Dopo aver visto il servizio di Report sul latte, andato in onda il 25 novembre 2019 su Rai 3, il telespettatore ha la sensazione che ogni notte dal Brennero passino decine di autobotti di latte destinato alla produzione di formaggio, mozzarella e altri latticini che poi saranno venduti come prodotti italiani. Nell’inchiesta si parla di caseifici che producono oltre al Grana Padano anche formaggi simil grana con una parte di latte straniero, lasciando intendere una certa ambiguità. La tesi portata avanti nel servizio è che ogni anno importiamo 1,5 milioni di tonnellate di latte dall’estero ma nessuno lo dice.
Durante il programma si puntano i riflettori su un funzionario del ministero della Salute, Silvio Borrello, accusato di non voler rivelare i nomi delle aziende che ricevono latte dall’estero. La figura del difensore dei consumatori è il presidente di Coldiretti Ettore Prandini, che ritiene ingiusto far credere ai cittadini “che stai acquistando un prodotto italiano, quando italiano non è”. Si tratta di una narrazione demagogica, perché sull’etichetta dei formaggio è obbligatorio indicare l’origine del latte, e chi usa materia prima importata scrive “latte Ue” o “latte extra Ue”. Non ci sono inganni.
Il servizio non dice una cosa fondamentale, che solo i formaggi e i latticini Dop devono essere preparati con latte locale, tutti gli altri possono essere ottenuti con latte di qualsiasi Paese. Ecco allora che i caseifici intervistati da Report che producono formaggio secondo la tradizione molisana, possono tranquillamente utilizzare latte proveniente dalla Sassonia e non violano nessuna legge, perché indicano l’origine sull’etichetta. Questo accade ogni giorno in centinaia di aziende, visto che il latte italiano non basta e quello straniero serve a produrre formaggi, yogurt… L’altro elemento che il servizio ha liquidato con una battuta, riguarda la qualità. È vero che spesso la materia prima importata costa qualche centesimo in meno al litro, ma in molti casi il latte è considerato migliore del prodotto locale.
Nonostante queste evidenze il programma ha un tono accusatorio e anche sulla qualità getta una nota di discredito! Il latte contenuto nelle autobotti che passano dal Brennero, quando arriva in azienda, viene sottoposto alle stesse analisi delle partite italiane. C’è di più le quantità vengono segnalate al Ministero della salute e agli Uffici veterinari (Uvac). C’è poi una cosa che sfugge a Coldiretti e anche a certi giornalisti quando lasciano intendere che la vicenda potrebbe ingannare i consumatori. I prodotti che usano materie prime nazionali o locali nel 99% dei casi lo evidenziano in etichetta con grandi scritte che non passano certe inosservate.
A dispetto di queste evidenze in televisione e sui giornali si tende a criminalizzare le materie prime importate. Eppure in Italia arrivano grandi quantità di materie prime necessarie per produrre ed esportare in tutto il mondo eccellenze come la pasta, l’olio e decine di altri alimenti.
Lo si è visto con la pasta più volte sotto accusa per l’impiego di grano duro straniero che copre il 30% circa del fabbisogno, e viene anche pagato di più perché di ottima qualità. Anche in questo caso l’origine è indicata in etichetta e chi usa materia prima nazionale lo scrive a caratteri cubitali sulle confezioni. La stessa cosa avviene per l’olio extravergine di oliva importato in quantità variabile dal 30 al 60% da Spagna, Grecia e Tunisia.
Analogo ragionamento per le cosce di maiale destinate a diventare prosciutto cotto. In questo caso non è obbligatorio indicare l’origine della carne, ma chi usa suini allevati in Italia lo evidenzia con grandi scritte sul frontespizio della vaschetta.
Difendere il prodotto italiano è comprensibile, ma creare ingiustificati allarmismi o ipotizzare inganni nei confronti dei consumatori e lanciare sospetti sulla qualità dei prodotti preparati in parte o totalmente con materie prime straniere è scorretto.
Aggiornamento del 2 dicembre: anche il Sivemp, il Sindacato italiano veterinari di medicina pubblica, ha preso posizione con un comunicato del segretario Aldo Grasselli. Per leggerlo, clicca qui.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Le quote latte sono servite a ridurre l’eccesso di produzione che mortifica i prezzi e quindi le attività agrozootecniche.
Sulla diffidenza populista del metodo scientifico razionale laico e democratico fonte di civiltà e benessere condiviso fino ad oggi non ripeto quanto ampiamente scritto nel commento precedente che calza a pennello (purtroppo anche nelle amare conclusioni )
Le quote latte della CEE sono nate si per ridurre l’eccesso ma non dell’Italia ma di una serie di paesi che sfruttavano eccessivamente il loro potenziale e complessivamente creavano surplus sul mercato globale , nel 1984 si imposero quote relativamente ai valori del 1983 e così l’Italia si ritrovò un misero quantitativo insostenibile per fare sviluppo e crescita. Il ministro di allora però ammiccò ai produttori invitandoli a schivare le regole tanto nessuno avrebbe avuto multe , che invece ci furono ma a qualcuno di potente andava bene così , tanto bene da comunicare in Europa un numero di vacche da latte superiore alla realtà , a quanto mi risulta. Il seguito per chi è curioso si può trovare facilmente su internet.
Riguardo alla diffidenza mi spiego meglio , la scienza non è democratica come dice il dott. Burioni uno che ha voce in capitolo , non è laica anzi sta diventando un idolo a cui bisogna credere per fede vietando e ripeto , vietando di parlare degli effetti collaterali non sempre positivi , razionale solo seguendo gli interessi del dio denaro , si fa ricerca e si pubblica soprattutto dove interessa a qualcuno , salvo poi questuare continuamente per fare ricerca sulle malattie rare , che per l’industria non produrrebbero grana.
Io vengo dalla terra e non esiste nessun albero per quanto bello che non abbia bisogno di una bella potata e io parlo e penso per questo.
Burioni è uno dei miei riferimenti….
…. la questione della comunicazione scientifica: « Il rifiuto di ogni sapere, filosofico, tecnico, scientifico, perché su quello si baserebbe il potere delle élite. E quindi la negazione di ogni “verità” fin troppo documentata: per cui tutto può andar bene, senza tema di comicità surreale:
le scie chimiche,
il finto allunaggio della NASA,
l’autismo provocato dai vaccini,
la Terra piatta,
la pericolosità del glutine nei grani moderni…..
Verissimo quello che scrive La Pira. Aggiungo solo che meno male che arriva del latte dall’estero. Non solo perché in questo modo si alimenta una industria casearia molto vivace ma soprattutto perché miglioriamo la qualità dei nostri formaggi. Io vivo al Sud e provo a mangiare i fior di latte e le ricotte. Impresa ardua in inverno. Ma con l’arrivo dell’estate il colore di questi formaggi vira verso il giallo, segno evidente che è arrivato il latte o le cagliate dall’estero . Allora ne vale la pena
Preferisco consumare italiano e non sempre è subitanea ed evidente la provenienza. Trovo invece corretto che ci siano giornalisti che si impegnano in queste inchieste. A noi, poi, fare la scelta di acquisto.
“Eppure in Italia arrivano grandi quantità di materie prime necessarie per produrre ed esportare in tutto il mondo eccellenze come la pasta, l’olio e decine di altri alimenti.”
Ma con che faccia si può spacciare dell’olio d’oliva per italiano se le olive vengono dall’estero?!…
“…in molti casi il latte è considerato migliore del prodotto locale.” CIT. NEEDED
Ma nessuno può spacciare l’olio di oliva importato come italiano. Si tratta di una truffa che fanno comunque le aziende italiane. Altra cosa è poi alutare la qualità dell’olio che si imbottiglia sia italiano o importato. Questo è un altro capitolo .
Mi sembra doveroso riconoscere che REPORT mette in evidenza la impossibilita, in Italia, di sapere cosa si compra, non solo per il latte ma per qualsiasi prodotto
Le regole europee sulle indicazioni in etichetta dell’Origine sono uguali per tutti i Paesi. Sarebbe complicato ma non impossibile chiedere ai produttori di indicare in etichetta la nazione in modo più precisa . Al posto di Ue o extra UE, le aziende potrebbero indicare i 3-4 Paesi da dove abitualmente importano la materia prima. Per esempio “Origine e latte: Germania, Austria, Polonia” al posto di “Origine e latte: UE” Purtroppo la normativa non lo prevede. Ciò non toglie che chi vuole può scriverlo.
Ricordo un servizio TV di qualche anno fa dove un allevatore italiano fu costretto dalla riduzione delle quote latte a chiudere qui per emigrare in Ungheria perché le quote di quel paese erano comunque superiori alla offerta. Ironia della sorte il suo mercato di sbocco per la trasformazione era comunque l’Italia. Ha avuto senso parlare di quote latte in questo caso? Certi politici si facciano un esame di coscienza. Mi piacerebbe poi sapere come questo allevatore neo-ungherese ha proseguito la sua attività.
se facciamo un discorso economico capisco l’importazione di tanto latte; se facciamo un discorso qualitativo non sono del tutto d’accordo sulla presunta superiorità qualitativa del latte del centro nord europa perchè anche nel centro sud si hanno buone produzioni e buona qualitò ma che sono condizionate, non poco, anche dagli andamenti climatici e dal diverso tipo di allevamento rispetto al centro nord. Valutate i parametri organolettici e biochimici dei vari latti non italiani, valutate le rese in formaggio di un litro di latte italiano e di un litro di latte non italiano. Dopo aver fatto, anche schematicamente o medio, un confronto simile si può parlare di qualità con migliore cognizione di causa. se poi il latte italiano non basta per le produzioni locali dipendono solo ed esclusivamente da chi ha stabilito e imposto le quote e poi, dati alla mano, non ha sotenuto con la necessaria energia le ragioni dei produttori italiani, non ha fatto le necessarie verifiche che per avere senso devono essere regolari e periodiche = programmazione.
Quello che è importante evidenziare è che il latte importato non è un prodotto mediocre come invece si lascia intendere in molti servizi e articoli
vedo che del servizio di report non si vuol considerare il vero motivo dei problemi nel settore del latte. Per coprire il contrabbando di latte che facevano i vari caseifici si è aumentato FALSAMENTE la produzione di latte in Italia , sforando le quote assegnate all’ Italia e facendo pagare le multe a TUTTI i contribuenti Italiani.
Così hanno fatto sparire il contrabbando.
Il risultato è che la produzione di latte italiano è scesa a livelli con compatibili con il consumo in Italia.
Il problema dell’ etichetta dove viene indicata la provenienza, UE per esempio è che in Europa la legislazione relativa ai controlli sui prodotti alimentari non è uguale in tutti gli stati.
Quello che è proibito in Italia, per esempio riempire le mucche di antibiotici, il tipo di mangime e tutto il resto, viene consentito in altri paesi europei.
Non è una questione di “qualità ” di gusto, ma di quello che sta alla base di qualità e gusto cioè la salute del consumatore. Poi ognuno può decidere di avvelenarsi come vuole però lo stato ha il dovere di intervenire perchè la cura di problemi alla salute del cittadino ricadono sulla finanza generale dello stato.
Dato che la protezione della salute del consumatore in Europa viene fatta con legislazioni diverse, è necessario conoscere ESATTAMENTE sapere da dove arriva qualsiasi prodotto, non solo il latte. Chi VUOLE informarsi poi della tipologia dei controlli che i prodotti devono subire per essere immessi sul mercato lo può fare e può decidere se il rischio per la sua salute assumendo un determinato prodotto è accettabile o meno.
Il fine ultimo dei controlli è permettere al cittadino di valutare i rischi per la propria salute e non quello di PROTEGGERE i vari operatori economici che difendono solo i loro profitti anche a scapito della salute del cittadino
chiedo scusa perché vado quasi sempre fuori tema ma mi rimangono sempre le domande a cui non si da risposta e che sono tema centrale dell’articolo:
1)dato che non ci sono più le quote latte PERCHE’ le grandi aziende importano tanto latte dall’estero invece che investire in Italia dove da sempre siamo a corto di lavoro?
2) PERCHE’ questo onestissimo comportamento deve essere gelosamente nascosto dalle autorità?
3) PERCHE’ non dovrebbe essere da sviscerare puntigliosamente questo mistero, indipendentemente dal fatto che il latte straniero sia migliore peggiore o uguale al nostrano?
Nulla dipende dal mio insignificante parere ma credo che queste siano le questioni poste da Report a cui si dovrebbe dare risposta e i complottismi e le post-verità non c’entrano un bel niente.
a me farebbe piacere sapere se il latte utilizzato per fare lo yogurt o semplicemente da bere è italiano o UE
sono sicuro che tutte le aziende effettuato i dovuti controlli per rientrare nei famosi limiti di legge
non sono invece per niente sicuro che i controlli ed i limiti di legge mi tutelino fino in fondo ..sopratutto quando le materie prime arrivano da paesi dove la civiltà e i controlli sono “arrivati da poco e si stanno ancora diffondendo nella cultura locale”… ce ne accorgeremo quando fra qualche anno arriveranno nuovi controlli capaci di esaminare che un determinato “latte” (uso il virgolettato solo per dire che quanto esprimo può essere riferito a qualsiasi materia prima) è stato prodotto tramite mucche che magari venivano alimentate in ambienti poco salubri e/o con qualche “supplemento nutritivo” ancora non ben noto. queste cose possono capitare sicuramente anche da noi … diciamo però che in un paese di “maggiore civiltà” ci sono più controlli e anche (spero) più persone oneste. Viaggiando tanti anni mi sono accorto che nonostante ci siano regole comuni unione europea molto più sulla carta che non sui fatti … le differenze sociali e culturali sono notevoli e tutte queste differenze si rispecchiano nell’attenzione delle popolazioni delle varie “nazioni/regioni/etc” al bene comune , al rispetto delle cose altrui , alla volontà di non pensare di più al proprio profitto che alla tutela di coloro che comprano i loro prodotti …etc etc etc
detto questo … è giusto e corretto che se c’è “bisogno” o se c’è un risparmio economico i produttori importino dall’estero scegliendo anche prodotti di maggiore (o minore) qualità.
io consumatore “pretendo di avere il diritto” di poter sapere e scegliere , tutto il resto sono disquisizioni di politica commerciale, di marketing, di ideologie politiche , etc
Se non mi viene concesso questo diritto: IO NON COMPRO o SCELGO PREFERISCO di acquistare chi mi fornire maggiore possibilità di conoscenza.
Questo discorso è stato ripetuto milioni di volte ..a partire dalla CARNE,,, passando per i POMODORI , transitando per il GRANO …. ora si ripropone con IL LATTE
Molte etichette ormai indicano l’origine della materia prima. La favola che all’estero si usano antibiotici , antiparassitari e altre sostanze vietate e che i controlli sono pochi mentre in Italia tutto funziona bene e ormai una leggenda metropolitana. Vorrei che qualcuno documentasse q
Ma se tutto è così limpido e se le qualità estere sono alla pari o superiori a quelle delle nostre produzioni , che male c’è a voler sapere se sto usando dell’eccellente olio greco o spagnolo … migliore dell’analogo italiano e se i maialini sono qualitativamente uguali che male c’è a dirlo al consumatore invece di nascondersi dietro un disciplinare magari superato? Sarò libero di scegliere un olio d’oliva extra vergine garantito e orgoglio che so della Tunisia se mi piace più di uno italiano? Però devo saperlo dall’etichetta non da Report o da Il fatto alimentare:
Se non vedrò le orribili immagini relative all’allevamento dei suini o a quello delle mucche da latte la mia vita sarà più serena e a 77 anni credo sia un mio diritto.
Ehm, nelle etichette c’è già scritto se l’olio di oliva è italiano o di provenienza UE o extra UE, basta leggerle…
perché psicologicamente l’italiano ritiene che il “suo” prodotto sia sempre il migliore e tenderà a non fidarsi e a non comprare il prodotto stra-dichiaratamente straniero…e chi produce a quel punto è fregato
ancora una volta trovo che il fatto alimentare fatichi a schierarsi apertamente contro un sistema di mercato dannoso per la nostra peculiare tradizione alimentare; mi dispiace che in questo articolo si sminuisca la gravità della pratica di “spaccio” dei prodotti a marchio italiano fatti con prodotti esteri che hanno caratteristiche completamente diverse dai nostri.
Questa pratica diventa concorrenza sleale e anche pratica ingannevole nei confronti dei consumatori che mai possono essere convinti che una specialità territoriale possa essere prodotta con qualsiasi materia prima.
Cito ad esempio la situazione creatasi in Sardegna dove, a detta degli esperti, si produce il miglior latte di pecora e capra che ci sia sul mercato, eppure questo viene sostituito da latte estero che costa molto meno.
Se ci sono aziende italiane abituate prendere in giro i consumatori italiani utilizzando materie prime straniere e scrivendo in etichetta 100% italiano vanno individuate e censurate.Su questo siamo tutti d’accordo. Ma qui si sta parlando di aziende che indicano l’origine della materia prima sull’etichetta e di una legge che permette a tutti di evidenziare a caratteri cubitali che il prodotto è ottenuto con latte 100% italiano. Quale è il problema?
Come si diceva in altro post, L’ISTAT certifica da anni che la spesa alimentare in Italia varia dal 15% (Regioni benestanti) al 20% (regioni in difficoltà).
Eppure invece di cercare risparmi nel restante ampio 80-85% del budget (costosi Suvvoni divorabenzina, telefonini spaziali, abiti e scarpe firmate, vacanze esotiche, riscaldamenti e aria condizionata a palla ecc ecc) si insiste nel cercare di recuperare qualche € al mese comprando CONSAPEVOLMENTE dubbi conglomerati semicommestibili.
Ora che lo splendido pecorino romano prodotto soprattutto negli splendidi pascoli sardi sia meglio del teribbbile panetto insipido industriale lo sanno TUTTI, meno finzioni ingenue pliiiis.
E così la pasta, l’olio, il vino, la frutta ecc ecc
Gli scaffali e le etichette abbondano di grafica super chiara che evidenzia la superiore qualità e la provenienza.
Ma c’è un piccolo particolare: costano qualche centesimo in più : una sgassata al semaforo di suvvone, quel demente grado in più in casa o in ufficio d’inverno o in meno d’estate.
MENO lagne PIÙ RISPETTO del lavoro, del territorio, di sé stessi
Non credo di seguire il ragionamento di La Pira…il grano estero è di qualità superiore al nostro, tanto che lo si paga di più ( ipse dixit..)..mentre il latte estero, anche lui di qualità pari ,se non superiore al nostro ( sempre ipse dixit), lo paghiamo meno della metà..? E perché?
Barilla, De Cecco … pagano il grano importato di più rispetto a quello italiano perché ha un tenore e una qualità di glutine superiore. Il latte costa qualche centesimo in meno non la metà e la qualità in genere è buona. I sistemi di allevamento in Germania, Austria sono più estensivi e i costi di gestione inferiori. Sostenere che la qualità di alcune materie prime italiane non sempre è la migliore al mondo non è una presa di posizione anti-patriottica ma una constatazione
Ma anche il grano canadese viene coltivato in maniera intensiva e altamente efficiente , e l’uso di disseccanti in molte circostanze stante il clima delle zone coltivate è realtà poco o molto che sia altrimenti quando cercano lo trovano ovunque , chi dice che non è vero ci racconta favole ma forse contestare e criticare è una forma di negazione della scienza , una rara forma altamente virale di ortoressia ahahah!
Però tornando al tema nulla vieterebbe di fare i prodotti , che attualmente utilizzano materia prima estera , con latte prodotto in Italia se le aziende trasformatrici avessero voglia di investire qualche euro qui , ma con la stessa leggerezza e innocenza con cui dicono che la plastica non si può sostituire , magari più avanti , e che la vendita sfusa non si può più fare diranno che non conviene , guadagnerebbero qualcosa di meno e non si può agire così nel mondo globale.
Contestare e criticare è una richiesta di miglioramento , almeno per chi lo vuole capire.
Vorrei sapere quali sono i dati relativi alla presenza di contaminanti nel grano italiano o importato. Quelli che abbiamo analizzato noi in redazione due anni fa raccontavano una realtà molto diversa rispetto all’allarmismo di Coldiretti e altri che puntano il dito contro il Canada. Aspetto dati ufficiali sul tema e non solo parole. Anche sulla presenza di concentrato pomodoro cinese nei prodotti italiani aspetto dati ufficiali e non solo barzellette.
Leggendo tutti i commenti all’articolo, ci si spiega come mai, in Italia, ma come in moltissimi paesi, stiano sempre più prendendo piede le diete, le alimentazioni cavernicole piuttosto che “paleoscentifiche” (de che?!), grani “antichi”, scie chimiche e soprattutto, programmi come le Iene e Report.
Ottimi programmi per il 20-25% delle volte e contenitori di luoghi comuni e leggende metropolitane.
Con che coraggio, il consumatore generico medio (che, guarda caso è anche “italiano generico medio”), riesce ancora a dire “eccellenze italiane”? Quali??? NESSUNA! Vi piace vivere di luoghi comuni. Spesso, NON solo in EU, allevamenti e produzioni, sono nettamente migliori di quelli nostrani.
Lo dico perché IO lavoro spesso all’estero. Chi dice l’opposto, provveda PROVE proprie, se no eviti di scrivere per sentito dire.
Ottimo articolo, Dr. La Pira.
https://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/19440049.2019.1577993?journalCode=tfac20
Questo è il link dello studio citato nella parte precedente
((La decisione dei canadesi di esaminare i campioni di miele per il glifosato – spiega Carey Gillam, giornalista e autrice e ricercatrice per US Right to Know – arriva dopo un analogo esame di campioni di miele da parte di un chimico statunitense della Food and Drug Administration nel 2017. Lo scienziato della Fda aveva trovato tutti i 28 campioni di miele esaminati con tracce di glifosato.
Gli autori dello studio canadese hanno dichiarato che tutti i livelli trovati erano inferiori al limite europeo, sebbene il più alto fosse appena entro il tetto.
“La gente pensa che gli standard siano protettivi per la salute pubblica, ma non lo sono”, ha detto a Ehn il Dr. Philip Landrigan, direttore del programma di salute pubblica globale al Boston College. “La quantità ottimale” di residui di pesticidi nel cibo è “zero”, ha detto. “Basti pensare che molte delle persone che consumano il miele sono bambini.”
Oltre a testare i residui di glifosato, gli scienziati canadesi hanno anche misurato i residui del principale prodotto di degradazione del glifosato, un metabolita chiamato acido amminometilfosfonico (AMPA). Come il glifosato, l’AMPA è stata a lungo considerata una bassa tossicità. L’AMPA è stata rilevata in 198 dei 200 campioni fino a una concentrazione di 50,1 μg / kg.))
Ditemi voi da dove viene il glifosato che le api raccolgono , è stato tutto usato per pulire i vialetti dei parchi nazionali?
Stiamo parlando di Grano e non di miele. I dati sul grano canadese importato in Italia dove sono? Poi se voglio un prodotto senza residui di antiparassitari compro bio. In tutti gli altri casi ci possono essere residui entro i limiti e questo vale sia per i prodotti importati sia per quelli nazionali.
L’importazione del latte estero purtroppo può essere fatto per legge, a meno che non si tratti di prodotti IGP, PAT, DOP ecc cioè quei prodotti che hanno un disciplinare di produzione, ma il problema non è questo perchè fino a quando si continua a pagare il latte con parametri basati sulla carica batterica e sulle cellule somatiche non andiamo da nessuna parte. Oggi i parametri dovrebbero essere altri, tipo il contenuto di omega tre ed il rapporto tra omega tre ed omega sei ed altro, che si hanno nel momento in cui gli animali pascolano all’aperto e non in allevamenti intensivi, solo così possono essere valorizzati i latti italiani e non quelli esteri. Tutto questo dovrà e potrà essere legiferato solo dall’unione europea e poi recepito dai vari paesi membri.
Avete tagliato il pezzo precedente al mio ultimo commento , che nominava le autorità canadesi che esprimono certi concetti , comunque la si voglia mettere , che siano rotazione delle colture , controllo delle erbe infestanti o altro ancora il glifosato c’è in tutto l’ambiente, lo ammettono loro stessi.
Quindi mi basta che si sia qui detto che se vogliamo prodotti senza strani ingredienti sgraditi si debba passare al biologico.Grazie e poi mi taccio.
Ben venga una maggiore spesa per un alimentare di alta qualità come il biologico ma non per questo bisogna demonizzare le produzioni convenzionali tanto per sentito dire.
Il gliphosate in Canada come in ITALIA e resto del mondo ha soprattutto impieghi civili nella manutenzione di strade, ferrovie, corsi d’acqua, grandi aree di movimentazione logistica.
Quindi se si vuole trovarlo a livelli infimi di “sottofondo” ambientale lo si troverà sempre grazie alle raffinate tecniche analitiche a disposizione. Ma sta poi alla malafede prezzolata attribuirlo come pratica agricola scorrettamente ordinaria su qualche coltura come il grano com’è stato fatto addirittura su quello biologico italiano dove invece nessuno si sognerebbe di spendere soldi per sostituirlo al bollente sole mediterraneo.
Bufale grossolane di post verità rilanciate dai cercascandalo aizzaforcajoli e fantastico pabulum per il web semianalfabeta, tanto che oggi nell’opinione comune il grano è pieno di gliphosate, micotossine e pesticidi…
Da tempo non sono possibili trattamenti essiccanti con gliphosate su grano. Le analisi UFFICIALI ARPA nei porti e dogane NON HANNO MAI TROVATO riscontri. Se si cercano livelli infinitesimali milioni di volte inferiori ai limiti per appagare istinti forcaioli o, peggio, per strumentalizzazioni di bassa politica o ancor peggio per vantaggio commerciale allora si trova tutto…
Anche tracce di ammoniaca due-tre palazzi dopo aver pulito i vetri col Vetril.
… L’effetto della Post verità appaga pregiudizi forcaioli sulla pubblica credibilità del metodo sperimentale è dirompente: «Sembra che […] i fatti accertati non esistano mai o che non esista metodo per accertarli. Si ha l’impressione che si sia interrotta la cinghia di trasmissione tra fatti e cittadini, tra fatti e istituzioni, e questo è veramente pericoloso. Come può migliorare un paese che sembra sempre in bilico tra competenze e finzioni?
Semplificando, tutti vogliono il 100% italiano, ma l’Italia non è in grado di produrre a sufficienza.
come si fa?
Quando finisce il latte , o quando la siccità produce poco pomodoro, o quando la xilella abbate la produzione d’olio cosa si fa, si chiude ?
Si tratta solo di avere coscienza di ciò che si acquista.
Bisognerebbe infatti essere a CONOSCENZA anche di questo:
In Italia, a parte il vino, siamo deficitari di TUTTO, con cifre mediamente dal 30 al 60% che dovrebbero far preoccupare i novelli autarchici. Meno male che ci rifacciamo (con gli interessi) grazie alla sapiente ed apprezzata trasformazione ( importare grano a 25 cent/kg per poi esportare pasta a 100). Finché gli ammiratori internazionali del cibo italiano non si stancheranno di questo fiume di bufale autodenigratorie