Olio di palma, il consumo eccessivo può avere effetti negativi sulla salute e aumentare il rischio cardiovascolari. Lo sostiene il Consiglio Superiore della Sanità del Belgio e l’Agenzia per la sicurezza alimentare francese
Olio di palma, il consumo eccessivo può avere effetti negativi sulla salute e aumentare il rischio cardiovascolari. Lo sostiene il Consiglio Superiore della Sanità del Belgio e l’Agenzia per la sicurezza alimentare francese
Roberto La Pira 2 Luglio 2015Sono passati 6 mesi da quando l’Unione Europea ha imposto alle aziende di specificare il tipo di olio vegetale sulle etichette dei prodotti alimentari, e in Italia è in corso un’accesa discussione dopo la scoperta che in moltissimi prodotti si usa olio di palma. Nel dibattito la domanda più frequente riguarda i problemi di salute correlati all’assunzione elevata di questo grasso. Il Ministero della salute e di altri organismi ufficiali, come l’ex Inran fino ad ora hanno ignorato il problema. Per rispondere all’interrogativo sono scesi in campo vari nutrizionisti, alcuni dei quali collegati alle aziende dolciarie e dei prodotti da forno che ritengono il problema inesistente o quasi.
Gli unici documenti sull’argomento sono quelli pubblicati dall’’Agenzia francese per la sicurezza alimentare (Anses) di cui abbiamo parlato e dal Consiglio Superiore della Sanità in Belgio nel novembre 2013 (“La problématique des acides gras saturés athérogènes et de l’huile de palme” – Il problema degli acidi grassi saturi aterogeni e dell’olio di palma).
Il dossier pone l’accento sull’eccessivo consumo di palma utilizzato in: biscotti, dolci, merendine, brioche, prodotti da forno, creme alla nocciola, snack salati, patatine fritte, piatti pronti impanati, salse, condimenti, sandwich, pasta pronta per pizza, torte e sfoglie, margarine, miscele di olio per frittura per ristoranti e per la casa… La preoccupazione nasce dal fatto che secondo gli esperti del Belgio la quantità consumata nei paesi occidentali è triplicata negli ultimi 10 anni. Considerando che la situazione in Francia e in Belgio non è poi così distante da quella italiana, vuol dire che i consumi rilevati in Italia dall’Inran nel 2005-06 (2,8 g di olio di palma al giorno assunti dagli italiani attraverso i dolci) e sbandierati dalle aziende per dimostrare che il problema è secondario sono ormai superati.
Il motivo di queste cautele è che l’olio di palma è ricco di acidi grassi saturi aterogeni che possono avere un effetto negativo sulla salute. Il dossier riprende le conclusioni elaborate dall’Agenzia francese per il cibo e la sicurezza che distingue tra i differenti acidi grassi saturi in relazione all’impatto differenziato sul metabolismo lipidico e sulla salute. Il testo fa riferimento all’effetto aterogeno e all’incremento del rischio cardio-circolatorio di alcuni acidi grassi come il palmitico, correlato all’incremento del colesterolo LDL, focalizzando l’attenzione sui pericoli correlati all’assunzione elevata di olio di palma perché è molto diffuso nel cibo e contiene una quantità di acido palmitico pari al 40% circa. Il dossier del Consiglio Superiore della Sanità del Belgio invita a sostituire il palma con altri oli più ricchi di acidi grassi insaturi e di ridurne il consumo.
Anche l’equiparazione che molti fanno tra palma e burro risulta scorretta, in quanto l’acido palmitico contenuto nel palma (40% circa) è quasi il doppio rispetto al burro (21%). C’è di più: il burro è anche ricco di acidi grassi saturi a corta e media catena e di acido stearico che il documento ritiene non avere effetti negativi sull’organismo. Per questi motivi il grasso vaccino ha un effetto meno invasivo pur avendo la stessa quantità di saturi. Il confronto poi tra il palma e altri grassi è ancora più critico visto che la quantità di palmitico nell’arachide, mais, soia è ancora minore.
L ’ANSES invita a non eccedere con gli acidi grassi saturi che dovrebbero essere meno dell’8% dell’apporto energetico totale. Il problema è che i saturi si trovano anche nel latte, nei formaggi, nella carne e in altri prodotti alimentari di origine animale che rientrano nella dieta giornaliera. Qualcuno sottolinea che l’olio di palma contiene vitamina E e carotenoidi, precursori della vitamina A, ma dimentica di dire che il grasso utilizzato in occidente è raffinato e dopo questo trattamento la vitamina E viene ridotta in parte mentre quasi tutti i carotenoidi scompaiono.
Gli esperti dell’ex Inran (ora Crea-Nut) stanno scrivendo un dossier sull’olio di palma. Il nodo centrale del documento sarà il dato relativo ai consumi, determinante per fare una corretta valutazione del rischio. Le aziende ipotizzano un consumo giornaliero apportato dai dolci, equivalente a quello contenuto, ad esempio, in due biscotti Mulino Bianco. Si tratta di un dato sottostimato. I belgi sostengono che i consumi siano triplicati negli ultimi dieci anni e proprio per questo motivo hanno pubblicato un documento contro l’invasione del palma, invitando i cittadini a limitare il consumo di prodotti che lo contengono. Ci aspettiamo dagli esperti dell’ex Inran ora Crea una valutazione corretta basata sui consumi reali di biscotti, merendine, snack e quant’altro per non sottostimare la reale assunzione del palma nella dieta giornaliera degli italiani, soprattutto per quanto riguarda i giovani.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Mi scusi Dr La Pira,
l’equiparazione con il burro non lo si può fare anche perché lei ha omesso di dire che il burro contiene colesterolo non contenuto nell’olio di palma per cui non ne è sicuramente un valido sostituto e lasciamo che sia utilizzato solo in pasticceria o al massimo nei biscotti danesi ! Ad oggi l’unico sostituto dal punto di vista della resistenza alle alte temperature ed all’irrancidimento è l’olio di oliva non utilizzabile però per tanti altri motivi. L’olio di arachidi o di girasole ad alto contenuto di oleico possono essere validi sostituto per gli stessi motivi dell’olio di oliva, anche se dal punto di vista tecnologico non conferirebbero le stesse caratteristiche organolettiche al prodotto ( essendo pur sempre un grassi “liquidi” ), ma siamo poi sicuri che l’enorme richiesta di questi tipi di olio abbiano un impatto ambientale sostenibile e che la tecnologia di produzione di questi oli non abbia delle controindicazioni salvo poi scoprirle quando magari saranno già utilizzati in grandi quantità ? Quando si fa una battaglia “contro” bisognerebbe andare oltre quelle che sono le proprie conoscenze che per quanto approfondite non possono soddisfare tanti interrogativi ! Bisognerebbe interpellare anche la “controparte” (l’industria alimentare) cosa non sempre facile per ragioni che vanno dalla segretezza agli interessi economici. Spingere con “accanimento plebiscitario” l’industria a “slegarsi” dall’olio di palma innescherebbe un processo che porterebbe come prima cosa alla creazione di prodotti che “fregiandosi” della denominazione “palm oil free” avrebbero un costo più elevato non sostenibile proprio da chi meriterebbe di essere maggiormente difeso (il ceto più povero ), e poi a ruota ( come successo per i grassi idrogenati ) seguirebbero tutti gli altri ! Il problema poi sarà scoprire quale “sotterfugio” tecnologico a basso costo sarà stato usato per rimpiazzare il tanto vituperato grasso per ottenere gli stessi risultati di prima, con il rischio di ritornare nuovamente punto e a capo ! (vedere sempre passaggio da grassi idrogenati a olio di palma). Tutto questo alla fine perché un prodotto industriale non potrà mai essere salutare e perché ad un consumo eccessivo di olio di palma corrisponde sempre un consumo eccessivo di prodotti industriali da evitare comunque, olio di palma o meno! In altre parole se continuo a mangiare a dismisura merendine, biscotti, creme al cioccolato ecc.. anche se privi di olio di palma, il rischio di “ammalarmi” rimarrebbe invariato anche se magari cambierebbe la patologia diversa da quella strettamente legata al consumo del grasso “debellato” !
Daniele Giovanni Monaco (Tecnologo Alimentare)
Gentile Daniele,
le sue considerazioni sulla “insalubrità” dei prodotti industriali di oggi, al netto dell’utilizzo dell’olio di palma, sono condivisibili, ma queste non prescindono dall’utilità di fare corretta informazione su ciò che mangiamo da parte dei media come Il Fatto Alimentare; prima erano i grassi idrogenati ad essere, a ragione, demonizzati, ora lo sono giustamente quelli di palma, domani lo saranno quelli scovati dalle menti dell’industria alimentare moderna per mantenere bassi i costi di produzione e così via… Dobbiamo saperlo! Perché se c’é un modo per far cambiare in meglio le abitudini alimentari delle persone, anche quella dei ceti più poveri e delle generazioni che verranno, è di informarli correttamente su quello che mangiano, fargli capire che ingozzarsi di merendine, biscotti, creme al cioccolato, ecc… in ogni caso non è come bere un bicchier d’acqua e che esistono tanti altri alimenti alternativi, salutari e a basso costo, accessibili a tutti.
Sign. Vito,
condivido in pieno il suo pensiero che rafforza quanto da me detto precedentemente ! Occorre una informazione a 360 gradi, e non unidirezionale, sui rischi che si corrono consumando eccessivamente tutti i prodotti industriali ! Il messaggio che deve arrivare al consumatore deve essere “attenzione, non abusate di questi prodotti perché contengono anche l’olio di palma !! ” e non quello che dice ” non consumate questi prodotti perché contengono l’olio di palma !! ” Oggi dalla mia esperienza personale, cioè da quello che sento dire in giro da amici e parenti, mai come adesso così interessati a quello che mangiano, il messaggio che passa è il secondo, con la logica conseguenza che si va alla ricerca dei prodotti che non lo contengono mantenendo le proprie scorrette abitudini alimentari !!
Daniele Giovanni Monaco ( Tecnologo Alimentare )
Condivido appieno quanto sostiene il dott Monaco. Occorre educare ad una dieta sana, non demonizzare l’uno o l’altro ingrediente a turno senza pensare ad alternative sostenibili da diversi punti di vista: sensoriale, nutrizionale, tecnologico, ecosostenibile.
Ricordo che è sempre la dose, o l’accumulo, che fà il veleno.
Elisabetta V (tecnologo alimentare)
L’olio di palma andrebbe evitato, dato che esistono delle alternative più che valide.
Anche nel nostro blog ne abbiamo parlato e per chi volesse approfondire può farlo qui: http://www.nutrimeapp.com/blog/olio-di-palma-meglio-evitarlo/
Un consiglio è quello di cercare prodotti con “olio di palma sostenibile”: ovvero che abbia il certificato RSPO!
non capisco la validità di un consiglio come quello di “cercare prodotti con olio di palma sostenibile”. foss’anche bio, rimarrebbe sempre olio di palma, fortemente sospettato di essere dannoso alla salute. posso concordare in linea di massima con il tecnologo alimentare, per ciò che concerne l’invito a moderare i consumi di prodotti industriali, ma, intanto, credo che i consumatori debbano sapere quali caratteristiche taluni ingredienti, molto presenti nei cibi pronti per il consumo, hanno ed anche, ove possibile, quali criticità possano esibire nella propria sostenibilità.
Concordo con Vito Iannuzzi nel raccomandare merendine alternative ai dolcetti industriali. Mamme e insegnanti dovrebbero impegnarsi nel proporle ai bambini. Frutta, yogurt e torte fatte in casa (anche senza burro), come hanno fatto le mamme prima dei più facili dolcini industriali. E quando nelle colonie estive a merenda davano ai bambini pane e marmellata. Pane e marmellata sono ottimi anche a colazione, specie se la marmellata è fatta in casa con poco zucchero, spiegando ai bambini che è migliore della crema di nocciole al palma.
Torte senza butto si fanno anche con olio extra vergine di oliva: nelle dosi giuste, non si sente.
Penso che il problema maggiore relativo all’olio di palma sia la distruzione delle foreste tropicali per far posto alle piantagioni di palma. La Francia, tanto attiva nel denunciare i danni dell’olio di palma, è grande produttrice di olio di girasole, estratto con solventi chimici che al 50% restano nell’olio. Il vero problema sono i cibi industriali, spesso pieni di nefandezze, ai quali sono sicuramente preferibili prodotti contenenti olio di palma sostenibile, magari usati con moderazione
Non è vero che i solventi restano nell’olio . Tutti gli oli di semi vengono estratti con solventi che poi vengono eliminati per evaporazione.
Sign. La Pira, se il professore di tecnologie alimentari Prof. Masi dell’università Federico II di Napoli, non mi ha insegnato delle fesserie, i solventi chimici rimangono in tracce negli oli di semi perché impossibile eliminarli completamente, tanto che esistono dei limiti di legge oltre i quali il prodotto non è considerato idoneo al consumo ! In diverse trattazioni poi è menzionato l’argomento oltre come già ribadito facendo le dovute citazioni, la raffinazione degli oli di semi porta alla produzione di acidi grassi trans, oltre ad essere facilmente soggetti ad irrancidimento se sottoposti ad elevate temperature, per l’elevato grado di instaurazione dei suoi acidi grassi ! Daniele Giovanni Monaco (Tecnologo Alimentare )
Le tracce si trovano ovunque basta cercarle . Se cerca la diossina che è ubiquitaria la trova in molti prodotti , se cerca alcuni batteri li trova in quantità talmente ridotta è minima da non essere presi in considerazione dal legislatore . Chissà perché.