L’olio extravergine d’oliva è forse il prodotto italiano per eccellenza, e i consumatori dovrebbero essere abbastanza bravi da saper riconoscere la qualità. Non è così. Anche nel nostro Paese la perdita di “cultura alimentare” continua a erodere molte conoscenze legate alla tradizione e al territorio e l’olio non fa eccezione. Lo ha dimostrato un test condotto dall’Istituto di Biometeorologia del Cnr in accordo con l’Arsia della Regione Toscana e la provincia di Arezzo proprio sulla conoscenza dell’extra vergine da parte dei cittadini.
La prova – come spiega Alberto Grimelli in una nota pubblicata su Teatro Naturale – è avvenuta durante una manifestazione fieristica (Medoliva 2010), coinvolgendo 542 persone, per lo più appartenenti al mondo professionale che ruota intorno alla filiera ovicola e, quindi, un gruppo di “consumatori informati”. Il fine: capire il rapporto con gli oli di qualità in termini di gusti e comportamenti commerciali e l’immagine dell’olio toscano.
Il test sui consumatori
Ai consumatori è stato chiesto di assaggiare differenti oli d’oliva, e quindi di esprimere una preferenza, motivarla e di identificare l’olio toscano nel gruppo dei condimenti assaggiati. Sono stati valutati 14 oli di categoria extravergine di alta qualità (4 provenienti dalla Toscana, 4 dal Lazio e dalla Spagna, 4 da Marche, Puglia, Trentino e Croazia). Nel gruppo ci sono anche due campioni firmati da catene di supermercati oltre a un un extra vergine prodotto da una multinazionale con caratteristiche organolettiche tenui e un olio vergine d’oliva famoso con difetto di avvinato (odore che ricorda il vino dovuto a un processo fermentativo delle olive). A ogni consumatore sono stati offerti 6 oli su piccoli pezzetti di pane toscano (4 di qualità e i 2 dei supermercati), per presentarli nella maniera più simile alle abitudini quotidiane (il 70% circa degli intervistati era residente in Toscana, il resto in Lazio, Umbria e Puglia).
L’olio extravergine e quello vergine del supermercato hanno ottenuto punteggi inferiori rispetto agli altri oli di alta qualità, ma la differenza è minima. Tenuto conto che il voto variava da 1 a 9, le persone hanno assegnato alle bottiglie di extravergine di alta qualità 6, mentre l’olio proposto dalle catene dei supermercati ha meritato 5. Inoltre, l’extra vergine della GDO e l’olio vergine sono stati giudicati “buoni” dal 40% del campione, mentre il 20% circa ha scelto “indifferente”. In pratica, oltre la metà degli intervistati fa fatica a distinguere un olio extravergine eccellente dagli altri di qualità corrente. La prima conclusione è che se su un pubblico di addetti ai lavori si registra questa difficoltà, chissà cosa succede nelle case degli italiani?
Olio extravergine toscano preferito
Un altro dato interessante è che, indipendentemente da profumi e dai sapori, l’extravergine con il punteggio migliore è quello ritenuto di origine toscana. È vero che le caratteristiche organolettiche dell’olio toscano sono differenti rispetto a quello pugliese, umbro, ligure o siciliano… ma questa differenza non è codificata ma è basata molto sull’immaginazione. Un altro dato su cui riflettere è che solo il 12-13% degli intervistati apprezza note aromatiche come l’amaro e il piccante, per cui gli oli con note di carciofo o erba non sono stati premiati.
L’intervista è proseguita con la richiesta di indicare quanto si è disposti a spendere per un litro di extravergine di qualità. La metà delle persone ha indicato una cifra variabile da 8 a 12 euro, il 25% non è disposto a superare gli 8 euro, la restante quota arriva a oltre i 12 euro. A di là delle buone intenzioni di acquisto, la realtà amara è che una considerevole parte dei consumatori non è capace di discriminare un prodotto difettato da uno di pregio.
Il consumatore non è abituato ad assaggiare l’olio, in genere lo usa come condimento nell’insalata e questo aspetto limita la valutazione sensoriale. Bisognerebbe spiegare agli acquirenti che l’extravergine non è un condimento neutro, ma è un esaltatore di sapidità e si apprezza il risultato soprattutto se la ricetta è semplice. Forse è necessario iniziare a parlare ai consumatori in modo più semplice, e puntare maggiormente sull’origine, visto che il legame col territorio viene riconosciuto come un elemento importante per la qualità, oltre che sulle caratteristiche organolettiche.
Mariateresa Truncellito
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Sarebbe stato utile a conclusione dell’articolo consigliare i migliori oli sul mercato per rapporto qualità prezzo
il problema è sempre lo stesso
il bio, l’equosolidale, costano tanto di più, le marche commerciali , con tutta il sovracosto della pubblicità comunque sono +accessibili, uno riduce l’abbigliamento,i consumi elettrici,e sul cibo tende a risparmiare
dv
Bell’articolo, ma questa frase rovina tutto.
"Anche nel nostro Paese la perdita di â
Sarebbe il caso di scrivere due righe su come si assaggia l’olio e come ci si educa ad apprezzare le caratteristiche importanti dell’olio. Parlando con i tanti colleghi coi quali condivido la mensa nella pausa di lavoro mi rendo conto che nessuno guarda da dove vengono le olive. Nelle etichette andrebbe scritto anche da che tipo di pianta provengono. Qui aggiungo alle due righe di prima che occorre anche raccontare quali sono le più diffuse piante da olio di oliva. A mensa mi porto l’olio da casa (che costa più di 15 â
pochi sanno come si produce l’olio e pochissimi hanno mai visitato un frantoio nel periodo di produzione dell’olio.
poi sono ancora meno quelli che hanno avuto a che fare con una pianta di olivo e le varie problematiche che comporta una coltivazione di qualità .
un mondo quello dell’olio che meriterebbe una considerazione maggiore quanto e forse più di quella dovuta al vino.
il costo intorno ai 10 euro al litro mi sembra corretto prezzi superiori vanno verso una logica di mercato che tende a esagerare il prezzo non aumentando di pari passo la qualità .
buono il vostro articolo al quale a mio modesto parere manca una parte dedicata alle caratteristiche organolettiche che possano aiutare a scegliere un prodotto di qualità .