In questi giorni in rete e sui quotidiani online si susseguono decine di articoli per commemorare il “Pasta day”, una giornata molto importane per l’Italia che ha eletto gli spaghetti e la pizza a simboli nazionali del buon gusto. I titoli si sprecano: “La pasta simbolo del made in Italy”, “La pasta italiana la migliore del mondo”, “Gli italiani primi consumatori con 23,3 kg pro capite anni davanti a Tunisia, Venezuela e Grecia”. È tutto vero. Il nostro Paese è il primo produttore di pasta al mondo con 3,9 milioni di tonnellate (il 60% si esporta).
Tutto ciò è possibile perché la pasta è preparata con il migliore frumento duro, accuratamente selezionato, miscelato e trasformato prima in semola e poi in spaghetti. Questa ricorrenza è sfuggita al presidente di Coldiretti Ettore Prandini, che di solito non perde occasione per decantare i prodotti del made in Italy, oltre che per sollecitare stanziamenti del governo a favore dei suoi associati. Forse Prandini ha qualche difficoltà a celebrare il Pasta day, dopo avere manifestato per anni contro le navi ancorate nei porti pugliesi, e non solo, che trasportavano grano duro proveniente da Canada, Francia, Turchia, America. Si tratta infatti dello stesso grano di ottima qualità necessario per fare diventare gli spaghetti italiani i migliori al mondo.
Pasta italiana fatta con il 50% di semola importata
Ettore Prandini ha una rete di collaboratori molto preparati, e sa che la festa della pasta è possibile perché la metà della materia prima viene importata attraverso le navi che ha l’abitudine di assaltare. I dati sono difficilmente contestabili. Secondo Confagricoltura il grano duro italiano è passato dal 78% del 2012 al 56% del 2023 e, probabilmente, quest’anno scenderà sotto il 50%.
È vero che nei supermercati negli ultimi anni è aumentata la pasta preparata con 100% di semola italiana, ma si tratta di una fascia ridotta. Per il capitano di vascello Ettore Prandini e i suoi marinai armati di bandiere gialle, sempre pronti a manifestare contro il grano, il pomodoro e altre materie prime che arrivano dall’estero è difficile celebrare il prodotto principe del made in Italy,
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
in base a quali sostiene che il grano estero equivale a quello nostrano ?
Nell’articolo si dice che il grano estero è di alta qualità come quello italiano se non migliore. Se non fosse così, non lo importeremmo, non lo pagheremo più del nostro e non potremmo preparare la pasta migliore del mondo
Scusi Dott. La Pira ma la sua risposta non mi convince. Forse importiamo grano perché la nostra produzione è insufficiente a coprire i fabbisogni, forse lo paghiamo più del nostro perché i costi di trasporto sono elevati, quindi non penso siano questi i parametri da valutare per sostenere che il grano importato sia di alta qualità come il nostro.
Ripeto il grande importato è di alta qualità. È un concetto che nessuno mette in dubbio solo lei