Il successivo reg. CE 353/08 tuttavia, nel definire i criteri scientifici che l’Efsa deve validare in vista della autorizzazione degli health claims, ha stabilito condizioni ancor più rigorose di quelle previste per i farmaci, prescrivendo il ricorso a test clinici su individui sani, in doppio cieco contro placebo, pubblicati su riviste scientifiche ad alto impact factor sottoposte a peer review (ossia riviste autorevoli i cui articoli sono sottoposti alla revisione di altri ricercatori prima della pubblicazione). Una prova complessa sotto certi aspetti, poiché è arduo – e spesso opinabile – definire i parametri di miglioramento, e il loro nesso di causalità con il consumo di un singolo alimento o ingrediente (nell’ambito di una dieta variata, tenuto conto di altri fattori legati allo stile di vita e l’ambiente), in condizioni di salute non patologiche.
Soprattutto, la realizzazione degli studi imposti dalla CE per la preparazione del dossier scientifico che accompagna la richiesta di autorizzazione del claim salutistico ha costi spropositati per una PMI, superiori al mezzo milione di euro. Ne deriva da un lato l’applicazione elitaria del regolamento, di fatto accessibile ai soli grandi gruppi industriali, dall’altro l’impossibilità per i consumatori di conoscere i benefici pur ampiamente dimostrati (come nel caso CLA), legati al consumo di determinati alimenti. Non solo di molecole o ingredienti nuovi, ma anche di cibi tradizionali, come appunto questo pecorino. Forse serve un aggiustamento delle norme a misura di piccole imprese e grandi consumatori.
Franco Gentile
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Che le condizioni fissate dal Reg. 353/08 siano “più rigorose” di quelle dei farmaci è opinabile; sicuramente un dossier per un nuovo farmaco è più complesso di quello di un health claim. In realtà si sono applicati i criteri che i nutrizionisti da tempo avevano mutuato per effettuare studi di intervento: i doppio cieco controllati con randomizzazione non sono un capriccio, ma quanto oggi si ritiene necessario per accertare un effetto reale. Gli individui sani: ci sono eccezioni, ed è in generale logico che i claim siano validati sui consumatori, non su popolazioni diverse. La pubblicazione su determinate riviste non è un requisito, la qualità degli studi sì.
Qualche caso dubbio c’è stato, ma molto spesso sono i dati (CLA compreso) a non essere particolarmente robusti. Il che non vuol dire che l’effetto non ci sia, ma che mancano i dati.
Indubbiamente quello dei claim è un percorso arduo, fuori portata dalle singole PMI. Si è scelto un percorso che tutelando l’informazione ai consumatori rende costose le domande di claim: ma è lo stesso ogni qual volta si introducono standard più rigorosi.