Due penne per l'iniezione del farmaco Ozempic

Una persona su cinque tra quelle che si sottopongono a una cura per l’obesità con gli agonisti dei recettori di GLP-1 della famiglia dell’Ozempic (semaglutide) ha un’alterazione del gusto dolce e di quello salato, ma non dell’amaro e dell’acido. Il cambiamento potrebbe essere associato alla diminuzione dell’appetito e, quindi, alla perdita di peso. Ma forse anche al fatto che la stessa percentuale di pazienti entro un anno interrompe la terapia.

I due aspetti di che cosa succede, nella vita reale, quando si assumono questi farmaci, almeno a una certa quota di persone, sono stati analizzati in due studi presentati al recente meeting annuale dell’Associazione europea per lo studio del diabete (EASD) svoltosi a Vienna, in Austria, il primo dei quali è stato pubblicato in contemporanea su Diabetes, Obesity and Metabolism.

Lo studio su Ozempic, Wegovy e Mounjaro

Per capire se vi fossero o meno effetti sul senso del gusto, i ricercatori dell’Ospedale Universitario di Vienna hanno selezionato 411 persone in terapia con Ozempic (148), Wegovy (stesso principio attivo, la semaglutide, in 217 soggetti) o Mounjaro (tirzepatide, 46 persone), per poco meno di un anno e per almeno tre mesi consecutivi, e con un indice di massa corporea (IMC), all’inizio della cura, compreso tra 34 e 36, quindi ben al di sopra della soglia che definisce l’obesità, pari a 30. La diminuzione dell’IMC è stata pari, rispettivamente, al 17,4% e al 17,6% con le due formulazioni di semaglutide, e al 15,5% con il tirzepatide. 

L’effetto sul gusto

Andando a verificare l’effetto sul gusto è emerso che, in generale, circa un quinto dei partecipanti riferiva di sentire il gusto dolce più intenso di prima, e una percentuale simile riportava lo stesso effetto per il gusto salato, mentre la percezione di acidità e amaro non era cambiata. Le molecole, da questo punto di vista, non erano equivalenti. Per quanto riguarda il salato, l’effetto riguardava il 26,7% di chi era in terapia con Wegovy e circa il 15-16% degli altri, mentre per il dolce le differenze erano meno accentuate, e invertite, perché nel gruppo del Wegovy riferiva cambiamenti il 19,4%, negli altri due lo faceva più del 21%.

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Circa un quinto delle persone riferiva di sentire il dolce e/o il salto più intenso di prima

Per quanto riguarda l’appetito, più della metà aveva avuto una chiara diminuzione con tutte e tre le molecole, due terzi un aumento del senso di sazietà, e una percentuale compresa tra il 30 e il 40% una del desiderio incontrollabile di cibo. 

Interessanti, poi, il confronto tra chi aveva riportato un cambiamento del gusto e chi no: tra i primi, la probabilità di sentirsi prima sazi era doppia, rispetto ai secondi, e quella di avere avuto un calo dell’appetito dell’85% più grande.

Non è ancora chiaro se esista un legame specifico tra alterazioni del gusto dolce e salato, sazietà, appetito, desiderio di cibo e altri parametri, ma di sicuro esiste una relazione, e ora gli autori cercheranno di capire di che natura sia. Se si trattasse di un nesso causale si potrebbe cercare di intervenire sul senso del gusto, per sfruttare appieno le conseguenze delle modifiche per terapie diverse da quelle in studio. Viceversa, l’alterazione potrebbe essere anche sgradevole, e motivo di abbandono, e anche per questo vale la pena di approfondire.

L’abbandono entro un anno

Quest’ultimo aspetto, in particolare, preoccupa sia i produttori che, nel caso di persone con diabete, i medici, perché stando agli ultimi dati, anch’essi presentati a Vienna, da ricercatori danesi, entro un anno una persona su due abbandona la terapia, e non è del tutto chiaro il perché.

Un uomo tiene in mano una penna per l'iniezione del farmaco anti-diabete ozempic
Una persona su due abbandona la terapia entro un anno

I ricercatori dell’Università di Aarhus, in Danimarca, Paese dove ha sede Novo Nordisk, l’azienda che produce l’Ozempic e il Wegovy, e dove esiste un eccellente sistema di raccolta dati, hanno analizzato quelli di tutti coloro che hanno intrapreso la cura tra il 2022 e il 2023 e non avevano il diabete: circa 77.300 persone, nel 72% dei casi donne, età media di 50 anni. E hanno scoperto che il tasso di abbandono dopo tre, sei e nove mesi era, rispettivamente, del 18, del 31 e del 42%. Verificando le risposte ad alcuni questionari e la situazione dei pazienti, hanno cercato di capire quali fossero i principali motivi della rinuncia, e ne hanno identificati alcuni.

Tra questi vi è la motivazione economica, perché in Europa un anno del dosaggio minimo costa circa 2mila euro, così come una certa delusione per quanto si riesce a ottenere. Ma poi vi sono le sensibilità individuali agli effetti collaterali: nausea, vomito, disturbi gastrointestinali rendono difficile perseverare, soprattutto quando si assumono anche altre terapie per malattie concomitanti. E, forse, tra le cause, per un quinto di loro, c’è anche l’alterazione del gusto dolce e salato.

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Giallone 03.07.2025 dona ora

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