I ricercatori del Crea (Centro Cerealicoltura e Colture Industriali e del Centro di Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura), hanno messo a punto un pane ad alto contenuto di fibre, arricchito con farina di agrumi. La prima novità è l’integrazione del pane con un prodotto considerato uno scarto della lavorazione degli agrumi chiamato pastazzo. Si tratta di un miscuglio costituito da buccia, polpa e semi sottoposto a diversi lavaggi e poi a essiccazione, composto da circa il 70% di fibre (oltre la metà insolubili).
La sperimentazione ha preso il via in un panificio industriale utilizzando semola, integrata con modeste percentuali di crusca facilmente digeribile, come cruschello e tritello, e una quantità variabile dall’1,5 al 2% di fibre di agrumi (arancia rossa e limone). Dal punto di vista chimico-fisico e microbiologico, le fibre non hanno avuto alcun impatto sulla conservabilità del pane e su altri parametri come: volume, peso e struttura.
Dal punto di vista sensoriale il pane presenta un leggero aroma di agrumi senza retrogusti. La novità è che il sistema permette di produrre pane di grano duro “ad alto contenuto di fibre”, con una presenza superiore al 6%, senza l’aggiunta della crusca a foglia larga del grano (la frazione più grossolana costituita da fibra insolubile non digeribile). In questo modo si riducono gli effetti negativi che comporta il processo di panificazione del pane integrale venduto al dettaglio (riduzione del volume e dell’altezza, alveolatura interna minore, rugosità della crosta, modifiche del colore e del sapore). A differenza del pane prodotto con uno sfarinato integrale di grano, quello con farina di agrumi preserva le caratteristiche fisiche e sensoriali tradizionali, e ha un maggiore valore nutrizionale.
Il pane con fibre di agrumi è prodotto in pagnotte da 1 kg, e confezionato come mezza pagnotta affettata in atmosfera modificata. Questo permette una conservazione fino a 90 giorni. A questo punto bisogna fare il passo successivo e decidere di iniziare la commercializzazione. Lo studio, realizzato insieme al Dipartimento di Agricoltura Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania, è stato recentemente pubblicato sulla rivista Frontiers in Nutrition.
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giornalista redazione Il Fatto Alimentare
Dovrebbe essere consigliato a chi ha problemi di diabete alimentare:o sbaglio? Grazie,buona sera.
penso proprio di no; qui si tratta solo di variare la parte di fibra, non di carboidrati
Rammento che se gli agrumi non sono biologici, è possibile ritrovare negli oli essenziali delle bucce una notevole presenza di Pesticidi chimici che si possono concentrare notevolmente negli oli stessi.
E’ bene in questi casi, come per i canditi e altri sottoprodotti agrumicoli, selezionare esclusivamente materie prime biologiche.
Così come per i cereali, che notoriamente vengono irrorati altrimenti con pesticidi e disseccanti (Glifosate).
Giuseppe Altieri, Agroecologo
Sono assolutamente d’accordo: meglio avere un 2% di fibra in meno piuttosto che un 200% di pesticidi in più!
E questo vale per qualunque prodotto (farina, pane, pasta…): integrale, solo se BIOLOGICO! … altrimenti è meglio che sia raffinato, perchè la crusca è PIENA di schifezze chimiche.
Il grano duro NON viene irrorato con pesticidi e disseccanti (Glifosate).Basta con questo roboante terrorismo disinformato. Sul grano duro non vengono fatti trattamenti sulla spiga per scarsa utilità agronomica e sicura mancata convenienza economica. Quindi quindi le “schifezze” chimiche o sono le scie o sono naturalissimi, ma non per questo, innocentissimi funghi con relative micotossine, queste sì pericolosissime. Quindi cautela nell’esaltazione fideistica dell’integrale se non garantito da filiere responsabili.