La storia del diserbante glifosato presente nel grano duro canadese importato in Italia, è stata raccontata da Coldiretti anche attraverso diversi presidi nel porto di Bari dove attraccano le navi. La storia ha convinto migliaia di persone a diffidare delle materie prime straniere, anche se alcuni elementi di questa vicenda risultano poco chiari. C’è infatti da chiedersi perché Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti, a Bari guidi i manifestanti all’arrembaggio delle navi cariche di grano canadese “contaminato” da glifosato e a Bruxelles sottoscriva come vicepresidente del gruppo COPA COGECA (l’organizzazione europea cui aderiscono le associazioni degli agricoltori e delle cooperative agricole) un documento che invita l’UE a rinnovare per altri 15 anni l’autorizzazione dell’erbicida in Europa.
Stiamo parlando del diserbante più utilizzato al mondo, e usato ampiamente per i cereali anche nel nostro Paese sino a un anno fa. Per questo motivo adesso è facile trovarlo in quantità infinitesimali in molti alimenti, anche ottenuti con il 100% di materie prime italiane.
Il problema del glifosato (che lo Iarc considera cancerogeno e l’Efsa no) esiste ed è grave in quanto siamo di fronte a un prodotto chimico efficace sul campo e molto economico, usato in tutto il mondo. In queste settimane la questione è all’ordine del giorno della Commissione Europea che dovrà decidere se rinnovare, e per quanti anni, l’autorizzazione all’uso del diserbante (che è anche sospettato di essere un interferente endocrino). Purtroppo il glifosato si trova in quantità infinitesimali anche nelle acque di irrigazione. Si è trovato in tracce in diversi cibi, come birra e succo di arancia, venduti negli Usa. In attesa delle decisioni dell’UE sul suo impiego, la narrazione suggerita da Coldiretti della pasta italiana preparata con grano importato contaminato appare assolutamente strumentale. Si tratta di propaganda priva di riscontri validi, tanto che analisi fatte di recente da riviste specializzate e associazioni di consumatori evidenziano la presenza di tracce di diserbante anche in prodotti 100% italiani.
Ma perché allora un programma di inchieste giornalistiche come Report su Rai 3 ha raccontato questa storia in modo avvincente? Il servizio del giornalista inviato in Canada ha proposto immagini molto efficaci e ha focalizzato l’attenzione sul problema attraverso interviste a soggetti non proprio super partes, che hanno creato molta confusione e destato un certo allarmismo. Il colpo di scena del programma però si registra al 14° minuto quando vengono presentati i risultati delle analisi sul glifosato fatte in laboratorio su 6 campioni di pasta italiana (Barilla, Garofalo, Divella, Rummo, La Molisana, De Cecco). Prima di leggere i risultati il conduttore precisa che il glifosato è stato trovato in tracce e i valori sono “ampiamente sotto i limiti di legge” e poi conclude dicendo che “bisognerebbe mangiare da 100 a 600 kg di pasta al giorno per superare i livelli stabiliti dall’Efsa!“.
Ma se la situazione è questa – verrebbe da dire – di cosa stiamo parlando? Forse vale la pena ricordare che gli italiani mangiano 28 kg di pasta in un anno. Il conduttore di Report Sigfrido Ranucci con questa frase ha praticamente annullato l’effetto del presunto scoop, rivelando al telespettatori che il pericolo risulta alquanto remoto. Valori simili di glifosato nella pasta sono stati rilevati dalla rivista Test Il Salvagente e dal mensile Altroconsumo che hanno realizzato prove di laboratorio, così come pure da altri che hanno trovato la presenza del diserbante in quantità infinitesimali anche nella farina italiana.
I consumatori che non scelgono il cibo biologico devono rassegnarsi a convivere con una contaminazione minima, dovuta ai residui dei pesticidi utilizzati in agricoltura. Oggi i valori uguali a zero non esistono, anche perché i nuovi sistemi analitici permettono di individuare residui presenti in quantità pari allo 0,000000001%! Questo non vuol dire che ogni giorno siamo un po’ avvelenati dal cibo, come spesso si legge nei commenti di Facebook. Gli scienziati fanno una valutazione del rischio, e fissano limiti di soglia aggiornati ogni 5 anni.
In molti alimenti ci sono sostanze tossiche e anche cancerogene, ma in quantità talmente piccole che non rappresentano un serio rischio per la persona. Sulla base di questo concetto consumiamo con una certa cautela i salumi, anche se contengono nitrati che ingeriti diventano nitriti e abbinandosi alle ammine formano nitrosammine cancerogene. La stessa cosa succede per i nitrati contenuti naturalmente nelle verdure. Forse vale la pena parlare dell’arsenico inorganico, una sostanza considerata tossica, presente nel riso, nell’acqua potabile e anche nelle bottiglie di minerale. Anche in questo caso la valutazione del rischio dice che possiamo berla senza problemi, proprio perché la presenza entro determinati limiti è considerata accettabile. Analogo discorso per il mercurio nei pesci che non deve superare certi limiti.
Per tornare a Report, la redazione avrebbe potuto leggere i dati delle analisi sul glifosato per capire la scarsa rilevanza del problema, evitando di mandare in onda un servizio dai toni allarmistici in contrasto con i risultati delle analisi. Forse qualcuno in redazione crede o ha creduto alle storielle di Coldiretti sul glifosato in linea con quella del grano canadese contaminato da micotossine cancerogene, raccontate così bene da sembrare vere.
P.S.
In Italia nell’ambito agricolo alimentare l’impiego del glifosato è vietato dal 22 agosto 2016, ma solo nella fase di pre-raccolta (da noi si usa di solito nelle regioni del nord dopo estati umide per essiccare la pianta e ottimizzare il raccolto dei cereali, questa pratica è invece utilizzata in Canada e in altri Paesi in modo regolare). In Italia dal 22 maggio 2017 è vietata la vendita solo di prodotti contenenti glifosato abbinato al coformulante ammina di sego polietossilata. La vendita del glifosato puro, oppure abbinato ad altri coformulati è autorizzata (tranne in fase di pre-raccolta) tanto più che si può acquistare tranquillamente su Amazon.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Ottima spiegazione.
Ma dopo la documentazione ecc.viene detto che “pare che anche quantità minime di glifosato siano dannose”…
Ho sentito male?
Ma questo non è un dato certo!
Dopo l’inverosimile equazione micotossine = prodotto importato, recentemente scomparsa dalle cronache e forse frettolosamente ritirata per palese distorcimento della realtà che vede infatti anche la materia prima nazionale esposta alle naturali contaminazioni da funghi Fusarium (fortunatamente con frequenze e livelli generalmente bassi e comunque controllabili), ora la grancassa dell’allarmismo si è spostata sul Gliphosate.
Ma, come per tante sostanze diffuse nell’aria, nell’acqua e nei cibi, anche per il gliphosate quando la mission è volerlo trovare e con accanimento lo si cerca, allora alla fine, con malcelata soddisfazione, lo si trova. Ma grazie soprattutto a tecniche analitiche sempre più incisive e raffinate, spesso i valori riscontrati sono infinitesimali, il più delle volte in quantità migliaia di volte inferiori alla pur prudenziale soglia minima di sicurezza. Il sospetto è che più di applicazioni dirette alla coltura possano essere la deriva dell’uso eccessivo che se ne fa per seccare scarpate stradali e ferroviarie oppure in caso di diserbi preventivi su sodo, ma comunque lontanissimi dalla raccolta e non sulla pianta che deve essere ancora seminata
. Riscontri però obiettivamente di nessun rischio per la salute tanto che si è dovuto evidenziare che per avere un comunque improbabile effetto sull’uomo una singola persona dovrebbe mangiare 500 kg (5 q.li) di pasta AL GIORNO (sarebbe bello che qualcuno ci provasse, così tanto per entrare nel Guinness dei Primati – “primati” nella doppia accezione)
Insomma i limiti del gliphosate nel grano sono frutto della ricerca e dello studio di preparati ricercatori italiani ed europei recepiti dal Ministero della Sanità che li ha fissati a 10 ppm = 10 milligrammi/kg.
Se nei pretesi scoop allarmistico-scandalistici che infestano FACEBOOK (e relativi preoccupati ed indignati rimandi virali) si grida “dalle al monatto”…perché “c’è anche nella pasta 100% grano italiano!!! I “nostri (??)” laboratori hanno trovato 0.01-0.3 ppm…”
E allora? Dov’è il mostro avvelenatore? Cosa si dovrebbe serenamente rispondere? Come per il DON a 80 ppb di qualche mese fa, anche in questo caso ottima pasta direi, centinaia, migliaia di volte più sana dei già prudenziali limiti.
Ieri hanno pulito i vetri nelle scale condominiali col Vetril…è probabile che, se la cerco accanitamente, troverò ammoniaca nell’aria della camera da letto a 0.01 scarso ppm. Che faccio, obbligo l’amministratore a convocare assemblea urgente per contrastare la teribbbile minaccia chimica?
Buonasera Apprezzo la sua spiegazione , chiara e precisa , dal basso della mia ignoranza in materia la condivido Ma allora le domando , come mai gli organismi di controllo non prendono posizione contro quelle associazioni , enti o quale altro gruppo organizzato e riconosciuto , che, con mala informazione tendono a gettare discredito sugli organismi di controllo stessi ? Come mai non intervengono a tranquillizzare gli animi dei normali consumatori ? Questo comportamento ”neutro” non fa altro che peggiorare la situazione
Come mai poi questo accanimento riguardo le etichettature dei prodotti , provenienze ecc ecc quando sarebbe sufficiente che il prodotto fosse accompagnato da una semplice scheda tecnica dichiarante da cosa e’ composto e come e’ prodotto
bisognerebbe comunque scegliere di non essere contaminati, in totale liberta’, o di contaminarsi ,in totale liberta’, potendo leggere sull’etichetta cosa ingerisco o respiro utilizzando un prodotto.
Il problema e’ solo l’inganno alimentare a cui e’ sottoposto il consumatore che non e’ libero di farlo perche’non gli viene spiegato che c’e dentro cio’ che mangia o beve o respira.
Mi permetto di contestarle l’uso dell’aggettivo “avvincente” riferito a quello che è diventato “Report” ovvero un’accozzaglia poco approfondita, poco chiara e superficiale di tematiche affrontate in maniera confusa 4 alla volta, descritte come approfondita analisi che invece è l’equivalente di dire di aver visto un film dopo avere, in realtà, visto solo il trailer.
Tipico ed emblematico esempio che la causa viene prima delle conseguenze:
I pastai si oppongono alla trasparenza sull’origine del grano in etichetta, i rappresentanti degli agricoltori italiani convinti di essere penalizzati dalle importazioni di grano estero, reagiscono con iniziative eclatanti ed eccessive, di cui il servizio di Report ne è la sintesi ultima.
La nascondenza e l’esasperazione hanno drammatizzato un problema oltre la sua reale portata, creando un conflitto tra fornitori, trasformatori e consumatori.
I pastai sono liberi di usare le materie prime più adatte ai loro impianti produttivi fortemente industrializzati, senza svalutare la qualità nutrizionale ed il giusto prezzo del grano italiano, ma dichiarando ai consumatori cosa impiegano in etichetta.
Le associazioni degli agricoltori italiani creino consorzi di ricerca, per una migliore valorizzazione delle qualità varietali da coltivare nei nostri privilegiati territori nazionali, dove il clima mediterraneo, la fama e la tradizione nostrana della nostra pasta sono molto apprezzate e ricercate in tutto il mondo.
Credo che ciascuno sia libero di scegliere il cibo che vuole, importante è che l’etichetta indichi con chiarezza tutto ciò che il consumatore deve sapere (luogo di produzione, materie prime utilizzate e loro provenienza, tecnica di produzione del prodotto e delle materie prime, …….). Insomma un insieme di osservazioni che rendano l’acquisto consapevole. Una condiderazione sulle molecole chimiche che ingeriamo con cibo, acqua e aria inquinate: tutto e sempre sotto i limiti, ma purtroppo quando introduco nell’organismo tante molecole diverse ( tutte nei limiti di legge) cosa succede con la loro combinazione / reazione dentro ai nostro organi?? Quali metaboliti si formano? Quali sono le conseguenze??
L’articolo parla del servizio di Report sul glifosato omettendo di citare alcuni aspetti fondamentali evidenziati dalla trasmissione: 1) che l’Efsa ha stilato il suo rapporto facendo copia e incolla di passaggi interi di uno studio prodotto dall’agenzia tedesca Bfr che a sua volta, come denunciato da diversi parlamentari europei, ha copiato da una ricerca del “Glyphosate Task Force” (l’organizzazione dei produttori di glifosato!) 2) che ci sono vari conflitti di interessi: ad esempio nella commissione tecnica della Bfr siedono tre rappresentanti dell’industria chimica produttrice di glifosato: Monika Bross e Ivana Fegert della Basf, e Frank Pierre Laport, della Bayern; 3) che uno studio condotto dall’Istituto Ramazzini di Bologna dimostrerebbe la nocività del glifosato anche in dosi minime, smentendo le ricerche (o meglio, i rapporti) dell’Efsa.
Sull’argomento si possono avere pareri diversi però se si fa riferimento ad una trasmissione (tra l’altro disponibile sul web) e al suo “presunto scoop” sarebbe meglio non ometterne i passaggi più salienti.
Concludo richiamando il principio di precauzione che, a quanto mi risulta, l’Europa ha adottato come strumento fondamentale di decisione, e che dovrebbe, nell’interesse di tutti, sempre guidare le nostre azioni.
Bernhard Url, Direttore esecutivo di Efsa, ha così commentato la bufala che Efsa avrebbe copiato pari pari dai dossier forniti da Monsanto per realizzare il proprio giudizio finale su glifosate: “Sfortunatamente, le recenti asserzioni sembrano far parte di una campagna architettata ad arte, nonché l’ultima di una serie di azioni per screditare il processo scientifico su cui si basa la valutazione Ue di glifosate”.
La bufala nasce dalla mancata conoscenza degli iter normativi dell’Efsa.
La procedura seguita dall’Efsa per il glifosato è del tutto conforme a quanto prescritto dall’iter legislativo. Una società richiedente avanza un dossier, peraltro compilato anche in modo conforme alle linee guida continentali. Quindi lo Stato “rapporteur” (Rapporteur State Member, RSM) lo valuta e infine lo passa all’Efsa.
“Se lo RMS concorda con una particolare sintesi o una valutazione, può incorporare il testo direttamente nella bozza di relazione di valutazione”, ricorda Efsa. L’RMS per glifosato è la Germania, con il suo Bfr, ovvero l’istituto per la valutazione dei rischi.
Peraltro, nella sua relazione valutativa del rinnovo di glifosato, in acronimo RAR, si evidenziano numerosi passaggi nei quali i testi del dossier di Monsanto sono stati modificati e corretti ove ciò era necessario.
Chissà se ora i media (ha iniziato il quotidiano inglese Guardian, gli altri hanno ripreso la notizia senza fare alcuna verifica) che si sono mostrati così pronti a lanciare fango sull’Efsa correggerà il tiro. Non che ciò conti più di tanto, perché si sa bene che dopo che una bufala è entrata nella testa dei lettori una eventuale rettifica serve solo a consolidarla ancora di più.
Non resta quindi che annotare l’ennesimo caso di disinformazione sul glifosato.
Per quanto riguarda invece i sospetti che sono stati avanzati sull’integrità scientifica dell’EFSA, in mancanza di argomenti scientifici c’è un trucco a cui le opposte tifoserie (come nel caso del glifosato) ricorrono ogni qual volta gli scienziati sostengono tesi a loro non gradite: accusarli di essere al soldo di potenti lobby e di nascondere verità inconfessabili. Ma questa è un’altra storia.
L’Efsa è esposta a critiche perché, per la formulazione del proprio parere, ha preso in considerazione sei studi di roditori di fonte industriale, che lo Iarc dell’Oms si era rifiutato di includere nella formulazione del proprio parere, perché non ancora interamente pubblici. Inoltre, le polemiche sul copia-incolla sono nate solo dopo che, grazie a un tribunale Usa, sono stati resi pubblici alcuni studi (non ricordo se proprio quei sei) di Monsanto e altri, sino ad allora riservati. È a questo punto che si è visto che un centinaio di pagine del parere dell’Efsa erano uguali a quelle di questi studi. L’Efsa dice che è tutto corretto ma la sua posizione è attaccabile a causa della mancanza di trasparenza che ha caratterizzato il suo processo decisionale.
Ma guarda coloro che gridavano contro l’olio di palma adesso difendono il glisofato. Anche con il palma si disse che si sarebbero dovute mangiare quantità congrue per aspettarsi qualche(?) effetto indesiderato. Ma siccome da colpire erano gli interessi precisi di una precisa azienda per favorirne altre precise, si è passati sopra e sotto a tutto. E ora ci troviamo con succedanei molto più dannosi o con il burro, che grazie anche ai nemici del palma, ha raggiunto prezzi del 300% in più.
Veramente l’olio di palma era utilizzato dalla stragrande maggioranza delle aziende alimentari italiane e non da una. C’è di più, l’ISS ha pubblicato un report mettendo in guardia i ragazzini che ne assumevano troppi grassi saturi provenienti dal palma tutti i giorni. Diciamo che il confronto con il glifosato non regge, per raggiungere la quantità limite devo mangiare da 100 a 300 kg di pasta l’anno.
In ogni caso il problema del glifosato va risolto e auspichiamo la messa a punto di nuovi antiparassitari ma di questo ne parleremo presto .
Intanto cìè da prendere atto che le conclusioni di Report, alla ricerca o no dello scoop, sono state oneste e contro una tesi che si vorrebbe vedere come sostenuta ad ogni costo. Nessun senso di allarme è stato trasmesso a chi abbia ascoltato con un minimo di spirito critico la trasmissione e mi sembra di ricordare però di un conflitto fra controllori e controllati CHE NESSUNO HA MINIMAMENTE RICORDATO. Se si vuole attaccare questa “sordida” trasmissione pluriquerelata e pluriassolta (al contrario di eminenti politici che torneranno a governare il paese “a dispetto di tutto”). Invece le giustificazioni sulle dosi minime, sulla scarsa pericolosità in nome di una società ormai avvelenata, lo snobbare lo scandalo degli agricoltori italiani sovenzionati ad ettaro per NON produrre grano, sono segnali di leggerezza (spero non di malafede).
La scocietà é cosi’ avvelenata che la vita media si é elevata a 82,6 anni. Negli ultimi 50 anni bbiamo guadato 14 anni.
Caro La Pira non pecchi di eccessiva prudenza…
Se il limite Min Salute- EU è 10 mg/kg e il web ignorante e TeleScandalo invitano alla rivolta nazional-popolare perché hanno trovato (a- aah !) 0.1 mg/kg vuol dire che per avvicinarsi a possibili rischi bisognerà ingurgitare NON da 100 a 300 kg di pasta l’ANNO ma, come riportato nel bell’articolo qui sopra “bisognerebbe mangiare da 100 a 600 kg di pasta al giorno per superare i livelli stabiliti dall’Efsa!“ AL GIORNO !
Mi permetto di insistere: (sarebbe bello che qualcuno ci provasse, CASO MAI IN PRIMA SERATA così tanto per entrare nel Guinness dei Primati – “primati” nella doppia accezione)
Il Glifosate (e anche il cugino più “facile” Glisofate) poi non è un antiparassitario, la ringrazio perché almeno lei non abusa del falsoinglisc terrorizzante ma che non significa nulla “pesticida” . Bensì un erbicida totale, disseccante, che tanto viene abusato su Soia OGM resistente, scarpate stradali e ferroviarie .
Nessuno in Italia lo usa per anticipare le raccolte del grano, neanche in Canada poi ne fanno i bagni comicamente descritti (5 interventi!!! alla faccia del bilancio economico, semmai non fregasse nulla dell’etica )dal “nostro inviato” bensì, ma cmq non diffusissimo, per preparare i letti di semina su sodo per la cd Agricoltura Conservativa che cerca di ridurre i pericolosi fenomeni di erosione e perdita di strati fertili evitando le costose lavorazioni tradizionali (aratura in primis).
Al momento le molecole sintetiche alternative disponibili sono sicuramente PIU’ TOSSICHE
Concordo in pieno, solo due aggiunte; l’uso in ambito ferroviario è NECESSARIO per garantire la sicurezza, il rischio è che la crescita delle infestanti copra segnali importanti, a che mi risulti non se ne abusa tenendo conto anche qui dei tempi e delle quantità necessarie per intervenire su tutta la rete, quanto all’aratura non dimenticherei il consumo di gasolio e quindi l’immissione di CO2 che si genera con le lavorazioni profonde, a meno di tornare alle lavorazioni con gli animali ma a quel punto interverranno a condannare lo sfruttamento di “poveri esseri senzienti”, come sempre la realtà è molto più complessa di come viene dipinta da facili trasmissioni scandalistiche.
Gentile Sig. And
La ringrazio per la sua risposta che non solo condivido, ma mi permette un fine settimana meno plumbeo perché mi dona un piccola speranza che nel CIALTRONEVO fideistico-ignorante qualche coraggioso cervello pensante osi ancora esprimersi con equilibrio razionale.
E’ vero nelle scarpate ferroviarie il Gliphosate viene usato con giusto raziocinio e prudenza, ma quando si scrive molte volte si semplifica soprattutto la forma e il concetto finisce per essere distorto e, non essendo questo ciò che volevo dire, me ne scuso.
L’abuso, nel senso di uso eccessivo, era riferito infatti alle coltivazioni di SOIA OGM, creata appunto per resistere a veri “bagni ” di gliphosate, fatti con mezzi aerei nelle vaste pianure centro e sud americane quando la coltura è in pieno vigore, non quando ormai morta (asciugamento pre-raccolta) o quando nemmeno è seminata (agricoltura conservativa- semine su sodo). E considerando che l’85% di soia mondiale è proprio OGM mi faceva sorridere ( e anche incavolare) invece questo incredibile accanimento suicida sulla regina della dieta mediterranea, dove infatti si montano ridicoli scoop su riscontri infinitesimali (0.1 ppm), centinaia di volte più bassi dei già prudenziali limiti (10 ppm).
L’erosione degli strati fertili è un grave problema mondiale e in parte anche italiano e l’agricoltura conservativa con le semine su sodo cerca di dare risposte concrete anche nell’ottica di contenimento di costi di produzione ormai insostenibili in occidente se poi i ricavi seguono invece logiche di globalizzazione.
Non essendoci Soia OGM in Italia , allora, se questi allegri allarmisti , veramente (“nei nostri laboratori ?? Quali ? , di grazia) trovano questi pur insignificanti riscontri, oltre alle scarpate ferroviarie, stradali e comunali quelle tracce ridicole potrebbero venire dai (ancora pochi) coltivatori che hanno adottato la semina su sodo.
Anche se il grano duro, soprattutto con questa insufficiente remunerazione, fa scarsissimo impiego di chimica ( secondo ISTAT fa uso di trattamenti solo il il 30% circa delle aziende italiane e di queste il 90% usa 1 solo trattamento diserbante a fine inverno, non certo il gliphosate che ucciderebbe anche il grano).
Per una scelta coerente e rigorosa si potrebbe optare sul biologico e l’Italia e il grano duro sono al 1° posto come scelta bio. Ma anche su quelle paste son state dette tante inutili ridicole cattiverie strumentali da far cominciare a dubitare i tanti importatori euro pei che invece guardano ancora con simpatia e fiducia all’agroalimentare del nostro Paese. Ma chissà ancora per quanto tempo…
Gent. caiofabricius
leggo i suoi commenti che apprezzo, non sono un agronomo ma per tradizione famigliare e lavoro credo di conoscere bene la realtà agricola che purtroppo, a leggere certi commenti, penso sia ormai materia oscura a inurbati cittadini che mai in vita loro hanno preso in mano una zappa (al più una paletta in uno striminzito vaso di città), men che meno (fortunatamente) hanno mai avuto a che fare con agrofarmaci (termine che rischia, in questi tempi di ritorno agli stregoni, di essere altrettanto pauroso quanto pesticidi) e per i quali si creano e inaugurano in pompa magna (anche con soldi pubblici) Disneyworld del cibo inondandoli di luoghi comuni e peggiorando una situazione già tragica di suo, la precisazione sull’ambito ferroviario era per un commento apparso su un altro articolo sempre a proposito di glifosate in cui qualcuno lamentava “addirittura” l’esistenza di un carro diserbante, proporrei a questi signori (e non solo) la pulizia con zappa e badile delle massicciate nelle nostre regioni meridionali nei mesi da giugno ad agosto, credo che cambierebbero idea su molte cose. Tralascio ogni commento sulla soia che dovrebbe, secondo alcuni, diventare la fonte proteica del futuro. Il tutto prosegue con il concorso di associazioni di categoria e del non ministro dell’agricoltura.
Mah, a mio avviso si tratta essenzialmente di una sfrontata campagna di marketinkg da parte delle associazioni di agricoltori per convincere gli italiani a pagare un ‘premio’ per i prodotti alimentari con ingredienti di provenienza italiana: si crea sfiducia sui prodotti alimentari importati e contemporaneamente si chiede che in etichetta sia riportata la provenienza degli ingredienti. A questo punto il consumatore ‘chiede’ il prodotto 100% italiano, la domanda di cereali (e perché no anche di altre derrate) ‘italiani’ sale e di conseguenza gli agricoltori si sganciano dal mercato delle commodity…
Il rischio è di ‘rompere il giocattolo’ (industria agro-alimentare): se non posso permettermi la Barilla premium 100% italiana, ma solo quella plebea con grano canadese ‘sicuramente scadente e insalubre’, a ‘sto punto mi prendo la Panzani che costa ancora meno e ‘tanto è uguale’
La posizione dell’industria è difficile, se sostengono che la provenienza della materia prima non conta ma è importante solo la sua qualità, smontano la leggenda della ‘tradizione italiana’ e rischiano di tagliarsi le gambe…
L’articolo parla del servizio di Report sul glifosato omettendo di citare alcuni aspetti fondamentali evidenziati dalla trasmissione: 1) che l’Efsa ha stilato il suo rapporto facendo copia e incolla di passaggi interi di uno studio prodotto dall’agenzia tedesca Bfr che a sua volta, come denunciato da diversi parlamentari europei, ha copiato da una ricerca del “Glyphosate Task Force” (l’organizzazione dei produttori di glifosato!) 2) che ci sono vari conflitti di interessi: ad esempio nella commissione tecnica della Bfr siedono tre rappresentanti dell’industria chimica produttrice di glifosato: Monika Bross e Ivana Fegert della Basf, e Frank Pierre Laport, della Bayern; 3) che uno studio condotto dall’Istituto Ramazzini di Bologna dimostrerebbe la nocività del glifosato anche in dosi minime, smentendo le ricerche (o meglio, i rapporti) dell’Efsa.
Sull’argomento si possono avere pareri diversi però se si fa riferimento ad una trasmissione (tra l’altro disponibile sul web) e al suo “presunto scoop” sarebbe meglio non ometterne i passaggi più salienti.
Concludo richiamando il principio di precauzione che, a quanto mi risulta, l’Europa ha adottato come strumento fondamentale di decisione, e che dovrebbe, nell’interesse di tutti, sempre guidare le nostre azioni.
Gaspare Bisceglia
Purtroppo manca un parere unico e lo aspettiamo fiduciosi. Ciò non toglie che i valori sono quelli ben al di sotto dei limiti di soglia.
Interferenti endocrini, Acrilammide, Arsenico, Cadmio, Piombo, Mercurio, PM2 e PM10, Istamina, Fipronil, Glifosato, ecc..
Efsa e qualche altra Agenzia o scienziato luminare (senza ironia ma solo pre-occupazione), può spiegarci come queste molecole introdotte nell’organismo in quantità entro i limiti di legge, reagiscono tra loro, in cosa si trasformano, come si accumulano e quali possibili effetti potrebbero causare nell’organismo di un bambino, di un ammalato, di una gestante, di una persona anziana, ma anche di un adulto sano buon mangiatore quotidiano di pasta, riso, carne, pesce, uova, patatine fritte…?
Perché è sempre la somma che fa il totale e non un singolo valore di soglia, che se fosse l’unico, potremo tranquillamente accettare.
Problemi estesi, impattanti ad effetto cumulativo molto sottovalutato.
Quoto. Non è necessario mangiare solo la pasta. Ma il glifosato si trova anche in altri alimenti. E allora sommiamo tutte le quantità introdotte nel nostro organismo anche con altri metodi ed alimenti.
E a pensare che al sud Italia una volta vi erano distese di grano che non avevano bisogno di sostanze chimiche per l’essiccazione….. E stavamo tranquilli di cosa mangiavamo.
Io come consumatore credo di aver diritto di conoscere, fra le altre cose, la provenienza delle materie prime con la maggiore accuratezza possibile indipendentemente da ogni altra argomentazione! Poi si potranno fare tutti i discorsi immaginabili e possibili su modi di coltivazione, qualità dei terreni, clima, glifosate e quant’altro ma a mio avviso non hanno nulla a che fare con il diritto del consumatore di avere il numero maggiore di informazioni per poter scegliere e nessuno deve erigersi a giudice e decidere questo te lo dico e questo no.
La sintesi è ottima e condivisibile, ma il conflitto è economico, esteso e totale.
Mugnai e pastai contro i loro principali fornitori di grano, i coltivatori italiani ed i pastai negazionisti contro i loro principali clienti consumatori, sempre noi italiani.
Se non fosse una cosa seria, ci sarebbe da ridere sopra queste evidenti contraddizioni!
Stranamente ma in modo opposto, i trasformatori di pomodoro italiani hanno scelto la trasparenza a favore dei loro clienti e fornitori, dichiarando volontariamente e volentieri l’origine delle materie prime da loro utilizzate.
Misteri del marketing?!
Nessun mistero del marketing, semplicemente convenienza, dato che il pomodoro di importazione è una quota inesistente dichiarare l’origine conviene a tutti, spiegare che il grano, o qualunque dei molti altri prodotti importati necessari a mantenere l’industria agroalimentare che esporta e crea ricchezza (oltre che a sfamarci), è sicuro tanto quelli nazionali (magari è pure meglio), stante la disinformazione imperante di Coldiretti e affini, risulta più difficile e crea squilibri concorrenziali.
“Perché il principale importatore di questo prodotto è proprio il nostro paese: nel 2016, secondo i dati dell’agenzia delle dogane, sono arrivati in Italia 92mila tonnellate di triplo concentrato made in China. Una cifra che segna un aumento del 40 per cento rispetto all’anno precedente.”
Questi sono i dati dell’Agenzia delle Dogane riportati da Stefano Liberti, giornalista, sulla pagina
https://www.internazionale.it/reportage/stefano-liberti/2017/04/08/pomodoro-cina-italia
Concordo che trattasi di pura convenienza commerciale (marketing), ma che la saggezza e la lungimiranza delle due categorie di trasformatori abbiano diversamente impiegato appare un dato evidente, almeno ai consumatori italiani richiedenti trasparenza.
Scusate la mia domanda, ma da persona non addetta ai lavori mi viene di chiedere :
– come mai non si parla del grano tenero che il nostro paese ne importa da Francia (25%), Austria (15%) e Ungheria (14%) ?
– anche per queste coltivazioni si utilizza il glifosato o no?
– perché si parla solo della pasta ( di cui circa il 50% del grano duro è importato dal Canada) e non degli altri prodotti da forno?
Grazie mille a chi vorrà rispondermi
Buongiorno, non sono agronoma o esperta ma solamente una cittadina attenta e responsabile e interessata alla questioni che riguardino salute, cibo, ambiente, contraria a Trattati come il Ceta.
Alcune puntualizzazioni
1.ci preoccupa l’abolizione del principio di precauzione, unico argine alle invasioni delle lobby come Bayer e Monsanto che non operano certo per i diritti ma per i profitti;
2.la fusione dei due giganti non porterà solo ad un consolidamento del glifosato ma anche anche alle limitazioni della proprietà dei semi, già in atto in nord America
3. il sistema delle etichettature va potenziato e dettagliato per tutelare i cittadini da importazioni di prodotti di cui anche non sia stata accertata la pericolosità ma che presentano sostanze suscettibili di avere amare conseguenze, vero principio di civiltà
4. nelle etichette non va solo elencato il glifosato ma anche la percentuale della sostanza
4. l’economia canadese, in passato una a, petroleconomia ha avuto un riposizionamento verso un’ agricoltura intensiva che permette enormi guadagni e poche tutele ed è questo che vogliamo? Perché coltivare il grano duro sopra il 40° parallelo in un clima umido?
5.Non dico di tornare a un’agricoltura di sussistenza ma attenzione a non distruggere in Europa per il profitto di pochi i tentativi di un’ economia responsabile e solidale
Emilia
concordo
“Dopo l’inverosimile equazione micotossine = prodotto importato, recentemente scomparsa dalle cronache e forse frettolosamente ritirata per palese distorcimento della realtà che vede infatti anche la materia prima nazionale esposta alle naturali contaminazioni da funghi Fusarium (fortunatamente con frequenze e livelli generalmente bassi e comunque controllabili), ora la grancassa dell’allarmismo si è spostata sul Gliphosate. ”
E, come studiato e previsto dagli architetti delle bufale allarmistiche, stavolta con successo virale tanto sdegnato e senza appello quanto ignorante e aggressivo (stesso percorso di Ipazia).
Mi auguro che dopo molte altre importanti fonti di lavoro e benessere nazionale, anche i 120 pastifici chiudano e si trasferiscano all’estero. Chissà, un minore opulenza potrebbe riportare nei giusti binari l’attuale approccio psicopatologico sul cibo oppure, non tutti i mali vengono per nuocere, arrestare l’innalzamento dell’età media di vita, consentendo di interrompere il perverso adeguamento “Fornero” e finalmente andare in pensione un po’ prima di 70 anni…Eddai, senza denti, a cosa ci servirà quella velenosa pasta al dente? Ci mangeremo solo ottimo Tofu di Soia OGM gliphosate resistant
Mi fa piacere notare due piccole sfumature nell’articolo……….fino a “qualche articolo fa” …..una delle varie “bufale” era che …….il glifosato era usato in canada in pre-raccolta… . . . . ……ora è diventato ufficiale ……
mi fa piacere riscontrare inoltre che cosi come “in molti alimenti ci sono sostanze tossiche e anche cancerogene, ma in quantità talmente piccole che non rappresentano un serio rischio per la persona. Sulla base di questo concetto consumiamo con una certa cautela i salumi”
io è già da tempo che consumo con una certa cautela anche la pasta e ..i prodotti a base di farine….sopratutto quando non ne conosco la provenienza poichè “è la somma che fa il totale”.
E …..quantomeno, dal 2016, posso ipotizzare che rispetto alle percentuali evidenziate nel servizio di report nei prodotti realizzati con farine di origini straniere , nelle paste e nei prodotti a base di farine di origine italiana, ci saranno delle percentuali ancora più basse e ………la somma ….avrà un totale ancora inferiore
p.s. io mi auguro non tanto che ….nei prossimi 50 anni la vita si allunghi ancora di piu……..ma che non si accorci drasticamente……e sopratutto…. in “malo modo”!
Se non consideriamo le quantità e i livelli massimi allora dobbiamo smettere di mangiare tutti i prodotti che contengono acrilammide ( patatine fritte, pane, pizza, fette biscottate…) la maggioranza dei prodotti ortofrutticoli che contengono quantità di antiparassitari e pesticidi al di sotto dei limiti, i salumi e le carni processate, e via dicendo …
C’è la scelta bio che è una scelta molto interessante ma anche in questo caso certi additivi ci sono lo stesso. Oggi è impensabile non fare una seria valutazione del rischio quando si prende in esame un problema
La solita infinita diatriba tra i pro e i contro qualcosa. Eppure sarebbe così semplice: informare pluralisticamente e lasciar decidere le persone. Io per esempio voglio mangiare prodotti locali e non voglio mangiare prodotti coltivati con la chimica. E non voglio dover giustificare le mie scelte a nessuno. Quindi vorrei etichette che mi dicano come sono stati coltivati i cibi che compro e che mi dicano da dove vengono.
Poi se uno preferisce la pasta al grano canadese con il glifosato, affari suoi.