamente una strategia che è quella di raggiungere un pubblico di consumatori molto più vasto e molto più velocemente anche a livello internazionale, così da permetterci di avere un impatto migliore perché possiamo raggiungere volumi molto più elevati in tempi molto più rapidi.”
“In Italia ad oggi Umiami commercializza, attraverso il distributore Mr. Root, un petto di pollo vegano che i ristoranti/locali propongono con diverse presentazioni come tagliata, poké, Caesar salad, burrito. A Milano, ad oggi, ci sono circa 20 ristoranti che somministrano il nostro prodotto. I consumatori non sanno che viene da noi anche in quanto brand B2B, oggi non siamo ancora presenti nella GDO.”
“Siamo comunque molto soddisfatti del feedback ricevuto dai locali che lo propongono, dove il nostro prodotto è estremamente apprezzato perché viene considerato un prodotto versatile, che non ha in questo momento un competitor (unico filetto di pollo plant based in Italia) e soprattutto ha un prezzo ragionevole. Nel settore della ristorazione siamo presenti anche in UK, Paesi Bassi, Belgio, Svizzera, Spagna, e con i contratti con le industrie del settore food siamo presenti nella vendita al dettaglio in UK.”
Vi fermerete al petto di pollo vegano o avete in progetto altri prodotti?
“Ci siamo concentrati sul petto di pollo perché è una delle carni più consumate. Abbiamo altri progetti ma preferisco non parlarne adesso”
Petto di pollo vegetale: prova di assaggio
Chi mi legge sa che cerco di assaggiare sempre i prodotti di cui scrivo. Prima di pubblicare questo articolo, sono quindi andata ad assaggiare il filetto di pollo plant based Umiami. Ho scelto il bistrot Altravia Bowl, il più vicino a dove mi trovavo all’ora di pranzo.
Qui il petto di pollo plant based, semplicemente arrostito e inciso come una tagliata, viene servito in una bowl su un letto di riso basmati accompagnato da broccoletti e finocchietto e patate dolci alla paprika fritte. Il costo di 14 euro per un piatto così ben servito (vedi foto sopra), con prodotti tutti di qualità e decisamente abbondante l’ho trovato corretto. Alla vista la presentazione è invitante e il petto di pollo vegetale ha l’aspetto del classico petto di pollo di origine animale.
Come primo assaggio ho voluto provare il petto non ‘contaminato’ dagli altri ingredienti. Quello che ho subito percepito è stata la consistenza decisamente uguale alla carne di pollo, non solo in termini di masticazione. Infatti la fibra mi ha stupita positivamente. Durante la masticazione il petto di pollo era decisamente succoso, caratteristica tanto cercata dal team Umiami e che, a mio avviso, è stata raggiunta con un ottimo risultato.
Il sapore non è proprio quello del pollo. Questo credo sia un valore aggiunto poiché dipende dalla scelta di non utilizzare additivi. Consideriamo però che il petto di pollo di origine animale ha un sapore delicato. Anche in questo caso, quindi, la sensazione che arriva è effettivamente quella di mangiare un vero petto di pollo.
Conclusioni
La mia esperienza di assaggio di questo prodotto è del tutto positiva. Pur non essendo vegetariana, anche se da anni ho drasticamente ridotto il consumo di carne per motivi etici, posso considerare di diminuire ulteriormente il mio consumo di carne con un’ alternativa.
Il pollo plant based ha anche superato la prova allergie alimentari. Lo staff del bistrot, alla mia richiesta, ha fornito subito un foglio dove tra gli altri alimenti prodotti da terze parti, sono indicati gli ingredienti del pollo plant based: acqua, proteina della soia, olio di karité, aromi naturali, fibre d’avena, acido citrico, estratto di lievito, sale.
A Milano il petto di pollo vegetale prodotto da Umiami si può trovare nei seguenti locali: Fresco & Cimmino in via Ugo Foscolo; al Mediterranea Real Healty Food in via Santa Marta e a Citylife; al Kona Poke bar in Corso di Porta Vittoria; al Cunza di viale Monza; al Tranvai di via Tirano; al Turbo Milano di via Ponti; Vinodromo via Salasco; Altraviabowls piazza Caiazzo; Rose by Mary via Battisti; Birrificio di Lambrate via Golgi.
© Riproduzione riservata Foto: Umiami, Depositphotos, AdobeStock, Rossella Ardizzone
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A Firenze esiste un chiosco (che tale non è essendo allocato su una terrazza a Novoli) che offre ottimi panini al lampredotto (vegano), al lesso (vegano) rifatto con la cipolla, al peposo (vegano). Il lampredotto, ben insaporito con una salsa verde ed una piccante, deriva da un fungo che in bocca rende quasi come il tipico quinto quarto utilizzato dagli altri. Il pane, chiamato il “semellino” per la sua forma, è buono e correttamente inumidito nel brodo (vegano).
Forse produrre cibi vegani può essere anche più semplice e normale di come descritto nell’articolo, se no si ricadrà nuovamente nella supremazia di chi penetra velocemente il mercato grazie ai capitali.
Sicuri che non sia un publiredazionale? Articolo lunghissimo, corredato di aggettivi entusiastici tendenti all’iperbolico, con tanto di riferimenti dettagliati per l’acquisto dei prodotti..e tutto senza mai menzionare neanche un competitor.
Abbastanza opaco, non è da voi.
Gentilissimo,
ci dispiace se ha avuto questa impressione. Non pubblichiamo pubbliredazionali, e questo articolo non fa eccezione. I toni entusiastici sono da attribuire all’autrice che evidentemente ha avuto un’esperienza molto positiva. Sicuramente seguiranno altri approfondimenti su prodotti analoghi, come ha detto lei questo articolo era già troppo lungo per poter inserire altro materiale. Inoltre in Italia non solo non lo vendono ancora nei supermercati, ma si trova solo in alcuni ristoranti. Quindi era impossibile inserire i competitor, visto l’originalità, per ora, del prodotto.
Confido nella vostra serietà (vi seguo da anni) anche per successivi approfondimenti. Anche perchè il prodotto menzionato, sul sito ufficiale, non pubblica una lista ingredienti e soprattutto una etichetta nutrizionale (che per un prodotto “innovativo” risulta abbastanza importante, per una giusta collocazione in una dieta equilibrata).
Grazie
Buongiorno, navigando sul sito si trova l’elenco degli ingredienti (in formato grafico). L’indicazione nutrizionale è in effetti parziale, vengono indicati soltanto sale e proteine. https://umiami.com/en/products/
Appunto, indicazione nutrizionale meno che parziale direi.. potreste suggerire ai produttori di colmare le lacune sia dell’ etichetta nutrizionale (visto che citano una A nel nutriscore), che della lista completa di ingredienti (“proteine”, “olio” e “fibre” non sono ingredienti specifici)
Il prodotto non è ancora in vendita al dettaglio. Quando sarà commercializzato anche in Italia immagino che inseriranno tutti i dati. Ricordo che sui siti internet, a meno che non si effettui anche vendita online, non è obbligatorio inserire tutti i dati che sono invece obbligatori in etichetta.
Buongiorno Riccardo, grazie per il commento che ci ha fatto scoprire una nuova realtà. Ho fatto una ricerca e, mi corregga se sbaglio, si riferisce alla tripperia vegana di Chef Tano che propone lampredotto, lesso e pepato vegani preparati con una ricetta “segreta”.
Per quanto riguarda la sua nota finale il petto di pollo vegetale di cui parliamo nel nostro articolo ha una genesi ed una storia diversa, ossia di un prodotto che, come ben spiegato nell’articolo, tra i suoi focus ha quello di rendere più semplice la transizione dal consumo di carne animale al prodotto vegetale per un determinato pubblico di consumatori e, alla luce di questo, le ricerche per la sua produzione hanno avuto l’obiettivo di ricreare la consistenza del petto di pollo animale cercando di mantenerne le proprietà organolettiche con una lista di ingredienti semplice e, soprattutto, trasparente cosa molto importante oggi a causa di una grande fetta di popolazione con allergie e intolleranze alimentari importanti.
L’articolo ha l’unico obiettivo di informare il consumatore interessato a questo tipo di prodotti la presenza di una nuova opzione raccontandola nel dettaglio e cercando di dare maggiori informazioni per un consumo consapevole.
Sul mercato esistono tanti prodotti vegani interessanti e il lampredotto di Chef Tano sarà ottimo ma, quest’ultimo e il pollo vegetale Umiami sono due prodotti diversi, con storie diverse e obiettivi diversi.
è POSSIBILE VEDERE L’ETICHETTA DEL PRODOTTO E COSA RIPORTA.
GRAZIE UN SALUTO.
Il prodotto non è ancora in vendita al dettaglio.
Confondere le tecnologie di carne coltivata con gli OGM è un grave errore. I due argomenti non sono necessariamente collegati, e confondono il lettore. Suggerisco in futuro di porre una nota a fine articolo qualora l’intervistatore commetteresse questi errori.
Gentilissimo, l’intervistato non credo che abbia confuso le due tecnologie ma faceva un esempio. “In genere negli Stati Uniti culturalmente hanno meno problemi con gli OGM (organismi geneticamente modificati), e la fermentazione di precisione … viene accettata più facilmente”. Perchè la fermentazione di precisione è fatta a partire da microrganismi geneticamente modificati.
Buongiorno, grazie della pubblicazione. Vi era un refuso nel mio commento: intendevo “intervistato” e non “intervistatore”. Grazie della correzione.
Buongiorno e grazie per l’articolo, sono allergico, da sempre, a un sacco di cose per quello vedo i prodotti “vegani” con un occhio un po’ critico. Spesso ci sono fibre poco conosciute (almeno per noi “semplici” consumatori italiani abituati alla classica dieta mediterranea..) o additivi quantomeno discutibili.
L’olio qui e’ un ingrediente particolare. Nel virgolettato, i suoi creatori parlano di Olio di Semi di Girasole.
Nel locale, invece (se non sbaglio), hanno parlato dell’olio di Karite’ (che nelle sue varie forme sembra versatile oltre ogni modo, dai cosmetici per la pelle alla cucina passando per la cura dei capelli).
Chi ha ragione ?
Grazie !
Victor
A rischio di sembrare il boomer di turno, trovo assolutamente ingannevole l’ossimoro “pollo vegetale”. Ma come diceva Orwell, lo stravolgimento della verità passa dallo stravolgimento della parola e del suo uso; dire “plant based” fa sicuramente più ecosostenibile di “a base vegetale”… e taccio degli “aromi naturali”, necessari per mimare un sapore che non ci sarebbe…
P.s. anche il “Soylent Green” era sostenibile… concedetemi la celia da cinefilo.
Articolo e prodotto interessante, ma non mi parlano delle caratteristiche organolettiche del prodotto, non parlano di vitamine e sali minerali ma solo di proteine della soia, che sappiamo cosa vuol dire la coltivazione intensiva della soia, quindi articolo che non approfondisce l’argomento nutrizionale, ma solo la parte dell’aspetto del prodotto e del sapore …..