Frutti della palma da olio su una tavola di legno; concept: olio di palma

Non c’è «alcuna evidenza scientifica» per giustificare «le campagne, sconfinate spesso nella demonizzazione», dell’olio di palma. Che tristezza leggere su Corriere della sera.it, Wired e su altri media titoli e frasi di questo tipo che cercano in tutti i modi di salvare l’olio di palma, attribuendogli in alcuni casi qualità antitumorali. Nella grande operazione di recupero sono scesi in capo Dario Bressanini, Slow Food e altri soggetti. Molto probabilmente queste persone hanno letto in modo distratto i dossier dell’Istituto superiore di sanità e dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare e quelli delle altre agenzie della salute francesi (Anses) e olandesi. I documenti senza troppi giri di parole puntano il dito contro sull’olio tropicale sconsigliandone l’uso e soprattutto l’abuso che si è fatto finora in Italia. La difesa impossibile del palma gioca su quattro elementi abilmente manipolati e ripetuti fino alla noia.

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Si dice che il palma è meglio degli acidi grassi trans. È vero, ma questo rischio non si corre visto che gli acidi grassi trans in Italia non li usa più nessuno da anni. L’Efsa ha riportato un parere negativo sull’olio di palma perché contiene glicidiolo, del 3-monocloropropandiolo (3-MCPD) e del 2-monocloropropandiolo (2-MCPD) e loro esteri degli acidi grassi (GE, glicidil esteri degli acidi grassi), dalle 6 alle 10 volte di più rispetto ad altri oli vegetali e margarine.

Si dice che il palma viene sostituito con altri oli e/o grassi lasciando intendere  che si può trattare di grassi peggiori. In questo caso si racconta una bugia. Chi frequenta i supermercati e legge le etichette sa che nella stragrande maggior parte dei casi al posto dell’olio tropicale si usa girasole, colza, oliva, mais. Si tratta di materie grasse che non presentano certo i problemi nutrizionali e ambientali del palma. Solo nei gelati viene impiegato sovente l’olio di cocco. In ogni caso basta leggere le etichette dei circa 800 prodotti che abbiamo catalogato nel nostro sito per averne conferma.

La terza questione riguarda la favola dell’olio di palma sostenibile RSPO utilizzato dalle aziende italiane “politicamente corrette”. L’olio certificato RSPO rappresenta circa il 20% del totale e comunque i produttori che usano il marchio sono stati più volte accusati di non rispettare le loro stesse regole da Greenpeace e dalle stesse multinazionali come Nestlè che acquistano la materia prima. La rimanente quota dell’80% coltivata in Indonesia e Malesia proviene da coltivazioni non controllate, dove la deforestazione e gli incendi sono una prassi quotidiana. Alla luce di questi dati la scelta di dire “no” all’olio tropicale vuol dire limitare le importazioni e quindi limitare i più possibile questo scempio ambientale.

olio di palma wired

L’ultima bufala scientifica riportata da alcuni media distratti è l’ipotetica funzione antitumorale dell’olio di palma. In realtà l’autrice dello studio, Patrizia Limonta, ci ha spiegato che è “il delta-tocotrienolo, estratto dall’olio di palma (ma anche dai semi di annatto), e non l’olio di palma in quanto tale, ad avere le proprietà benefiche”. Questa sostanza ci ha spiegato uno degli autori  è estratta dall’olio di palma vergine di colore rosso (non raffinato) ricco di antociani e vitamine, e non da quello raffinato, impiegato dall’industria alimentare, dove buona parte di queste sostanze non ci sono più (vedi approfondimento).

Ma il punto centrale è che il “verdetto di assoluzione”, o di condanna che sia, non può venire dal Salone del Gusto di Torino, o da altri soggetti come una testata giornalistica senza il supporto di valide argomentazioni. L’autorità per dispensare consigli e avvisi sulla corretta nutrizione dovrebbe essere un’istituzione pubblica e indipendente come il CreaNut o il Ministero della Salute, che però in due anni hanno dedicato poco tempo alla questione.

Roberto La Pira e Dario Dongo

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michele a. fino
michele a. fino
29 Settembre 2016 17:37

Buonasera,
Forse invece di commentare articoli di giornale e lanci di agenzia, potreste guardare la registrazione complessiva della conferenza che non ha presentato nessuna di quelle che definite bufale.

https://m.youtube.com/watch?v=AdlENeHa4rM

Roberto La Pira
Reply to  michele a. fino
5 Ottobre 2016 12:16

In questo incontro tutti i relatori hanno fatto interventi favorevoli all’uso dell’olio di palma. Diciamo che di solito si invitano anche persone che hanno un parere diverso.

Roberto Contestabile
5 Ottobre 2016 21:40

Non è difficile immaginare da quale famosa azienda alimentare italiana sono sostenute (magari anche finanziariamente) queste campagne pro-olio di palma: l’unica, tra le celebri, che ancora utilizza l’ingrediente!

Dario
Dario
5 Ottobre 2016 22:32

Meno male che esistono ancora marchi come “iper” e “Ferrero” che utilizzano ancora il palma. L’olio di colza o di girasole sarebbero meglio del palma nutrizionalmente? Assolutamente no. La colza non si usa in campo alimentare ma si usa il canola che irrancidisce facilmente e ha troppo fosforo e il girasole troppi omega 6 rispetto agli omega 3. Da evitare

Roberto La Pira
Reply to  Dario
6 Ottobre 2016 09:52

Non è proprio così.Se vuol dire che il biscotto irrancidisce prima ovvero dopo 10 mesi..

Ivo
Ivo
Reply to  Dario
10 Ottobre 2016 14:33

Ma non è vero che il canola irrancidisce facilmente rispetto al olio di colza naturale ad alta percentuale del tossico acido erucico. Nel canola la percentuale di acido oleico è persino maggiore dell’ olio d’ oliva, ed ha pochi di quei polinsaturi omega 6 che favoriscono l’ ossidazione. L’ alta percentuale del monoinsaturo acido oleico è infatti indice di qualità di un grasso perché si pone a metà strada tra i problemi di ossidazione dei polinsaturi omega 6 e i rischi aterogeni dei saturi ( acidi laurico, miristico e palmitico). Infatti le imprese alimentari più oneste che stanno sostituendo l’ olio di palma con l’ olio di girasole evidenziano l’ uso della varietà “alto oleico”. L’ olio di colza-canola e l’ olio di girasole alto oleico, sebbene non “naturali”, hanno una proporzione di acidi grassi simile agli oli di oliva e di avocado, i più salubri in natura.

Andrea Ricci
Andrea Ricci
6 Ottobre 2016 10:24

Grazie ancora al Fatto Alimentare di informarci.
Che tristezza sapere che anche Slow Food giochi sporco …

Pino
Pino
7 Ottobre 2016 08:59

Sono socio SLOWFOOD e vorrei capire perchè l’associazione si presta a questi fraintendimenti in merito all’olio di palma. Sono stupito!
Desidererei delle spiegazioni (la stessa domanda la faccio sul sito di SLOW.

salvo
salvo
8 Ottobre 2016 09:05

mi meraviglio nel leggere alcuni commenti a favore dell’olio di palma, è assurdo che ancora non si sia capito che al di là che fa davvero male a differenza degli altri(io l’olio di girasole lo utilizzo nei dolci fatti in casa perchè è il più indicato) si stanno disboscando intere foreste e stiamo rovinando la terra!

Dario
Dario
Reply to  salvo
8 Ottobre 2016 21:23

Anche io mi meraviglio nel vedere certi commenti. L’olio di girasole sarebbe quello indicato per i dolci fatti in casa?? Ma se nel forno con la cottura si distrugge si deteriora. Ha troppi poli insaturi quell’olio. Come mai nessuno riesce ancora capirlo? Ha un rapporto sballatissimo fra omega 6 e omega 3. È pro infiammatorio. Mi meraviglio di questa disinformazione

salvo
salvo
Reply to  salvo
10 Ottobre 2016 10:21

uno, se proprio si vuole fare qualcosa di salutare si può utilizzare l’olio d’oliva. Due se proprio si pensa alla salute neanche si dovrebbero comprare. 3. se si fa per etica…sempre meglio un olio con valori sballati di omega 5-3 che non distruggere intere foreste e uccidere animali in via di estinzione oltre all’ambiente! …che poi un dolce fatto in casa con olio di girasole è sempre meglio dei prodotti industriali con olio di palma…e il girasole è cmq sempre meglio del palma..o ancora dell’oliva.

Ivo
Ivo
10 Ottobre 2016 14:42

Per friggere si dovrebbe usare l’ olio di girasole alto oleico, che ha un punto di fumo a 230 gradi, non quello comune dove prevalgono i polinsaturi. Purtroppo solo poche marche in Italia offrono questa varietà. Controllate nelle etichette la percentuale di monoinsaturi, che dovrebbe essere circa l’ 80%. Molte aziende fanno le furbe indicando solo la differenza saturi-insaturi, e non specificando tra mono-insaturi e poli-insaturi. Quelli con prevalenza di polinsaturi vanno benissimo, ma a crudo.