Salviamo il panettone dalle creme farcite, dalla farina di mais e di riso, dal mascarpone, dal marketing e dall’Aidepi che ha permesso lo stravolgimento della ricetta tradizionale
Salviamo il panettone dalle creme farcite, dalla farina di mais e di riso, dal mascarpone, dal marketing e dall’Aidepi che ha permesso lo stravolgimento della ricetta tradizionale
Roberto La Pira 6 Dicembre 2016Salviamo il panettone! È quanto viene voglia di urlare in questi giorni mentre si fa la spesa al supermercato e camminando tra scaffali spuntano dolci di Natale di ogni tipo. Li trovi all’ingresso, a fianco della frutta, nell’area dei biscotti o abbinati agli spumanti. In questo ‘mare magnum’ di marche e confezioni sfavillanti diventa difficile individuare il panettone o il pandoro vero, quello preparato con farina di frumento, uvetta, burro e uova e frutta candita. La difficoltà è così evidente che anche le aziende, cercano di distinguere il prodotto tradizionale aggiungendo appellativi come “classico”, “tradizionale”, “originale”. In alcune confezioni (vedi foto in alto) la parola panettone è addirittura posta in secondo piano, tanto è poco rilevante. In questi giorni sugli scaffali si trovano troppi “panettoni” farciti con: crema pasticcera, gocce di cioccolato, mascarpone, tiramisù, pistacchio di Bronte, nocciola, fior di latte, moe , amarene, arancio, integrale, liquore Cointreau, vino Barolo e quant’altro… Per il pandoro le offerte includono farciture come: panna e cioccolato, gran crema, Limoncé… L’assortimento non finisce qui, perché si trova pure “Gran chef”, un panettone gastronomico, da abbinare a pomodoro, mozzarella, formaggio e olive.
Il paradosso arriva con i panettoni “senza”. Se quelli “senza canditi” ma con il doppio di uvette sono strani ma con molta fantasia forse accettabili, quelli “senza canditi e senza uvette” o addirittura “senza farina di frumento” sono un vero rebus. Marchi come Motta e Bauli sono riusciti, a dispetto di ogni logica pasticcera, a preparare il tipico dolce tradizionale senza l’ingrediente principale, per seguire la nuova moda del gluten-free, che va ben oltre le specifiche esigenze dei celiaci. La vendita di prodotti per celiaci è raddoppiata in pochissimi anni e la crescita non trova giustificazioni, visto che il numero dei celiaci è triplicato negli ultimi 8 anni! Le motivazioni sono da ricercare nella politica di marketing delle aziende, che ha convinto molte persone ad acquistare cibo per celiaci lasciando intendere che sono prodotti, più controllati e di qualità superiore. Tutto ciò avviene anche per panettoni e pandori che però sono dolci tipici della tradizione natalizia, protetti da un disciplinare datato 22 luglio 2005 a firma del Ministero delle politiche agricole e forestali. Il testo definisce con molta chiarezza l’elenco degli ingredienti principali (farina di frumento, burro, uvetta, canditi, uova …) e le rispettive quantità minime. Il panettone e il pandoro senza farina sono però un vero miracolo del marketing difficile da giustificare. È un po’ come se sul mercato venissero venduti Parmigiano Reggiano e Grana Padano preparati con latte di soia per non penalizzare i consumatori allergici al latte, oppure se la mortadella IGP venisse preparata con proteine di soia aromatizzate per accontentare i vegetariani, mantenendo però sulle etichette la stessa denominazione dei prodotti tradizionali. Il paragone non è così strano, visto che nei panettoni e pandori per celiaci la farina di grano – che è l’ingrediente principale – viene sostituita con amido di mais, fecola di patate, farina di riso e tanti addensanti per amalgamare gli ingredienti. La strana alchimia è possibile da quando Aidepi (associazione di categoria dei grandi marchi italiani che aveva a suo tempo costruito il decreto a tutela e salvaguardia dei dolci della tradizione e che negli ultimi anni si è invece ‘invaghita’ dell’olio di palma ndr) ha inserito nel disciplinare una variazione della ricetta con l’avallo del Ministero della salute.
A questo punto, sorgono spontanee alcune domande. Perché il Ministero ha avallato la produzione del panettoni e pandori senza farina di frumento per i celiaci, senza concedere una deroga analoga per quelli senza zucchero rivolti ai diabetici, che invece non possono venire etichettati come panettone o pandoro? Seguendo la stessa logica, perché non concedere deroghe a favore delle persone allergiche al latte autorizzando i dolci tipici preparati con olio di palma e per le persone allergiche alle uova panettoni con idrolizzati di proteine e lecitine di anziché burro e uova? Sembra di essere di fronte a tutele asimmetriche, collegate ai trend di mercato e non certo al benessere. Se questo è lo schema da seguire per il cibo tradizionale tipico del made in Italy, analoghe deroghe dovrebbero esserci per i prodotti Dop e Igp. Si tratta di scelte assurde che rovinano l’immagine del cibo tradizionale e confondono le idee ai consumatori, favorendo il numero di cibi lontani mille miglia dalla ricetta originale.
Panettone e pandoro sono i migliori prodotti da forno della pasticceria industriale italiana, penalizzati da una politica di prezzi sottocosto adottata dai supermercati che ne svilisce l’eccellenza. Sono dolci realizzati con gli ingredienti di pregio e necessitano di una lievitazione naturale di 24 – 72 ore. La recente deroga per il celiaci, così come quelle previste nel disciplinare del 2015 (che consentono varianti farcite (*) oltre alla preparazione di dolci senza canditi e senza uvetta), apre la strada allo snaturamento di un prodotto apprezzato nel mondo perché rispetta la tradizione. La maggior parte delle concessioni – a partire dalla sostituzione dell’ingrediente principale – contribuiscono a disperdere il valore dei prodotti su cui si basa la tradizione del nostro patrimonio gastronomico. Non rendersi conto di ciò è miope. Sia chiaro, la questione non è privare il celiaco, il diabetico o le persone intolleranti alle uova o al latte di un dolce di ricorrenza, ma di utilizzare una denominazione codificata e protetta per dolci di fantasia. Basterebbe sostituire il nome panettone o pandoro sulla confezione con una denominazione del tipo “Dolce di Natale”, accanto alla quale deve in ogni caso venire citato l’impiego degli ingredienti sostitutivi, come prescritto dal reg. UE 1169/11.
(*) Le versioni di panettone “speciali e arricchite con farciture, oppure ripieni e decorazioni, devono contenere almeno il 50% dell’impasto base e, comunque, tutte le variazioni sul tema devono essere riportate in etichetta.
Roberto La Pira e Dario Dongo
(**) Quasi triplicati nell’arco di 8 anni gli italiani affetti da celiachia, passati da 64.398 del 2007 a 182.858 del 2015 (11.000 in più rispetto al 2014) . Il dato emerge dalla ‘Relazione annuale al Parlamento sulla celiachia’ del ministero della Salute.
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Parole sante.
Anche l’anno scorso il Fatto alimentare dedicò più interventi alla questione (http://www.ilfattoalimentare.it/panettone-e-pandoro-aidepi.html, http://www.ilfattoalimentare.it/panettone-senza-farina.html e http://www.ilfattoalimentare.it/pandoro-panettone-senza-farina-celiaci.html), che ebbero molti commenti.
Quello che è sicuro è che, almeno finchè abbiamo l’attuale ordinamento giuridico, in presenza di una denominazione riservata da un decreto interninisteriale a prodotti realizzati con precisi ingredienti, l’autorizzazione all’utilizzo della denominazione a favore di prodotti diversi da quelli prescritti è possibile solo con un atto dell’amministrazione che sia almeno di pari grado (un altro decreto interministeriale) o gerarchicamente superiore (un decreto legislativo, una legge…), non certo con una lettera di un dirigente inviata a Aidepi.
Più che panettoni, pandori e savoiardi, la questione è di principio e riguarda la certezza del diritto: se il ministero se ne infischia della gerarchia delle leggi, per consumatori e operatori è un far west.
Ma come fate a dire …salviamo il panettone dalla farina senza glutine….se le persone lo comprano è perche hanno iun problema di salute no di sfizio perche sono celiache…e quindi anche i celiaci hanno il diritto di mangiare un panettone della tradizione
Seguo i suoi articoli e le sue battaglie,
celiachia come fosse una semplice moda e non un disagio per chi ne è afflitto è molto fastidioso. Anche io sono irritata dalle esasperazione, dalle manie e dai fanatismi delle persone, ma questo non è un buon motivo per armare una crociata indistinta che finirà per colpire chi è realmente vittima di questa patologia.
Non è una campagna contro le persone che hanno intolleranze o allergie. Ma solo una battaglia per mantenere in vita un prodotto tipico che rischia di essere travolto dal marketing. Se sull’etichetta c’è scritto dolce di Natale cosa cambia?
Infatti non cambia nulla se sulla confezione c’è scritto “Dolce di Natale”.
Ma il fatto è che all’industria fa molto comodo poter vendere tutto e il contrario tutto con il nome di Panettone e Pandoro, perché la gente a Natale è più portata a comperare “Il Panettone” o “Il Pandoro” che non il generico “Dolce Natalizio”.
Purtroppo agli industriali, a differenza dei veri Pasticceri, non interessa difendere e preservare i prodotti tradizionali, ma semmai aumentare i profitti con prodotti di massa, che tradiscono e sviliscono le ricette originali per correre dietro alle mode e accontentare il gusto corrente, infischiandosene se, così facendo, danneggiano il vero “Made in Italy”.
Si appropriano di un nome, come appunto il “Panettone”, per far passare al consumatore l’idea che sta acquistando ciò che di nobile esso rappresenta, ma nei fatti gli vendono tutt’altro. Come quelle aziende che, negli spot pubblicitari, associano le loro merendine ai dolci tradizionali della nonna, ma poi usano l’olio di palma al posto del burro.
E in tutto ciò è assurdo che il Ministero della Salute si sia prestato a queste mistificazioni, facendo l’interesse dell’industria (e del solito dio denaro) invece che della tradizione pasticcera italiana.
Da Tecnologo non posso che essere in accordo, nel senso che potevano chiamarli Preparazione natalizia\di ricorrenza a base di….ecc. ecc.
Però ben venga questo” senza glutine, così possiamo mangiarlo tutti serenamente a Natale senza doverci nascondere da mia nipote, 6 anni, celiaca.
Ma non sta mangiano un panettone! Tutti state mangiando un dolce di Natale che nulla ha a che fare con il panettone vero !
E’ lo stesso discorso per lo yogurt , li chiamiamo così anche se molti non lo sono.
Il mio era solo il problema di pensare cosa dire ad una bambina di 6 anni che non poteva gustarsi un panettone o pandoro la sera di Natale, non avendoli ancora visti in giro. Almeno fin quando non crescerà un po’, si adotterà questa alternativa, come fatto per la pasta.
Per la denominazione legale, se il governo ci mette una pezza, male non fa…come per l’origine, il made in Italy, le sanzioni dell’1169 e tanto tanto altro.
L’autore non è chiaramente celiaco…. Altrimenti non avrebbe tenuto questi toni.
I toni sono rivolti all’associazione dei produttori che dopo avere sostenuto e promosso un decreto per proteggere il panettone e il pandoro dalle imitazioni, adesso approva un panettone fatto senza farina di frumento, senza canditi, senza uvette, ma con mascarpone , pistacchi , cioccolato……
In celiaco ed un diabetico sono differenti.
Mi amadre è diabetica e se mangia un piccolo pezzetto di panettone, non ha una immediata reazione, non sta male, magari non fa bene al suo diabete, ma non ha conseguenze .
Una amica invece è celiaca e assolutamente non può assumere glutine, altrimenti sta male immediatamente e alcune persone hanno addirittura necessità di un immediato intervento medico o di un ricovero.Poi che il legislatore consenta o meno di chiamare panettone quello per celiaci …boh non lo so.
Sono un papà di una bambina celiaca di 4 anni seguo sempre con molto interesse i suoi articoli ma questa volta mi dispiace ha fatto veramente una caduta di stile davvero poco elegante in quanto definire una “moda” quella che per molti e soprattutto bambini è una fastidiosa limitazione alimentare nonché una patologia cronica è veramente irritante! Definire un panettone o un pandoro senza glutine non stravolge certo le tradizioni natalizie di nessuno ma magari aiuta un bambino a condividerle più serenamente insieme alla sua famiglia! Inoltre perché la pasta senza farina di frumento può chiamarsi pasta e un panettone senza glutine non potrebbe continuare a fregiarsi di questo nome? Questa volta sembra una polemica davvero forzata tanto per scrivere qualcosa. Buon Natale!
Il discorso che stiamo facendo riguarda la salvaguardia dei prodotti tipici che l’Italia cerca di tutelare e che fanno di noi uno dei paesi più famosi al mondo per le specialità gastronomiche. Accettare che il panettone e il pandoro siano preparati in mille modi e addirittura senza farina è sbagliato perchè questo dolce non è un panettone! Togliere la parola panettone dall’eticheta non è così sconvolgente. E poi i bambini intollerati al latte hanno anche loro il diritto di mangiare un dolce senza burro e quelli intolleranti alle uova…
Mi piace essere schietta e diretta. Sono celiaca ed il senza glutine per me NON è una moda. Non si è mai chiesto se invece in Italia siamo molto più indietro rispetto ad altre nazioni in quanto viene quasi esclusivamente realizzato tutto con farina di frumento? Il panettone o il pandoro realizzati senza glutine non significa che siano realizzati senza farina, bensì con farine alternative. In Italia praticamente tutti i prodotti tipici sono realizzati di base con farina di frumento. Secondo il suo ragionamento allora la pasta senza glutine non dovrebbe essere più chiamata pasta perché realizzata con una farina diversa da quella di frumento? Idem vale per la pizza? Allora la pasta senza glutine potrebbe diventare “mix di farine per primi piatti senza glutine” e la pizza “impasto steso da farcire con pomodoro”?
Forse piuttosto che attaccare un prodotto realizzato senza glutine offendendo anche coloro che come me sono stati costretti per motivi di salute ad eliminarlo, dovrebbe occuparsi di attaccare il Ministero per le concessioni non date a quello senza latte o senza zucchero.
Letto così questo articolo è assolutamente discriminatorio verso le persone che seguono questa dieta per motivi seri che, le posso assicurare, sono davvero tante ed in costante aumento soprattutto tra i bambini. Sminuisce inoltre il problema, favorendo le ideologie di persone poco documentate che reputano questo regime alimentare una pura moda.
Mi chiedo se ha mai assaggiato in vita sua un prodotto senza glutine BEN FATTO, non industriale perché quelli son la prima a dire che sono pieni di porcherie. Dovrebbe preoccuparsi di più dei prodotti tradizionali italiani che invece vengono prodotti all’estero, quelli sono da bandire per difendere il made in Italy e la tradizione, non quelli realizzati per dare la possibilità a chi è più sfortunato di lei di poter mangiare prodotti tradizionali senza glutine. Torni indietro di una quindicina di anni. Non esisteva nulla oltre a biscotti, pasta e beni di prima necessità gluten free.
Se vuole un celiaco può mettersi in fronte un cartello con scritto “SONO DIVERSO”. Reputo la sua polemica sterile e priva di rispetto verso coloro che hanno un problema di salute. Si fa tanto per parlare di uguaglianza e condannare il razzismo. Il suo modo di pensare relativamente a questo discorso può essere considerato al medesimo livello. Vada a spiegare a un bambino di 5 o 6 anni celiaco che lui non può chiamare il panettone “panettone” ma deve chiamarlo “dolce di natale” perché è nato con la sfortuna di avere una malattia che lo costringe ad evitare la farina di frumento. Lo dica alle famiglie di questo bambino che regolarmente lottano per avere in mensa un pasto a scuola uguale a quello degli altri bambini per non vedere il figlio che torna a casa dispiaciuto perché lui “è trattato diverso dagli altri” e quando gli altri bambini hanno ad esempio le lasagne a lui tocca un semplice piatto di pasta, o quando in classe o alle feste di compleanno degli altri bambini si dimenticano del dolce per lui il quale deve rapportarsi già fin da piccolo col poco tatto degli altri genitori e limitarsi a guardare gli altri bambini che mangiano una fetta di torta e lui nelle migliori delle opzioni ha un pacchettino striminzito di biscotti. E si sta qui a polemizzare sul fatto che non dovrebbe essere chiamato panettone perché non contiene glutine?
Sono certa che se avesse qualcuno vicino con problematiche di questo tipo avrebbe più tatto e si occuperebbe di problematiche alimentari più serie.
La pasta non è un prodotto protetto da un disciplinare. La problematica è seria perchè tra farciture ed eccezioni il panettone vero rischia di essere travolto dal marketing.
Qui non si tratta di disciplinare, la pasta era un esempio di prodotto tipico. Il problema sono i toni coi quali si rivolge a questo argomento ed al quale negli ultimi anni su questo sito ha dedicato ben 3 articoli, oltre uno, sempre sul medesimo argomento, firmato dalla redazione de “Il fatto alimentare”. Lo avete detto una volta, non è sufficiente? Ogni anno è necessario ribadire questo discorso? Lei non si sta limitando a criticare il marketing, bensì offende una categoria ben ampia di persone e giudico lei stesso travolto dal marketing in quando continua imperterrito ad incassare critiche in merito a questa sua discriminazione verso il gluten free che però, guarda caso, è un argomento che fa parlare.
Lei si sofferma al discorso pasta..ma all’esempio sui bambini celiaci e lo spiegargli che sono “DIVERSI” e per colpa di una MALATTIA non possono chiamare le cose come altri bambini dove la mette? Il razzismo in questo senso dove lo lascia?
In certe cose probabilmente si è deciso di attuare certe scelte per far fronte a chi soffre di problemi alimentari gravi ed in crescente aumento senza etichettare le persone come diverse. Il pregio un prodotto della tradizione non lo perde se viene realizzata una versione senza glutine. Lo perde se gli ingredienti utilizzati sono scadenti.
Ma i bambini allergici alle uova e al latte cosa dobbiamo raccontare ….anche loro hanno gli stessi diritti dei bambini celiaci.
Ma guardi che per me si può far benissimo anche quello senza uova e quello senza latte.
Piuttosto lei cosa mi scrive in merito a quelli realizzati con farine di frumento “gonfiate” con l’ulteriore aggiunta di glutine? Di queste non ha nulla da dire?
Ma allora alla fine perchè dobbiamo chiamare questi dolci panettoni quando sono dolci di fantasia. Le farine di frumento “gonfiate”? Non abbiamo notizia. In genere si usa farina di grano Manitoba molto ricca di gluitine per i panettoni, perchè si tratta di un impasto arricchito con uvette e canditi e la lievitazione risula difficile e per questo si ricorre a una farina “forte”
Infatti brava sono d’accordo! Io sono intollerante al Glutine, al lattosio, e dovrei evitare anche il lievito! Penso che sia giusto anche adattare i prodotti alimentari come i panettoni e pandori anche a chi ha delle intolleranze alimentari! Io già non posso più mangiare tante cose! Però mi piacerebbe tanto una fetta di panettone che sia senza glutine, senza lattosio che non mi faccia poi stare male!!! Se lei come giornalista avesse delle intolleranze alimentari o fosse celiacio, non avrebbe scritto questo articolo!……
Se fa un giro al supermercato trovera sugli scaffali già molti prodotti a forma di panettone che recano un’altra dicitura
Che tristezza leggere certi articoli.
Lei ha una vaga idea di cosa significhi per un bambino (ma le assicuro anche per un adulto) celiaco (NON per moda ma per salute!) poter aprire una confezione di pandoro o panettone praticamente uguale a quella che lei definisce “originale”? Si rende conto che ci sono persone, come me, che fino a 26 anni hanno mangiato quello che lei descrive come un patrimonio nazionale della gastronomia italiana e poi all’improvviso non ha più potuto svegliarsi la mattina del 25 dicembre e addentare per colazione un pandoro ricoperto di zucchero a velo?
Se lei vuole la tradizione entri un un supermercato (ma se volesse essere davvero onesto e dovrebbe recarsi da un pasticcere!) e si prenda il pandoro e/o il panettone nella versione più originale e fedele alla tradizione. Nessuno sta lì con una pistola e la minaccia di comprare quello ripieno di pistacchio.
L’intolleranza nasce anche a tavola… Ha mai sentito dire: vivi e lascia vivere?
Il problema è salvaguardare un prodotto tipico manenendo la ricetta originale senza penalizzare nessuno. Quindi basta togliere la parola panetotne dalla confezione e poi resta tutto uguale. I bambini celiaci o quelli allergici al latte o alle uova mangiano il loro pandoro o panettone che però reca la scritta Dolce di Natale. Qual è il problema?
Caro signor La Pira, ho compreso molto bene il suo articolo e la sua volontà di salvaguardare nomi e antiche ricette di Pandoro e Panettone, credo anche che lei abbia perfettamente ragione, ma quello che ha scritto e soprattutto il modo in cui si è espresso è sicuramente poco rispettoso nei confronti di chi come me è celiaco e deve seguire una dieta priva di glutine.
Non posso esimermi da copiare e incollare le sue parole.
Per lei “…quelli senza canditi ma con il doppio di uvette sono strani ma accettabili” quelli “senza canditi e senza uvette o addirittura senza farina di frumento sono un vero rebus” inoltre per lei “Marchi come Motta e Bauli sono riusciti, a dispetto di ogni logica pasticcera, a preparare il tipico dolce tradizionale senza l’ingrediente principale, per seguire la nuova moda del gluten-free” e specifica dopo, evidenziando tutta la sua ignoranza su tale argomento “che va ben oltre le specifiche esigenze dei celiaci”.
Continua con “Il panettone e il pandoro senza farina sono però un vero miracolo del marketing difficile da giustificare” e poi “Si tratta di scelte assurde che rovinano l’immagine del cibo tradizionale e confondono le idee ai consumatori, favorendo il numero di cibi lontani mille miglia dalla ricetta originale.”
A me sembra assurdo cercare adesso di spiegare perché questi discorsi sono offensivi, ma ci provo lo stesso.
Proviamo così… per lei non è accettabile che si realizzi un pandoro o un panettone senza la sua tanto amata farina di frumento. Accidenti! Ma questi marchi incompetenti che rincorrono la nuova moda gluten-free! Ma come si permettono e soprattutto con quale logica realizzano queste “strane alchimie”! Ma certo a lei piace se non ci sono i canditi e il doppio di uvetta, ma guai a non metterci l’uvetta!
Capisce adesso l’assurdità di tali parole? Sappia che per quanto mi riguarda il pandoro senza glutine per me possono chiamarlo anche dolce di babbo natale o dolce di Archimede, questo è quello che avrebbe voluto dire, ma non poteva evitare tutti gli altri discorsi? Provi ad immaginare di avere un figlio celiaco! Aspetti, adesso interrompa la lettura e si informi su cosa vuol dire! Sono sicuro che dopo mi dice che ha sbagliato e che era meglio utilizzare altri termini.
E adesso che si è informato, non crede che avrebbe ringraziato Motta e Bauli per aver realizzato quei miracoli di ricette? Non crede che avrebbero seguito una richiesta di mercato invece che una moda? Non crede che al contrario non sarebbero mai andati abbastanza vicino le specifiche richieste dei celiaci, dato che tali prodotti non sono MAI ABBASTANZA SIMILI a quelli originali? Non avrebbe giustificato il vero miracolo del marketing? Non crede che i consumatori, chiamiamoli tradizionali, siano in grado di capire che il pandoro SENZA GLUTINE sia diverso da quello classico? Non crede che se lo comprassero per sbaglio nessuno morirebbe o starebbe male? Ma anzi potrebbe essere un’occasione per realizzare quanto sono fortunati a poter scegliere e anche poter sbagliare?
E quindi, non faceva prima a lasciar perdere un argomento che non conosce e scrivere semplicemente che tali prodotti devono seguire regole come quelli per diabetici?
La nota che abbiamo scritto ha dei toni molto decisi, ma non è scritta contro i celiaci ma contro le aziende che stanno stravolgendo le regole e la ricetta per pure ragioni di marketing. L’articolo parla di farciture estreme e anche di dolci senza farina di frumento. E comunque perchè il panettone senza zucchero non si può chiamare panettone ma quello senza farima di frumento sì! Se seguiamo il suo pensiero dovremmo stravolgere tutte le ricette dei prodotti tipici. La questione non riguarda i bambini celiaci, ma le aziende che prima approvano un disciplinare su panettone e pandoro per proteggere e salvaguardare la ricetta e poi lo calpestano in mome del marketing approvando le varianti più assurde.
Da quanto in qua la grande industria è attenta al consumatore? Solo se può fare il suo (legittimo) interesse.
Può difendere l’italianità, ma con farine canadesi, zucchero di barbabietola super-sovvenzionato dall’Europa, miscele di uova pronte e sterilizzate, latte polacco oltre al burro chiarificato e di conseguenza poterlo vendere a soli tre euro al supemercato (ma non è una bella notizia perché non è propriamente il prezzo che ci si dovrebbe aspettare per un dolce tradizionale con ingredienti genuini).
Può anche difendere i pandori “diversi” e con l’aggiunta di aromi e percentuali minime di altri ingredienti e vendere a prezzi (e profitti) più che raddoppiati.
Infine può anche proporre, per le persone con patologie alimentari, sottraendo ingredienti e triplicando i prezzi.
Mi verrebbe da dire: È il mercato, bellezza. In realtà è un mercato drogato dal consumismo e quindi da consumatori, difensori dei consumatori e difensori del consumo. Tutti insieme appassionatamente.
@Roberto,
Anche questa volta hai trattato il tema con faciloneria e poca professionalità.
Dei celiaci ho detto sopra: il panettone così com’è può essere mangiato da un diabetico, mentre da un celiaco NO. Ecco spiegata la faccenda della deroga (che può essere opinabile fin che vuoi , ma ha una logica).
Entro anche nel merito del panettone che “rischia” di scomparire: vatti a vedere le percentuali di incremento di fatturato dei panettoni artigianali e poi riparliamo di cosa sta scomparendo o piuttosto di cosa sta avendo un grande successo.
Mallora deroghiamo per tutti gli allergici alle uova e al latte e facciamo anceh il panettone senza uova e senza burro.
Parlare di “moda del gluten Free” è ridicolo e offensivo.
I celiaci grazie alle aziende che producono il panettone Senza glutine possono festeggiare il Natale mangiando un dolce tradizionale.
Io sono celiaco e adulto, posso farne a meno però un bambino celiaco ha il diritto di gustare un dolce di Natale senza doverci rinunciare?
Oppure non lo può mangiare perché voi avete paura che venga stravolta la ricetta?
Grazie bauli. Grazie Motta.Grazie che pensate ai celiaci senza preoccuparvi dei “fondamentalisti del panettone”.
Quando si tocca il tasto delle malattie o si conosce l argomento o è meglio tacere .
La moda del gluten free è stata creata dalle aziende che producono questi prodotti perchè la quantità di alimenti in venidta e doppia rispetto alle persone celiache che li devono comprare. Questo non accadeva sino a qualche anno fa. Per cui la moda gluten free non riguarda i celiaci ma tutti quelli che pensano si tratti di prodotti più sani
Alan ci sono persone che non sanno nemmeno cosa vuol dire vivere questo disagio e parlano senza conoscenza. E’ vergognoso che nel 2016 si scriva ancora che è una moda.
Abbiamo scritto che è una moda perchè la vendita di prodotti per celiaci è raddoppiata in pochi anni e questo non è avvenuto perchè il numero delle personemalate è raddoppiato incosì poco tempo, ma perchè gli alimenti senza glutine sono comprati da consumatori convinti di acquistare cibo di qualità migliore e più sicuro. Questo è il prodotto del marketing e della “moda gluten free”.
Mi spiace sig. La Pira che la pensi cosi. E’ raddoppiato il numero delle persone celiache o intolleranti al glutine non di certo per la convinzione di acquistare prodotti migliori.
Sono patologie in aumento perchè sempre più persone che prima non sapevano che il loro malessere era dovuto al glutine continuavano a mangiarlo. Fortunatamente, a distanza di 30 anni fa che nessuno sapeva gestire la celiachia, ora ci sono medici che si aggiornano e capisco il problema.
Se lei andava dal medico, con i disturbi della celiachia non la capivano e diagnosticavano tutt’altro.
Sarà vero e sono anche conteno che si possa individuare il problema . Anche io in famiglia ho persone con intolleranze,ma questo non giustifica l’impennata della vendita di prodotti, senza glutine.
Roberto questa è una sua opinione. Le statistiche scientifiche confermano che quella che sta dicendo non corrisponde al vero.
Legga questo articolo http://www.ilfattoalimentare.it/gluten-free-celiachia.html
Salve, sono d’accordo con lei quando dice che la moda del gluten free per qualcuno è diventata una moda, non credo però si possa paragonare tale cosa con la celiachia dignosticata. Sono celiaca da quando avevo tre anni, 20 anni fa esistevano pochissimi prodotti per celiaci, ho vissuto la mia infanzia avendo solo un tipo di merendina e una sola marca di pasta. ho assaggiato il mio primo panettone e pandoro a 15 anni prima per me era sempre stato un sogno proibito. Non voglio fare la tragica ho avuto una bellissima infanzia comunque 😀 ma per un bambino crescere e vedere i tuoi compagni che possono scegliere tra cento gusti di merendine e torte e dolci quando tu ti devi accontentare con la solita pastina non è bello, andare ai compleanni poi .. Oggi sono felice quando vado al supermercato e vedo due scaffali pieni di prodotti per celiaci e sono felice che anche le coop dei paesini piccoli abbiano qualche prodotto per celiaci. Sarò egoista, ma a me piace poter scegliere tra venti tipi di diverse paste per celiaci e pani diversi, dopotutto non ho scelto di essere celiaca e non vedo perchè io non abbia diritto ad avere una vasta scelta sugli alimenti da mangiare!!! E mi piace ancor di più quando le marche di prodotti “normali” tipo barilla, bauli o simili creano delle varianti dei loro prodotti anche per celiaci!!!
Più di dieci anni fa circa ho fatto un servizio sui prodotti celiaci confrontano quelli comprati in farmacia con quelli in vendita al suepmrercato. ne ho comprati tanti e li ho anche assaggiati. In questo periodo la qualità e la palatabilità dei prodotti per i celiaci è migliorata tanto e sono solo contento. il Fatto Alimentare si è schierato apertamente a favore della legge sui celiaci che si è votata a Bruxelles nel 2012 publbicando diversi articoli (www.ilfattoalimentare.it/glutine-celiachia.html). Mi chiedo però perchè questo migloramento continuo deve poetare a modificare i prodotti tradizionali? Cosa cambia per un bambino celiaco se sull’etichetta c’è scritto dolce di Natale ma la forma del dolce , il colore e la confezione sono identici. Questa operazione del panettone e del pandoro senza glutine, come pure le decine di varianti introdotte rischiano solo di rovinare l’immagine del prodotto che resta uno dei pochi prodotti a lievitazione naturale preparato con ingredienti di pregio che propone l’industria alimentare.
Si originano conflitti quando si ragiona in modo emotivo e non logico-razionale.
Riporto la mia ragione nel merito, per tentare un po’ di chiarezza su queste posizioni, che sono legittime perché ben motivate, ma in conflitto tra loro perché a mio parere mal poste.
Il termine Panettone/Pandoro identifica la forma(lievitato alto) e la funzione (dolce natalizio).
La ricetta tradizionale e protetta dal disciplinare, è solo una ricetta CLASSICA o TRADIZIONALE, tra le infinite ricette possibili più o meno salutistiche, dietetiche moderne (vegane, macrobiotiche), o semplicemente sfiziose.
Tutti sono Panettone e Pandoro per la forma/funzione che hanno, poi segue la specifica della ricetta:
Classico/Tradizionale Italiano, Integrale, Vegan, Gastronomico, Senza (Glutine, Lattosio, Zucchero, Burro, Uova, ecc..), senza limiti alla fantasia creativa culinaria.
Ma dimentica il decreto del 22 luglio 2005 conil disciplinare ( http://www.ambientediritto.it/Legislazione/consumatori/2005/dm%2022lug2005.htm). Faccciamo lo stesso ragionamento con altri prodotti coperti da disciplinare, eliminando l’ingrediente principale e vediamo cosa succede!
Parole sante!! Bell’articolo, peccato che molti non abbiano capito il senso… Continua così!
ma perché la mettete su un piano personale (celiaci) quando non si sta parlando per un prodotto specifico per voi … si sta cercando di far capire che la “ricetta del panettone” non è quella con la crema con lo zabaione con il cioccolato e con tanto altro … ma è la semplice ricetta con uvette e canditi …. questo è lo scopo dell’articolo … PANETTONE E PANDORO SONO SOLO QUELLI … tutti gli altri sono “dolci di Natale” ….. ci vuole poco a capirlo?
Il fatto stesso che sia specificato che è senza glutine in bella vista rende evidente che non è la ricetta tradizionale senza dover cambiare per forza il nome. Inoltre sono d’accordo che purtroppo adesso per alcuni il senza glutine è una moda, ma il numero di diagnosi di celiachia negli ultimi anni è aumentato notevolmente e, visto che, a differenza di vegetariani e vegani, la nostra non è una scelta purtroppo, mi creda se le dico che da celiaca sono stata felice di trovare più marche di pandoro senza glutine, cosa che fino a qualche anno fa era introvabile o quasi. Per una volta a Natale, per quanto diversa sia la ricetta, mangerò pandoro anche io insieme a tutti i miei commensali che mangeranno quello tradizionale e ne sono felice.
Lo dice anche lei si tratta di una ricetta diversa. Il problema è questo, salviamo la ricetta tradizionale protetta da un decreto e da un disciolinare . Leggo su Lidl che c’è un panettone proposto dalla catena con il suo machio che è: senza canditi e senza uvetta, con crema al mascarpone, gocce di cioccolato, ricoperto di cioccolato al latte, scaglie di nocciola e granella di nocciola. Mi chiedo ma in questa ricetta dov’è il panettone!
Brava MariaGrazia! Uno dei pochi lettori/lettrici che ha colto in pieno il tema.
Non è una campagna contro i celiaci ma la necessità di salvaguardare uno dei pochi e ultimi prodotti tipici italiani
Ma continuerete ad avere i vostri panettoni tradizionali sugli scaffali! Mica li tolgono quelli! quindi non vedo il motivo di questo articolo così “di parte”..forse qualcuno sceglie di mangiare diversamente? forse qualcuno è intollerante? avranno diritto di mangiare anche il Panettone o Pandoro? perchè se io le propino un panettone che non abbia latte vaccino, o farina di frumento o uova, lei neanche se ne accorgerà che non è il panettone con la ricetta tradizionale!..ed ho fatto la prova più e più volte con persone che amano il panettone “tradizionale”. Se come dice lei, l’articolo non è riferito agli intolleranti ma solo perchè vengono chiamati panettoni e non dolci natalizi..allora poteva specificare meglio nell’articolo che la questione sta solo e soltanto sull’etichetta con la dicitura Panettone(che come dice lei è passata appunto in secondo piano)…perchè l’articolo “sembra” tutt’altro!
Il titolo dell’articolo è “salviamo il panettone…”. Non c’è nessuna attacco alle persone allergiche, intolleranti o celiache ma solo al marketing delle aziende che vogliono snaturare la ricetta in tutti i modi,mantenendo il nome del dolce tradizionale