Salviamo il panettone dalle creme farcite, dalla farina di mais e di riso, dal mascarpone, dal marketing e dall’Aidepi che ha permesso lo stravolgimento della ricetta tradizionale
Salviamo il panettone dalle creme farcite, dalla farina di mais e di riso, dal mascarpone, dal marketing e dall’Aidepi che ha permesso lo stravolgimento della ricetta tradizionale
Roberto La Pira 6 Dicembre 2016Salviamo il panettone! È quanto viene voglia di urlare in questi giorni mentre si fa la spesa al supermercato e camminando tra scaffali spuntano dolci di Natale di ogni tipo. Li trovi all’ingresso, a fianco della frutta, nell’area dei biscotti o abbinati agli spumanti. In questo ‘mare magnum’ di marche e confezioni sfavillanti diventa difficile individuare il panettone o il pandoro vero, quello preparato con farina di frumento, uvetta, burro e uova e frutta candita. La difficoltà è così evidente che anche le aziende, cercano di distinguere il prodotto tradizionale aggiungendo appellativi come “classico”, “tradizionale”, “originale”. In alcune confezioni (vedi foto in alto) la parola panettone è addirittura posta in secondo piano, tanto è poco rilevante. In questi giorni sugli scaffali si trovano troppi “panettoni” farciti con: crema pasticcera, gocce di cioccolato, mascarpone, tiramisù, pistacchio di Bronte, nocciola, fior di latte, moe , amarene, arancio, integrale, liquore Cointreau, vino Barolo e quant’altro… Per il pandoro le offerte includono farciture come: panna e cioccolato, gran crema, Limoncé… L’assortimento non finisce qui, perché si trova pure “Gran chef”, un panettone gastronomico, da abbinare a pomodoro, mozzarella, formaggio e olive.
Il paradosso arriva con i panettoni “senza”. Se quelli “senza canditi” ma con il doppio di uvette sono strani ma con molta fantasia forse accettabili, quelli “senza canditi e senza uvette” o addirittura “senza farina di frumento” sono un vero rebus. Marchi come Motta e Bauli sono riusciti, a dispetto di ogni logica pasticcera, a preparare il tipico dolce tradizionale senza l’ingrediente principale, per seguire la nuova moda del gluten-free, che va ben oltre le specifiche esigenze dei celiaci. La vendita di prodotti per celiaci è raddoppiata in pochissimi anni e la crescita non trova giustificazioni, visto che il numero dei celiaci è triplicato negli ultimi 8 anni! Le motivazioni sono da ricercare nella politica di marketing delle aziende, che ha convinto molte persone ad acquistare cibo per celiaci lasciando intendere che sono prodotti, più controllati e di qualità superiore. Tutto ciò avviene anche per panettoni e pandori che però sono dolci tipici della tradizione natalizia, protetti da un disciplinare datato 22 luglio 2005 a firma del Ministero delle politiche agricole e forestali. Il testo definisce con molta chiarezza l’elenco degli ingredienti principali (farina di frumento, burro, uvetta, canditi, uova …) e le rispettive quantità minime. Il panettone e il pandoro senza farina sono però un vero miracolo del marketing difficile da giustificare. È un po’ come se sul mercato venissero venduti Parmigiano Reggiano e Grana Padano preparati con latte di soia per non penalizzare i consumatori allergici al latte, oppure se la mortadella IGP venisse preparata con proteine di soia aromatizzate per accontentare i vegetariani, mantenendo però sulle etichette la stessa denominazione dei prodotti tradizionali. Il paragone non è così strano, visto che nei panettoni e pandori per celiaci la farina di grano – che è l’ingrediente principale – viene sostituita con amido di mais, fecola di patate, farina di riso e tanti addensanti per amalgamare gli ingredienti. La strana alchimia è possibile da quando Aidepi (associazione di categoria dei grandi marchi italiani che aveva a suo tempo costruito il decreto a tutela e salvaguardia dei dolci della tradizione e che negli ultimi anni si è invece ‘invaghita’ dell’olio di palma ndr) ha inserito nel disciplinare una variazione della ricetta con l’avallo del Ministero della salute.
A questo punto, sorgono spontanee alcune domande. Perché il Ministero ha avallato la produzione del panettoni e pandori senza farina di frumento per i celiaci, senza concedere una deroga analoga per quelli senza zucchero rivolti ai diabetici, che invece non possono venire etichettati come panettone o pandoro? Seguendo la stessa logica, perché non concedere deroghe a favore delle persone allergiche al latte autorizzando i dolci tipici preparati con olio di palma e per le persone allergiche alle uova panettoni con idrolizzati di proteine e lecitine di anziché burro e uova? Sembra di essere di fronte a tutele asimmetriche, collegate ai trend di mercato e non certo al benessere. Se questo è lo schema da seguire per il cibo tradizionale tipico del made in Italy, analoghe deroghe dovrebbero esserci per i prodotti Dop e Igp. Si tratta di scelte assurde che rovinano l’immagine del cibo tradizionale e confondono le idee ai consumatori, favorendo il numero di cibi lontani mille miglia dalla ricetta originale.
Panettone e pandoro sono i migliori prodotti da forno della pasticceria industriale italiana, penalizzati da una politica di prezzi sottocosto adottata dai supermercati che ne svilisce l’eccellenza. Sono dolci realizzati con gli ingredienti di pregio e necessitano di una lievitazione naturale di 24 – 72 ore. La recente deroga per il celiaci, così come quelle previste nel disciplinare del 2015 (che consentono varianti farcite (*) oltre alla preparazione di dolci senza canditi e senza uvetta), apre la strada allo snaturamento di un prodotto apprezzato nel mondo perché rispetta la tradizione. La maggior parte delle concessioni – a partire dalla sostituzione dell’ingrediente principale – contribuiscono a disperdere il valore dei prodotti su cui si basa la tradizione del nostro patrimonio gastronomico. Non rendersi conto di ciò è miope. Sia chiaro, la questione non è privare il celiaco, il diabetico o le persone intolleranti alle uova o al latte di un dolce di ricorrenza, ma di utilizzare una denominazione codificata e protetta per dolci di fantasia. Basterebbe sostituire il nome panettone o pandoro sulla confezione con una denominazione del tipo “Dolce di Natale”, accanto alla quale deve in ogni caso venire citato l’impiego degli ingredienti sostitutivi, come prescritto dal reg. UE 1169/11.
(*) Le versioni di panettone “speciali e arricchite con farciture, oppure ripieni e decorazioni, devono contenere almeno il 50% dell’impasto base e, comunque, tutte le variazioni sul tema devono essere riportate in etichetta.
Roberto La Pira e Dario Dongo
(**) Quasi triplicati nell’arco di 8 anni gli italiani affetti da celiachia, passati da 64.398 del 2007 a 182.858 del 2015 (11.000 in più rispetto al 2014) . Il dato emerge dalla ‘Relazione annuale al Parlamento sulla celiachia’ del ministero della Salute.
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Caro Roberto La Pira in Italia chiamare i prodotti alimentari con il loro vero nome è una cosa molto difficile. I consumatori possono scegliere quello che vogliono ma le denominazioni devono essere scrupolosamente osservate altrimenti è solo un imbroglio commerciale.
Io sono allergica al lattosio e derivati del latte. Trovo che adeguarsi alle persone allergiche formulando prodotti per ogni esigenza non sia snaturare un prodotto ma fornire delle alternative per chi desidera mangiare un dolce durante le feste. Tutti abbiamo diritto di mangiare ciò che ci piace e assomiglia…. in questo caso al panettone/pandoro.
Siamo nel 2000!Le allegie crescono e l’arte culinaria deve saper andare incontro a tutti!
hai detto giusto “che assomiglia”, e non ti tolgo il diritto ad dolce che richiama quello originale natalizio. Ma chiamiamolo con altro nome, non con quello originale che è indice di una ben presisa ricetta. Sennò finiamo con la faccenda del sugo “all’amatriciana” per vegani.
GRAZIE! sacrosante parole: che il panettone sia PANETTONE e il pandoro PANDORO! Tutte le aggiunte e le “sottrazioni” sono segno di imbarbarimento del gusto e quasi spinta verso la perdita dell’identità nazionale.
Cari La Pira e Dongo, chiaro il vostro allarme che non è contro le categorie di persone allergiche e intolleranti ma contro lo stravolgimento di cibi tradizionali che le industrie, con il pretesto di farci mangiare meglio, producono solo per il loro profitto.
Vi rilancio con un prossimo argomento: i salumi con ingredienti 100% naturali. Come si sa i salumi sono contrastati per l’aggiunta di additivi conservanti come i nitrati e i nitriti, messi sulla graticola per la loro potenziale azione cancerogena. Si sa anche che i salumi non si possono produrre senza eliminare completamente nitrati e nitriti che hanno lo scopo di formare il colore e di garantire sicurezza microbiologica contro botulino e altri agenti.
Cosa si inventano i produttori? I salumi 100% naturali senza aggiunta di additivi. E dove sta il trucco? Si sostituiscono gli additivi chimici con estratti vegetali che li contengono naturalmente: si sa che lattughe, spinaci, sedano (allergene) ne contengono in quantità ben maggiore di quanti realmente servono; e per il colore si possono utilizzare estratti di barbabietola, di mirtilli rossi e altri frutti che contengono antociani.
Qualcuno si spinge addirittura oltre dicendo di non usare alcun estratto vegetale ma solo acqua, sì avete capito bene, acqua di acquedotto… contando sulla presenza di nitrati presenti nelle acque di falda che i comuni ci servono in rete idrica.
Cosa ne dicono i ministeri competenti? Fatta la legge, trovato l’inganno.
Grazie per il suggerimento, il tema lo abbiamo trattato in questo articolo
Mi dispiace,ma le mie perplessità restano. Se c’è un disciplinare con ingredienti specificati, e questi vengono modificati, il prodotto cambia. Se invece il disciplinare specifica solo la forma, se po’ffa… Ma il ” decreto panettoni” chiarisce quale sia l’ obiettivo. O no?
Il disciplinare è molto preciso, ma prevede anche la possibilità di “farciture, bagne, coperture, glassature, decorazioni e frutta, nonche’ altri ingredienti caratterizzanti, ad eccezione di altri grassi diversi dal burro. Il prodotto cosi’ finito contiene almeno il cinquanta per cento dell’impasto base di cui ai commi 2 e 3 degli articoli 1, 2 e 3, calcolato sul peso del prodotto finito”.
Ci vorrebbe una petizione…
Al panettone e al pandoro sta accadendo quello che è accaduto, già da molto tempo, alla pasta con la “pasta senza glutine”!
Patrizia Cristallo
Aggiungere ALTRI INGREDIENTI CARATTERIZZANTI. Non sostituirne.
Dopo tutta la guerra fatta al contenuto di acidi grassi saturi dei prodotti dolciari contenenti olio di palma, passerà inosservato lo stesso nei panettoni dove la composizione lipidica è sovrapponibile all’olio di palma correttamente raffinato ( burro: fra gli ingredienti principali previsti in disciplinare).
Chissà che sapore avrà il panettone dove il burro sia sostituito con olio d’oliva o di girasole ! ?
Mamma mia che minaccia allo italico prodotto la versione senza glutine, roba da non dormirci la notte.
Domanda: la farina che si usa nel panettone tradizionale è italiana? Anche i grassi gli zuccheri e compagnia cantante sono italiani?
Ma da quando di fa sto benedetto panettone, a ne risulta che fu un industriale a introdurlo nel mercato sicche il povero pan dolce all’epoca avrebbe dovuto urlare per lesa maestà.
È il pandoro? Ma da quanto tempo è tradizione nazionale? Da quando babbo Natale caba bababaul….
I disciplinari mi sembra siano utili per salvaguardare i prodotti italiani da obbrobri esteri, ma non si tratta solo della così detta tradizione, che poi vai a capire quale è, ma anche di innovazione. In cucina, lei mi insegna, tradizione e innovazione vanno a braccetto perché la cucina è convivio e in quanto tale deve includere non escludere e quindi la trasformazione, l’adattamento sono fisiologici di una sana cucina viva è adatta a tutti. L’idea geniale come italiani sarebbe fare il disciplinare del panettone e del pandoro Gluten Free perché le assicuro che noi italiani abbiamo un indiscutibile tradizione nel senza glutine e credo che nessuno altro paese ha la qualità e varietà di prodotti. Ovviamente dipende dal fatto che tra celiaci, sensibili al glutine, allergici al grano e altre persone che per salute devono evitare il glutine in quanto agente infiammatorio proprio pochi non siano e se di aggiungere qualche modaiolo che problema c’è. Diamo un po’ di respiro a questo asfittico mercato alimentare. Non è una bella cosa?
Lei dice una cosa giusta: “I disciplinari mi sembra siano utili per salvaguardare i prodotti italiani da obbrobri esteri” ma manca nella sua frase manca una parola “e dagli obbrobri italiani”
Caro Roberto, sono pienamente d’accordo. Sta bene il panettone per celiaci e per diabetici dichiarato in etichetta; per gli intolleranti…… lasciamo perdere, c’è troppa confusione. Io, negli anni 50-60 facevo scorpacciate di panettone da Natale a San Biagio, acquistandolo nelle migliori pasticcerie di Milano che andavano a gara ogni anno per riuscire a fare quello più buono e nemmeno paragonabile a quello che qualche imprenditore tentava di produrre su scala industriale ed imporre al mercato con spettacolari campagne pubblicitarie. Ora gli artigiani sono spariti, il mercato è quello che lei ha ben descritto: prevalgono le inerpretazioni più strampalate ed anche il prodotta definito “classico o originale”, talvolta venduto a prezzi esagerati spacciandolo per artigianale, è diventato una briosche con uvetta e canditi.
Paragonare il panettone e il pandoro a brioche con uvetta è improprio. I dolci industriali spesso sono di ottima qualità
Bravissimo Roberto La Pira il suo discorso non fa una piega…chi lo prende come un attacco contro i celiaci non ha capito l’articolo.
Per essere più precisi, la rivendicazione non riguarda la ricetta tradizionale del panettone classico italiano, ma la protezione del nome Panettone, Pandoro, Colomba, ecc.. legato alla ricetta.
Nessuno possiede la proprietà dei suddetti nomi e legarli solamente ad una ricetta è pretenzioso, visto che da sempre si offrono ricette le più varie possibili e solo ultimamente si è aggiunta anche quella senza glutine e quella senza burro per i vegani.
C’è il decreto del 2005 che protegge questo abbinamento, ma non è osservato da quasi nessuno dei produttori, vista la domanda del mercato e l’insostenibilità della pretesa esclusiva.
Anche io penso che quest’articolo non stia attaccando “una parte di mondo” di persone che soffrono. Si tratta di tutt’altro …… salvaguardare alcune “genuinicità” pur anche degli ingredienti utilizzati
se si svilisce in maniera cosi estrema un prodotto ……..un domani …. sarà “panettone….. caciotta….. tizio caio e sempronio” …una qualsiasi miscela di QUALSIASI ingrediente .chimico e NON …..proveniente ….magari anche dalla luna ……….e alla fine ……si chiamerà …….. “PANETTONE……..BRESAOLA…… VINO DOCG” ….
e ciò non ha nulla a che vedere con i celiaci ……MA RIGUARDA TUTTI I CONSUMATORI !!!
e a favore di chi secondo voi?????
RIFLETTETE …….
Buongiorno. Onestamente trovo ci sia molta differenza tra un panettone “senza glutine” e un panettone con dentro la crema pasticcera o il cioccolato.
Il senza glutine cerca di avvicinarsi il più possibile alla ricetta originale, non vuole assecondare il ghiribizzo di sentire un sapore diverso dal solito.
Personalmente mi indigna di più sentir parlare di tiramisù e poi trovarmi con un dolce fatto con succo d’ananas e senza caffè. E’ diverso dal decidere di far questo dolce con il pan di spagna anzichè i savoiardi.
La “rivisitazione” è ciò che, a mio avviso, sta rovinando le ricette.
Una pasta alla carbonara senza glutine è pur sempre una carbonara. Una carbonara “rivisitata” vegana non può essere definita come tale, perchè mancano gli ingredienti caratterizzanti.
Così come non cambiano i nomi dei prodotti che oggigiorno stanno sostituendo l’olio di palma con altre alternative che non ne alterino il sapore.
Detto ciò, da persona con sensibilità al glutine (oggi alla moda come non mai, nonostante la dieta mi sia stata fortemente consigliata dal medico) non mi offenderei se sugli scaffali trovassi un “dolce all’uvetta senza glutine” dal sapore perfettamente identico al panettone. Sarei felice come una pasqua. Anche a Natale.
Il Gluten-free è soprattutto una furbata commerciale per aumentare i guadagni dell’industria alimentare confidando e sfruttando le antiscientifiche scemenze viralmente incontrollate ma di moda della Rete.
E così come la salutare ed economica pasta di grano duro , emblema del miglior Made in Italy del mondo e regina dell’agroalimentare che valorizza i territori dell’Italia centro-meridionale si cerca di sostituirla con un misto mais -riso ad alto indice glicemico ma con prezzo 5 volte superiore, destino analogo e parimenti lucroso è per il panettone.
Dei 600 000 VERI CELIACI interessa poco (anche perchè spesso rimborsati dalle ASL),
sono invece i milioni malati immaginari e in crescita sono un fantastico luccicante nuovo mercato da blandire con pubblicità più o meno occulte.
D’altronde, me l’ha scritto micuggino su feisbbuk, il glutine ffà ‘nsacco male e ffà ingrassà, NO?
Sono d’accordo con l’articolo, ci sono due problemi:
1) snaturare la denominazione ” Panettone”, e su questo non c’è nulla da aggiungere
2)il marketing truffaldino, il ” free from”, oppure il prodotto pseudo salutistico/dietetico, sono di fatto espedienti di marketing per inventarsi nuovi bisogni e destinazioni d’uso redditizi per l’industria alimentare. Il grosso problema è che molti consumatori sono soggetti a queste false lusinghe, tipo : se mangio il panettone senza zucchero non ingrasso…”
Facciamo un po’ di conti di marketing aziendale, poi ognuno tiri la sua conclusione.
-In Italia ci sono un 50% di intolleranti al lattosio, ed in Europa variano dal 70% max, al 5% minimo nei paesi nordici (burro nelle ricette tradizionali di Panettone e Pandoro).
-I vegani sono qualche milione, solo in Italia.
-I celiaci conclamati sono qualche centinaia di migliaia, ma gli intolleranti veri (ipersensibili con difficoltà digestive e non modaioli) sono moltissimi, probabilmente qualche milione.
-I salutisti che preferiscono un dolce integrale, magari senza zucchero ed altri ingredienti, sono qualche milione ed in continuo aumento.
Facciamo il totale e risulterà che per il 50-60% della popolazione italiana ed europea, è vietato consumare il Panettone e Pandoro a Natale ed i numeri non sono punti di vista da sottovalutare, come se fosse una stupida moda.
AIUT !
“I vegani sono qualche milione, solo in Italia.”
Forse intende i vegetariani. Cmq qualche fonte attendibile, grazie.
“Qualche milione”: 2-3 o 20-30 ?
…”ma gli intolleranti veri al Glutine (ipersensibili con difficoltà digestive e non modaioli) sono moltissimi, probabilmente qualche milione.”
ARIDANGHETE, fonte ? (micuggino sul web non vale)
la “gluten sensitivity” o meglio NCGS (sensibilità al glutine non celiaca) è argomento assolutamente non definito in ambito scientifico internazionale (il glutine non sembrerebbe l’unico agente causale ma entrerebbero in gioco altre proteine del grano e alcuni oligo-mono-disaccaridi fermentabili presenti non solo nel grano , ma anche nei prodotti caseari, legumi, asparagi, finocchi, peperoni, funghi, verdure cotte a foglia larga, miele, cioccolato- Gibson et al 2012, Biesiekierski et al. 2011) Da studi recenti inoltre emerge che ad incidere in maniera importante sullo sviluppo dei sintomi sembrano essere anche i conservanti e gli addittivi alimentari com glutammato, benzoato, solfiti, nitrati e i coloranti.
Capitolo a parte, ma di analoga pericolosa e sfruttabile indeterminatezza, e come tale fonte di fantasie del web, sfruttate da laboratori diagnostici a dir poco “faciloni” è LA CERTEZZA DELLA DIAGNOSI DI NCGS o GLUTEN SENSITIVITY, a meno di un challenge con il glutine in doppio cieco con placebo. Dal 15° simposio internazionale sulla celiachia (Chicago , 2013) è emerso che NON ESISTONO MARKER DIAGNOSTICI che consentano di identificare con certezza questa condizione, che preoccupa più per le crescenti AUTODIAGNOSI e relative conseguenze di cattiva alimentazione in larga fetta della popolazione giovane adulta occidentale affetta soprattutto da insicurezze e paure esistenziali che nessun modaiolo FREE-FROM pseudo-salutistico potrà risolvere veramente.
“50-60% della popolazione italiana ed europea, è vietato consumare il Panettone e Pandoro a Natale”
VIETATO????? DA CHI ??? Da un super-Io forse troppo ingombrante da eccesso di benessere e scarsa cultura e conoscenza?
La ricerca di mercato, la ricerca scientifica e la ricerca e sviluppo, hanno in comune “la ricerca” di scelte ed eventi presenti e futuri nei consumatori.
Le intolleranze, per la scienza ufficiale che lei cita e che si basa su dati statistici del passato, nemmeno esistono, figuriamoci se può essere un parametro di riferimento per il marketing aziendale, che deve essere ipersensibile ai bisogni attuali e tendenze future dei consumatori.
Dati Nielsen stimano i vegani al 5% della popolazione italiana.
L’intolleranza al lattosio che sembrava un sintomo psicosomatico fino a pochi anni fa, per l’AILI (http://www.associazioneaili.it/cosa-e-lintolleranza-al-lattosio/), oggi i dati italiani ed europei sono quelli che ho riportato sopra.
Se fa i suoi conti con il metro della ricerca di mercato aziendale, che decide cosa immettere sul mercato e con quali ricette e denominazione, vedrà che non sono lontani dai miei.
Obbligare per decreto una denominazione generica ad una ricetta specifica, per quanto Tradizionale e Classica che sia, è un divieto superato ed escludente.