Il problema dell’uso improprio degli ormoni e di altre sostanze vietate negli allevamenti di carne bovina è un argomento spinoso che il Fatto Alimentare ha trattato diverse volte. Per avere un parere autorevole sulla questione abbiamo intervistato Alberto Mantovani tossicologo dell’ISS e membro dell’Autorità per la sicurezza alimentare europea (Efsa).
Secondo il rapporto pubblicato il 2 settembre 2014 dal Ministero della salute, la quasi totalità delle analisi condotte l’anno scorso sulla carne bovina risultano conformi. Su un totale di 38.250 campioni esaminati all’interno del Piano nazionale residui (PNR) solo 46 hanno evidenziato irregolarità. Le sembra un dato plausibile?
Il dato è senz’altro plausibile e non autorizza allarmismi sulla sicurezza della carne bovina, da questo punto di vista. Tuttavia è opportuno verificare i metodi di controllo, ed eventualmente aggiornarli, sulla base dei nuovi risultati della ricerca scientifica. Ad esempio, nei bovini non trattati ma sottoposti a stress da trasporto (come nel trasferimento al mattatoio), è possibile rilevare -peraltro generalmente in quantità molto piccole – un corticosteroide, il prednisolone, pure usato per trattamenti illeciti: nonostante vi sia un limite di 5 ng/ml urina al di sotto del quale il campione viene considerato “falso positivo”, molte incertezze permangono. Un lavoro pubblicato un mese fa su BMC Veterinary Research dal gruppo del Prof. Carlo Nebbia, del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Torino, mostra che è possibile distinguere i bovini effettivamente trattati sulla base del quadro complessivo ricavato dell’analisi nelle urine del prednisolone insieme agli ormoni fisiologici corticosteroidi e loro metaboliti.
Se questi dati sono plausibili vuol dire che i cittadini possono consumare tranquillamente carne di bovino senza timore? Oppure ci possono essere dei problemi?
Le indagini, fatte sulla base degli indicatori selezionati (cioé la presenza di anabolizzanti o loro metaboliti nelle urine) indicano che il rischio della presenza di residui nei tessuti bovini è molto basso. Tuttavia occorre tenere alta la guardia, in quanto le sostanze riscontrate (steroidi, e soprattutto corticosteroidi) sono potenti interferenti endocrini, cioé in grado di indurre effetti tossici su base ormonale anche a dosi molto piccole.
Per prevenire i possibili rischi per i consumatori occorre, pertanto, sviluppare il controllo di filiera a partire dall’allevamento, ad esempio, garantendo l’uso corretto di farmaci (come appunto i corticosteroidi) solo alle dosi e per gli usi legalmente autorizzati, cioé per la terapia individuale e non certo come trattamento di massa anabolizzante.
Come mai le indagini condotte dagli Istituti zooprofilattici negli ultimi anni hanno riscontrato fino al 15% di positività tra i capi macellati nei confronti di sostanze anabolizzanti o comune vietate per l’ingrasso dei bovini e i dati del Ministero non confermano queste anomale?
Certamente anche questo è un dato valido e che merita la dovuta attenzione. In estrema sintesi, i dati del Ministero e quelli dell’Istituto Zooprofilattico di Torino riguardano indicatori diversi ed hanno un diverso significato. La rilevazione di anabolizzanti nelle urine indica la presenza delle sostanze nell’organismo animale. La rilevazione di alterazioni istologiche caratteristiche indica un avvenuto trattamento. Quindi possiamo concludere che, mentre il rischio di contaminazione delle carni è molto basso, il problema del trattamento illecito esiste e può avere conseguenze serie per la salute ed il benessere animale. Ad esempio, un eccesso di corticosteroidi può alterare la risposta immunitaria degli animali, diminuendo la resistenza alle infezioni e allo stress, con un conseguente aumentato utilizzo di farmaci.
L’impiego di metodi analitici superati non permette di rilevare le furberie e i trattamenti illegali negli allevamenti: lei cosa ne pensa?
Le strutture e competenze veterinarie del Servizio Sanitario Nazionale, a cominciare ovviamente dal Ministero della salute, hanno ben presente la necessità di una “tolleranza zero” nei confronti dei trattamenti illeciti. Questa elevata sensibilità del sistema pubblico italiano, a differenza di altri paesi, fino dagli anni ’60 ha dato un contributo fondamentale al divieto degli anabolizzanti ormonali nell’Unione Europea.
Sono convinto che il Servizio Sanitario Nazionale abbia tutte le capacità e le competenze per proseguire ed aggiornare una strategia di prevenzione (non solo di controllo!): potenziare la prevenzione dei trattamenti illeciti a partire dall’allevamento, anche con un’adeguata sensibilizzazione del settore privato, integrare e aggiornare i diversi indicatori chimici e biologici, armonizzare i controlli a livello nazionale ed analizzare i risultati dei controlli per identificare eventuali “aree a rischio”.
[…] Gli ormoni nella carne bovina sono un problema sanitario? Risponde Alberto Mantovani dell’Istitut… […]
Ottimo articolo!
Complimenti per la qualità dell’articolo! Questa sì che è informazione!
Sarà che ormai è subentrata in molti, me compreso, una cronica sfiducia nelle istituzioni; ma le tesi rassicuranti dell’intervistato non mi convincono.
mi sembra che importante sia il punto di inoculo
isolato questo e rispettati i tempi di sospensione, non ci dovrebbero essere rischi
il dott. Mantovani può confermare?
Grazie
Non sono affatto rassicurato ne convinto dalla minimizzazione del problema, in quanto il ruolo dell’istituzione preposta ad i controlli sanitari non deve essere ne ottimista ne statisticamente minimalista.
Se quel venti per cento di carne “trattata” o chissà quanta percento elude i controlli e rientra nella distribuzione, finisce nel piatto di mio figlio, o di una donna incinta, o una persona ammalata, oltre che nei piatti della vostra famiglia, come fate ad essere ottimisti?
Premesso che la perfezione e l’assenza totale di sostanze estranee è un’utopia, questa dovrebbe essere il mantra quotidiano dei controllori, soprattutto nella prevenzione, perché quando il fatto è ormai compiuto diventa difficile eliminare cibo costoso.