Anche i Petit Beurre non sono più quelli di una volta. I celebri biscotti secchi creati da Luis Lefèvre-Utile (erede di Jean-Romain e Pauline-Isabelle, i coniugi fondatori della LU, ora di proprietà del colosso americano Mondelez International), sono stati sfornati per la prima volta nel 1886 nella storica pasticceria di Nantes. I biscotti, rimasti praticamente inalterati per 130 anni, hanno cambiato formato. Adesso sono più piccoli e anche più leggeri: i 7 centimetri di lunghezza sono diventati 6,5, e i 10 grammi ora sono 8,33. E il prezzo? Secondo la segnalazione di una lettrice al magazine francese 60 Millions de Consommateurs in alcune catene i prezzi sono saliti fino al 30%.
Rimane immutata (per ora) la loro caratteristica fisionomia, imitata da moltissimi biscotti secchi in circolazione. La forma dei Petit Beurre non risponde solo ad esigenze estetiche, ma ha un preciso significato sconosciuto ai più. Il biscotto pensato per la colazione di tutti i giorni segue una logica precisa: i quattro angoli sono le stagioni, i 52 dentini esterni rappresentano le settimane dell’anno, mentre i 24 buchi stampati nella parte centrale del biscotto indicano le ore di una giornata. E i 7 centimetri di lunghezza di un tempo simboleggiavano i giorni della settimana.
La lunga storia dei Petit Beurre – 130 anni festeggiati nel 2016 – potrebbe però essere messa a rischio anche da un cambiamento dei gusti dei consumatori in fatto di biscotti. Le giovani generazioni preferiscono di gran lunga frollini ricchi e guarniti, rispetto ai tradizionali secchi. Per questo gli inconfondibili Petit Beurre registrano stabilmente un calo delle vendite del 2-3% l’anno. Basteranno le inconfondibili caratteristiche a non farlo scomparire dalle corsie dei supermercati?
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
Chissà per quanti prodotti, dolciari e non, rimasti apparentemente invariati da tanti anni, il peso, le dimensioni o la quantità presente nella confezione (che magari ha continuato a conservare il suo aspetto tipico) sono stati in realtà ridotti in modo impercettibile, per poter effettuare un aumento occulto del prezzo senza che il consumatore se ne avvedesse.
Se in un tubo di biscotti ne metto uno o due in meno, chi ci fa caso? Se in una confezione aggiungo un doppio fondo per togliere spazio al prodotto (l’ho notato per certi confetti al cioccolato venduti al supermercato durante le passate festività), chi se ne accorge?
Nella divertente storia di Topolino “Zio Paperone e il califfo della mezzaluna”, Paperone veniva incaricato da un califfo di fabbricargli delle monete d’oro a forma, per l’appunto, di mezza luna, ottenute dividendo in due metà precise una normale moneta rotonda. Ma Zio Paperone, che nelle storie italiane degli anni ’60 si comportava spesso in modo disonesto, cercava di truffare il califfo asportando una sottilissima barretta d’oro da ogni taglio, cosicché le due metà, se ricongiunte, non avrebbero più ricostituito un cerchio perfetto.
In quella storia il califfo si accorgeva dell’inganno e condannava a morte il papero. Chissà se i più fedeli consumatori dei biscotti Lu hanno punito l’azienda sospendendo gli acquisti.
A me piacciono molto, anche se non li trovo spesso. Li mangio sempre in Francia.
Il caso più clamoroso, secondo me, è quello dei detersivi liquidi per lavatrice. Fino a pochi anni fa i flaconi erano enormi e bastavano per più di 40 lavaggi. Poi si sono inventati la formula “concentrata” dicendo che ne bastava molto meno di quanto si era abituati. In realtà si è portati dall’abitudine ad usare più o meno la stessa quantità. Ora i flaconi sono piccolissimi (19 / 21) lavaggi e il prezzo sempre esagerato per un prodotto che ha un bassissimo costo di produzione. Per fortuna che la GDO ha periodicamente offerte che dimezzano il prezzo di vendita e l’acquisto a prezzo pieno non si fa mai!
Simonetta, Lei ha proprio ragione. E questo vale non solo per i detersivi liquidi per lavatrice, ma anche per gli ammorbidenti.