Cinghiale adulto e cinghialetti in un bosco; concept: cinghiali, peste suina, selvaggina

Una generale diminuzione dell’83%, nessun nuovo paese colpito e anzi, uno che se ne è liberato. Con due evidenti eccezioni: la Polonia e l’Italia. Sono positive, nel loro complesso, le notizie sull’andamento della peste suina africana in Europa, appena rese note nell’aggiornamento dell’Efsa con i dati relativi al 2024. L’anno scorso, infatti, per la prima volta dal 2014 il numero di Stati colpiti è sceso da 14 a 13, perché la Svezia è uscita dall’elenco, e rispetto al 2023 il numero di focolai tra i suini domestici è diminuito dell’83%. Il drastico calo si deve, soprattutto, a una diminuzione dei casi in Romania e Croazia, anche se la Romania detiene il primato, con il 66% dei 333 focolai dichiarati in tutta l’Unione. Ma anche l’Italia continua a detenere primati negativi, segno di un contrasto alla diffusione della malattia non ancora sufficiente.

La peste suina africana negli allevamenti

In base ai dati raccolti, la maggior parte dei contagi (il 78% del totale) si è verificata in allevamenti di piccole dimensioni, con meno di cento capi, ma questo non è avvenuto nei due paesi dove le criticità restano più rilevanti, e cioè Italia e Polonia. In essi, infatti, i casi hanno riguardato soprattutto allevamenti con più di cento capi.

Come già osservato negli anni scorsi, la peste suina africana ha una sua stagionalità: la stagione nella quale i rischi sono più alti è senza dubbio quella estiva, e anche nel 2024 il 51% dei casi è stato notificato tra luglio e settembre.

Per quanto riguarda la segnalazione dei focolai, invece, circa nell’80% dei casi è avvenuta in modo passivo, cioè per sintomi sospetti, e non in conseguenza di una sorveglianza attiva rafforzata. Quest’ultima prevede indagini su tutti i suini morti, ma è stata all’origine solo del 14,2% delle diagnosi. Inoltre, prevede il tracciamento dei contatti dopo la scoperta di un focolaio, ma da quest’ultimo sono arrivate solo il 6,3% delle segnalazioni.

Maiali in un allevamento intensivo; concept: peste suina, allevamenti intensivi
In Italia si è avuto un aumento dei casi al Nord: in Lombardia per i suini allevati e in Liguria per i cinghiali

La peste suina tra i cinghiali

Anche tra i cinghiali selvatici la situazione ha fatto segnare un miglioramento. Il numero di focolai segnalati è infatti rimasto stabile, tra il 2022 e il 2024, pur con una stagionalità meno netta rispetto a suini di allevamento. Picchi invernali sono stati infatti identificati in Ungheria, Polonia, Slovacchia e, ancora una volta, in Italia, paese che si conferma tra i più colpiti anche da questo punto di vista.

Complessivamente, il 29% delle circa 24.000 carcasse rinvenute nelle attività di sorveglianza passiva si è rivelato positivo per la peste suina (con accertamenti fatti con la tecnica della PCR) e questi casi hanno rappresentato circa il 70% di tutti quelli rinvenuti tra i cinghiali. Al contrario, solo lo 0,4% degli oltre 412.000 cinghiali cacciati era positivo, e questi casi hanno rappresentato poco più del 28% del totale. Gli altri cinghiali morti, vittime di incidenti stradali, sono risultati positivi nel 3,3% dei casi, pari all’1,2% del totale.

Per quanto riguarda i test effettuati, sono calati quelli sierologici, mentre quelli con la PCR sono rimasti sostanzialmente stabili. Infine, anche se i focolai tra i suini domestici sono diminuiti, le restrizioni di tipo III sono rimaste stabili, con un leggero aumento di quelle III + II. In Europa, l’incidenza di questa malattia, contro la quale non esistono strumenti farmacologici, e che è altamente infettiva, è stata quindi stabile o in miglioramento. In Italia, invece, si è avuto un aumento dei casi al Nord, soprattutto in Lombardia per i suini allevati e in Liguria per i cinghiali.

Le raccomandazioni

Nelle conclusioni sono riportate anche le raccomandazioni:

  • Negli allevamenti di suini domestici, il sospetto clinico resta il metodo più efficace di diagnosi. Pertanto, di raccomanda di continuare a condurre campagne di sensibilizzazione per allevatori e veterinari.
  • Agli allevatori si raccomanda quindi di intensificare la sorveglianza passiva, anche attenuando e quella attiva sui suini sani al momento della macellazione, prima del trasporto o in base a test a campione.
  • La sorveglianza passiva rinforzata dovrebbe essere intensificata nelle zone soggette a restrizione, nelle aree o nei periodi a rischio, con campionamento sistematico dei suini morti, soprattutto negli allevamenti con più di mille capi.
  • Per quanto riguarda i cinghiali, la priorità va data alla sorveglianza passiva sulle carcasse, che vanno cercate e testate, più che a quella attiva sui capi cacciati.
  • I dati dovrebbero essere comunicati in modo completo, e ulteriormente armonizzati, in ambito comunitario, includendo i test, la composizione degli allevamenti, le azioni di sorveglianza e tutte le informazioni più rilevanti, per favorire le valutazioni sull’andamento della malattia a livello europeo.
  • Analogamente, anche i dati della caccia vanno raccolti e tempestivamente comunicati a ENETWILD, al fine di monitorare l’andamento delle popolazioni di cinghiali selvatici.
  • Infine, è fondamentale incoraggiare la collaborazione coi EFSA attraverso la comunicazione tempestiva dei dati epidemiologici.

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Giampaolo
Giampaolo
10 Giugno 2025 19:58

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