
Rummo ha eliminato la dicitura “trafilata al bronzo” dalle etichette della pasta e anche dagli spot pubblicitari perché gli ugelli delle trafile sono di ottone. La decisione è scaturita dopo un confronto con l’Antitrust iniziato nel luglio 2021 e finito nel gennaio 2024.
Altri pastifici sono corsi ai ripari e, per poter mantenere la scritta sulle etichette, hanno sostituito gli ugelli in ottone con quelli in bronzo. Alcuni invece hanno eliminato dalle confezioni e dai loro siti ogni riferimento al bronzo preferendo frasi come “pasta ruvida”, per indicare spaghetti e maccheroni con superficie non liscia e aspetto opaco. Specificare nelle etichette e nella pubblicità che la pasta è trafilata al bronzo evoca una lavorazione tradizionale che i consumatori apprezzano. La terminologia è infatti riferita a una pasta di qualità preparata con le trafile di metallo che danno alla pasta un aspetto ruvido in grado di trattenere meglio il sugo.
Dal rame all’ottone (senza passare per il bronzo)
In origine (parliamo di inizio ‘800) le trafile erano composte da un unico pezzo di rame, e i fori di uscita della pasta erano incisi direttamente nel metallo. Negli anni ’30 le trafile di rame vengono sostituite da quelle di bronzo e alluminio e gli ugelli di uscita (tecnicamente chiamati inserti) sono in ottone e diventano intercambiabili. La nuova lega (denominata OT58) offre migliori prestazioni, i fori si usurano meno senza per questo togliere la caratteristica di porosità alla pasta.
Anche se gli ugelli sono sempre stati in ottone il sistema di lavorazione è stato definito come “trafilatura al bronzo” e la denominazione è rimasta sino ai giorni nostri. Si tratta di un’ambiguità in parte giustificata, perché il bronzo rappresentava comunque la parte prevalente della trafila, mentre l’ottone è presente solo negli ugelli. Da sempre quindi la pasta denominata “al bronzo” si prepara con queste trafile. Eppure questa terminologia era così pervasiva che la parola “bronzo” compariva persino nelle fatture dei fornitori di trafile con inserti in ottone.

Poi arriva il teflon
Negli anni ’50 arrivano gli ugelli in teflon, un polimero sintetico (come quello delle padelle) caratterizzato da proprietà eccezionali come l’antiaderenza e l’elevata resistenza termica e chimica. Si tratta di una rivoluzione perché utilizzando questi inserti i tempi di lavorazione diminuiscono. La novità viene affiancata poi negli anni successivi dai sistemi di essiccazione rapida (2-4 ore) con temperature in costante crescita sino a 80-110°C. Grazie a questi accorgimenti la pasta acquista un aspetto gradevole e un colore ambrato (che piace molto ai consumatori), e assicura un’ottima tenuta in cottura.
La pasta al teflon (che ora assorbe il 70% del mercato) si riconosce facilmente perché ha la superficie liscia e un colore giallo intenso. C’è un altro vantaggio importante da considerare, i costi di produzione diminuiscono e di conseguenza anche il prezzo sullo scaffale
La pasta lavorata “al bronzo” invece costa di più perché le trafile sono più care, gli ugelli si usurano presto e vanno cambiati spesso. Va altresì precisato che la pasta “al bronzo” è spesso associata a un’essiccazione lenta a basse temperature che fa lievitare i costi di produzione.
Rummo cambia le etichette
Torniamo a Rummo. L’azienda ha dovuto togliere dalle etichette la dicitura “trafilata al bronzo” perché, secondo quanto accertato dall’Antitrust, gli ugelli delle trafile erano di ottone e Rummo ha deciso di non sostituirli. Il problema è che la totalità dei pastifici fino a qualche anno fa usava trafile con ugelli in ottone riportando in etichetta la frase “pasta al bronzo” o la scritta “trafilata al bronzo”.

Nel 2021, quando ha avuto origine la vicenda, l’Autorità si è confrontata con i pastifici che hanno confermato l’uso pressoché generalizzato della terminologia “al bronzo” pur utilizzando trafile con ugelli in ottone.
Preso atto della situazione l’Antitrust ha deciso di rispettare il significato delle parole e ha chiesto a Rummo e agli altri pastifici di modificare gli ugelli delle trafile da ottone al bronzo. La questione ha travolto anche il Consorzio della Pasta di Gragnano IGP che ha provveduto a modificare gli ugelli. Nell’arco di tre anni le aziende del consorzio hanno infatti sostituito le trafile accollandosi costi onerosi. La questione ha travolto tutte le aziende del settore che, anche senza le sollecitazioni dell’Autorità hanno provveduto a cambiare le trafile.
Il problema dei costi
Per renderci conto dei costi sostenuti, basta dire che una trafila per spaghetti con un diametro di 100 cm contiene 400 fori circa e che gli ugelli in bronzo per ogni foro costano 5-7 euro e vanno sostituiti mensilmente. Quelli in ottone costano il 30% in meno ma vanno sostituiti ogni due mesi. Se invece sono in teflon il prezzo scende ancora e la sostituzione è semestrale. Per questi motivi la pasta trafilata al bronzo è da sempre più costosa.
Marchi come Garofalo, Voiello, Divella, Lidl, Pastificio Liguori, Pastificio Graziano e Pastificio Di Martino ci hanno confermato di avere modificato le trafile. Mentre Barilla per la sua nuova linea “Al Bronzo” ha sempre utilizzato ugelli di bronzo. I pastifici che aderiscono al consorzio Pasta di Gragnano hanno provveduto a sostituire gli ugelli. Fra le catene di supermercati, Conad, Esselunga, Todis, Coop e Md hanno confermato l’uso del bronzo per le linee di prodotto di alta gamma che riportano sulle etichette la scritta “Trafilata al bronzo” (*).

Altri pastifici, come Granoro, invece hanno deciso di mantenere l’ottone e di usare sulle etichette e nella pubblicità la dizione “trafilatura ruvida” visto che il metallo conferisce ugualmente un aspetto ruvido alla pasta. Analoga la scelta di De Cecco.
La differenza?
L’ultima nota riguarda la percezione del consumatore. Secondo gli esperti, distinguere fra una pasta trafilata al bronzo o trafilata con ugelli in ottone è molto difficile. Per capire il tipo di metallo impiegato nella trafila serve un’analisi di laboratorio. Entrambi gli spaghetti infatti hanno l’aspetto ruvido e trattengono meglio il sugo. Per questo motivo l’Antitrust poteva dimostrare meno severità e accettare una consuetudine forse imprecisa, ma consolidata da oltre 70 anni.
(*) Aggiorneremo progressivamente l’elenco dei pastifici che usano trafile al bronzo con l’arrivo di nuove comunicazioni
© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, Rummo, Barilla

Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Ma poi che problemi hanno i pastifici a indicare “trafilatura in ottone”?
Esatto.
l’ Ottone e il bronzo sono fisicamente molto simili sono lege di rame e stagno per il Bronzo e rame e zinco per l’Ottone, io lavorando nel settore vi posso garantire che igienicamente l’Ottone e molto migliore del bronzo che contenendo stagno si ossida molto molto facilmente che poi rilascia ovviamente nella pasta.
Perciò per me è inutile la sostituzione delle trafile basta solo dire trafilato in Ottone .
La frase “Pasta all’ottone” fa poco marketing
Si questo è vero ma il bronzo sarà 30 anni che è stato sostituito dall ottone che e migliore dal punto di vista meccanico anche se molti pastifici usano anche ottime trafile in acciaio inox che sono più sicure dal punto dell’igiene.
Comunque bronzo, ottone, argento, acciaio e altri metalli nobili sul punto di vista di come ci viene la pasta è molto simile se no uguale.
Io ho provato con molta soddisfazione le trafile del modernissimo POM una plastica molto dura di facile manutenzione facile da pulire e volendo si può sterilizzare.
Inox non c’è, c’è 504,405,C46 (Acciaio tenero per porte e parti esterne, ma mai per la funzionalità del macchinario alimentare),i 506 come gli altri hanno un indice di tolleranza e carbonio h6,h8, e sono usati per tutte le lavorazioni.
Oltre il marketing ci sono insulti consolidati…tipo faccia di bronzo…faccia d’ottone non regge 🙂
perchè siamo ignoranti…ci dovrebbero spiegare invece cosa è meglio per l’ambiente, perchè i materiali usati sarebbe meglio non fossero inquinanti e magari riciclabili. Le risorse del mondo non sono infinite.
Esatto. Sembrerebbe quasi un “pastone”, fondendo i due termini.
Il costo di produzione,ho fatto macchinari per alimentazione per 6 anni, e ne so di sistemi che usano, soprattutto nei forni industriali per la cottura,o gli impasti,li vedevo quando facevano le prove di impasto, che poi vengono messe in produzione.
A noi interessa la qualità e la bontà della pasta. Quale scegliere, dopo aver appreso, dalla vs. sempre pronta e argomentata dissertazione, il piacere di gustare una ottima pasta al sugo?
La questione riguardava gli ugelli di ottone che ora sono di bronzo quando compare sull’etichetta pasta al bronzo. Negli altri casi sono in ottone .La differenza, come detto nell’articolo, non è così evidente nel piatto .
Complimenti per la chiarezza con cui ha illustrato i diversi metodi di trafilatura.
Al di là della questione “bronzo”, cosa ne pensa dell’uso della dicitura “sfoglia ruvida” per una pasta ottenuta da trafilatura?
Il termine “sfoglia” non andrebbe riservato a lavorazioni che producono la lamina di pasta per compressione, come avviene, ad esempio, in alcune produzioni di pasta fresca?
Ogni Macchinario per alimentazione ha l’impastatrice e il miscelatore di acciaio, il taglio è una lama di ottone molto affilata,i rulli che siano sagomati per fare molteplici lavorazioni sono rivestisti di ottone o fatti in acciaio,le flange esterne in acciaio ,tutti i cilindri e tondi flangiati che vengono lavorati sia al tornio e frese sono in acciaio 504 (molto pulito e non sto a specificare tutte le caratteristiche del materiale),cremagliere ormai basta in ferro ma in acciaio,in bronzo resta qualche blocchetto che generalmente è fatto in acciaio, alluminio si usa per flange per i cilindri di vari diametri,per igiene vengono sempre puliti prima,e dopo anche prove di lavorazione,impasti,su nastri trasportatori in gomma trattata che viene sempre pulita,se uno legge dove è il bronzo ormai non più usato, oppure in caso di lavorazioni specifiche, ma principalmente tutto viene fatto con ottone, l’alluminio è usato per componentistica e stampi ,ma ha un usura maggiore rispetto,e deve essere trattato,trattato significa parlare di indurito e lavorato in modo che non rilasci materiale durante la lavorazione, altrimenti è tossico,in sostanza nei rulli e getti dove esce la pasta e qualsiasi cosa ,sono in ottone per sicurezza.
Ogni tanto qualcuno che sa le cose …bravo.
Grandi aziende che risparmiano pochi euro per un pezzo di metallo. Speriamo negli UFO…
L’ ottone è un tipo di bronzo ,vedi Manuale dell’ ingegnere.
Bene, è corretto puntualizzare questi dettagli che il consumatore spesso non comprende ma tende a semplificare ed acquista la paste che…costano di più per cercare di assicurarsi ( nella sua non conoscenza) qualità e salubrità o quelle che costano meno per problemi economici.
Nessuno indaga più e/o divulga le quote di importazione di grano duro di forza da stati extra EU che non rispettano o non hanno i nostri regolamenti su pesticidi, glifosate o aflatossine.
sarebbe più interessante sapere, marca per marca commerciale la percentuale media annua del grano duro nazionale ed estero che i maggiori marchi lavorano per darci almeno la percezione del valore della loro materia prima e la loro filosofia aziendale. Chi si prende l’onere di informare in maniera oggettiva e tecnica sulla filiera del grano duro, le differenze dei semi utilizzati, i tipi di stoccaggio e trattamenti di conservazione, la macinazione delle semole e i trasporti che compongono la sostenibilità del prodotto? Nessuna azienda ha interesse a farlo, ma hanno interesse a comunicare ,anche molto bene, solo un pezzo, il più spendibile della loro attività.
Il grano duro importato in Italia risponde a tutte le norme in materia di pesticidi e salubrità . Non ci sono notizie di ritiri o sequestri. In compenso c’è molta disinformazione da parte di lobby che lanciano accuse indimostrabili all’importazione di grano duro dall’estero che per noi è essenziale visto che rappresenta il 40-50% del nostro fabbisogno.