La produzione di olio di oliva in Europa aumenta grazie all’importante contributo della Spagna, mentre il nostro Paese rischia di avere un ruolo sempre più marginale e l’olio 100% italiano sembra avere il destino segnato. Nella stagione 2018/2019 la Commissione Europea stima una produzione di olio di oliva complessiva di 2.267.100 tonnellate, pari al 3,7% in più rispetto alla stagione precedente. La parte del leone spetta alla Spagna con 1.790.000 t (+42%), segue la Grecia con 185.000 t (-46,5%), l’Italia con 175.000 t (-59,1%) e il Portogallo con 110.000 t (-25%).
Le politiche olivicole
«Sul fronte delle politiche olivicole – spiega Alberto Grimelli direttore di Teatro Naturale – il mondo della rappresentanza olivicola ha fallito su tutta la linea. Al Consiglio oleicolo internazionale, laddove si decidono le regole, c’è una direzione apertamente ostile alla politica della qualità». Per l’Italia la faccenda è ancora più negativa. «La quotazione dell’olio extra vergine di oliva nazionale – continua Grimelli – dopo un’annata disastrosa sotto il profilo quantitativo, è in calo. La stagione è iniziata con un prezzo all’ingrosso inferiore ai 6 €/kg e ormai siamo molto vicini a 5, e le prospettive sono di scendere a 3,5. Anche le quote di mercato dell’olio etichettato come 100% italiano stanno precipitando. Si è passati dall’8-10% di 6-7 anni fa al 5%. Il mondo del commercio e dell’industria olearia, grazie alle delocalizzazioni non compra più olio nazionale e non fa più transitare l’olio comunitario ed extracomunitario dall’Italia, preferendo la vendita diretta estero su estero”.
«I motivi del fallimento – prosegue il direttore di Teatro Naturale – sono da attribuire a una politica olivicola che si è accordata con il mondo industriale e del commercio, con contratti capestro, in larga misura poco rispettati, che hanno indebolito la vera forza della nostra olivicoltura: la fiducia con i cittadini consumatori. Le inchieste, i reportage e le battaglie su frodi e contraffazioni sull’olio vero e sulla qualità sono state archiviate in favore di una pace che ha rafforzato solo il mondo industriale che ha avuto il tempo di riorganizzarsi, dopo gli scandali che l’hanno travolto».
Nessuno vuole l’olio di oliva italiano
Per rendersi conto basta ricordare che le cisterne dei frantoi italiani sono piene di olio di oliva (71 mila t secondo il report Frantoio Italia al 1 luglio) a fronte di una produzione nazionale pari a 175 mila t. Vuol dire che il 40% di olio risulta invenduto e che nessuno lo vuole. Le aziende leader del settore, ormai non più italiane, e anche la grande distribuzione non hanno più interesse a promuovere e vendere l’olio etichettato 100% italiano. È vero che costa di più, ma la quota di mercato è talmente irrisoria che si preferisce fare business collocando 1 milione di bottiglie di olio comunitario guadagnando poco, piuttosto che commercializzare 20 mila bottiglie di olio locale.
«Si è arrivati al punto – sostiene Grimelli – che ci si lamenta della perdita delle quote di mercato dell’olio di oliva dall’Italia verso gli Usa, ovvero del fittizio negativo risultato dell’industria e commercio nazionale, ma non delle 100 mila tonnellate di olio italiano vendute in meno nella campagna 2018/2019 rispetto alla precedente. Il problema non è che gli olivicoltori e i frantoiani faticano a cedere il loro extra vergine nazionale, ma le difficoltà del commercio e dell’industria a vendere il loro olio comunitario sui mercati internazionali».
Come uscirne? «Bisogna rendersi conto – conclude Grimelli – che il mondo industriale e del commercio oleario non sono partner affidabili e non hanno interesse a valorizzazione e a vendere l’extra vergine di oliva nazionale. Andando avanti così le quote arriveranno ai minimi storici e il destino è segnato. Bisogna creare il più in fretta possibile nuovi percorsi. I frantoi devono farsi carico di raccogliere intorno a sé piccoli e medi olivicoltori e creare un marchio italiano, un brand da proporre al mercato. Altre strade non ci sono».
© Riproduzione riservata
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
difficile trova dell’EVO 100% italiano DOP a meno di 11 o 12 euro litro.
Domanda chi ha voglia di spendere quella cifra???
Altra domanda: se sugli scaffai ci sono ancora le bottiglie delle penultima raccolta ( invendute ancora) …non è che stiamo producendo più olio di quanto il mercato ne assorba?
L’extra vergine italiano 100% non Dop si trova a 7-8 euro.
CI SIAMO GIOCATI ANCHE EXV ITALIANO.FARE CROLLARE I PREZZI PER POI COMPRARE E STROZZARE GLI OVICOLTORI È IL MESTIERE DELLE MULTINAZIONALI.POVERI OVICOLTORI NON VI RESTA CHE PIANGERE.
Nei supermercati si trova olio evo in bottiglia a meno di 3 € e viene tranquillamente venduto. La qualità, mah ! Ho seri dubbi. D’altronde tutto il comparto alimentare italiano sta soffrendo sia a causa delle GDO sia per la mentalità distruttiva di noi stessi. Ma siamo sicuri che i prodotti che vengono importati sono di qualità al livello di quelli italiani ?
Dare sempre la colpa alle multinazionali significa non guardarsi in casa e mettere continuamente la testa sotto la sabbia. È poi sappiamo cosa succede!
Le sfide si vincono con il progresso anche in agricoltura , e non con la favola che basta l’aggettivo “italiano 100%” basti al gradimento di un prodotto non così facilmente identificabile. È spesso non di qualità eccelsa come vuol far credere Coldiretti.la politica dei marchi nazionali comincia a fare acqua, specie con differenze di prezzo stratosferiche.
….”Anche le quote di mercato dell’olio etichettato come 100% italiano stanno precipitando. Si è passati dall’8-10% di 6-7 anni fa al 5%.”
Ecco in sintesi la vera realtà del Bel Paese che scivola sempre più in una fiera ignoranza: RISPARMIARE SUL CIBO! Distruggere le eccellenze del territorio provocandone l’ abbandono e il relativo collasso idrogeologico, ma scialare sull’esibizionismo becero. D’altronde per recuperare la rata del Suv, del maxi schermo e del cellulare di ultima generazione su qualche cosa dovrò pure risparmiare
Ben detto!
Ma tutto il mondo sta andando in quella direzione, purtroppo, mica solo l’Italia.
Se si desse davvero valore alle cose importanti, non si distruggerebbe l’ambiente per fare più soldi.
Articolo tanto interessante quanto preoccupante. Non riuscire a fare business con l’olio di oliva, ma anche con il parmigiano o con il prosciutto crudo significa non avere realtà imprenditoriali all’altezza della competizione globale. Non credo che “creare un marchio italiano, un brand da proporre al mercato” possa risolvere qualcosa, è una forzatura del mercato. Credo che “lasciare che un marchio italiano, uno o più brand possano svilupparsi anche in Italia” sia preferibile, ma in Italia fare impresa è troppo complesso, faticoso, improduttivo. Sembra che le imprese diano fastidio, e molti le vendono, si trasferiscono, oppure proseguono l’attività senza alcuno slancio imprenditoriale. Credo che in questo senso si possa fare molto: cambiare radicalmente il rapporto Stato-imprese: dovrebbe esserci grande interesse ed aiuto da parte dello Stato perché le imprese nascano e fioriscano in Italia, ed un aiuto all’internazionalizzazione che la classe politica attuale non è neppure in grado di immaginare.
La proposta è di creare uno o più nuovi marchi privati di olio evo 100% italiano aggregando vari produttori e vari frantoi
In tutto questo quanto possono essere colpevoli i consumatori ? Quanta e’ la responsabilita’ di chi e’ contento di portarsi a casa un extavergine a 2 euro/litro convinto di aver fatto l’affare del secolo ?
Nell’alimentare si sta riproponendo lo stesso giochino fatto che so’ per il tessile (e’ il primo esempio, se ci pensate bene potete trovarne altri) per poterci permettere tutti 20 abiti nel guardaroba a prezzi stracciati non ci e’ importato nulla che siano fatti dall’altra parte del mondo sfruttando i bambini.
Ma e’ mai possibile che in questi famosi “consumatori” non ci siano sarti, olivocoltori, contadini, allevatori ecc … che si rendano conto che e’ un’illusione che ci si ritorce contro l’avere “tutto” a basso costo ?
Sabato al supermercato mi sono portato a casa 3 bottiglie di olio ev, italiano, incluso un Dop, a prezzi compresi fra 6 e 9 €, per bottiglie da 750 ml. Due erano in offerta, l’altro era a marchio “Viaggiatore Goloso”.
educhiamo i consumatori di domani a scuola e poi vediamo se non ci sarà un cambiamento in meglio delle abitudini alimentari. educare a scuola, questa è la chiave!
una bottiglia di olio ci dura circa un mese ed esigo che sia evo 100 % italiano e lo pago 10 – 12 euro che in un mese rispetto alla spesa dei caffe’ e aperitivi e cappuccini e sigarette mi sembra una cifra sostenibile ,da chiunque , e io non navigo nell’oro . meditate e buona giornata a tutti
Condivido in pieno le considerazioni del sig. Franco.
Purtroppo non c’è una coltura tale nei consumatori che permetta di spostare la scelta dell’ evo su una fascia di prezzo tale a garantire un certo livello qualitativo, spesso ne facciamo solo una questione di soldi . Come si può pretendere di avere un olio italiano al prezzo di pochi €/litro con i costi di produzione che devono sostenere i nostri olivicoltori?
Le grosse aziende italiane si sono delocalizzate in Spagna Marocco e Tunisia e li non hanno i controlli che abbiamo in Italia così possono acquistare oli di dubbi provenienza e farli diventare 100% italiano.
Inoltre al Coi è stato rimosso dal panelli italiano vincitore di concorso con la motivazione troppo bravo e hanno inserito una tunisina inoltre abbiamo a capo del Coi un tunisino ed uno spagnolo che non tutelano certamente il made in italy o comunque la qualità. Mi accodo al signore che dice che nella spesa familiare l’olio rispetto a caffè o altro non incide molto sul bilancio perché un litro di olio dura una settimana ma è il primo elemento che determina la preparazione di tutti i pasti.
Mi permetto di precisare che i marchi di olio italiano (alcuni dei quali ora sono di proprietà di altri Paesi Ue oppure delocalizzati ) hanno sempre portato avanti numerose frodi commerciali ai danni dei consumatori ed le aziende erano localizzate sul nostro territorio e sottoposte ai nostri controlli.
Forse incidono anche tutti i servizi giornalistici in cui si rivela che un olio dove c’è scritto ‘prodotto 100% italiano’ non significa ‘da olive italiane’; un po’ come la storia dei pomodori cinesi che diventano sugo ‘prodotto italiano 100%’. Ma è solo uno dei punti oscuri. Comunque l’industria alimentare continua a fare danni. Profitto e qualità sono antitetici.
Quindi alla fine siamo noi Italiani, Consumatori e Produttori, che ci diamo le martellate! Fin che trovo, cerco prodotti da piccoli produttori, anche se in un primo momento sembra di spendere di più, che NON hanno interesse a fare i furbi! Quando non troverò più ci penserò!
Le statistiche dei consumi di olio Bio in Italia sono in controtendenza rispetto al costante calo delle vendite convenzionali, ma nessuno degli interventi, Roberto compreso, lo prendono in considerazione. Personalmente da agronomo mi basta prendere in considerazione che non porterò mai a casa per i miei cari un olio che ha residui di dimetoato (insetticida fosforganico che persino la truffa del nuovo Pan in discussione non può fare a meno di ricordare che è ormai candidato alla sostituzione per gli effetti sulla salute umana) fosse anche vincitore di 100 pannel test. La qualità non si misura solo con l’acidità di un olio! Abbiamo per ora 250.000 ettari certificati bio e il mercato dell’export in costante crescita. Un olio evo senza residui tossici, per le sue caratteristiche nutraceutiche (curative oltre che nutritive) non può essere maltrattato solo per avvantaggiare quattro case farmaceutiche, buttando nel cesso le conoscenze e la tradizione contadina di un intera nazione, climaticamente avvantaggiata come la nostra!
Una buona parte delle colpe e’proprio dei consumatori.
Oggi noi spendiamo molto meno per il cibo delle nostre madri 30 anni fa.
E’passato il messaggio d’avere magari 5 paia di scarpe o più, ma risparmiare sul cibo, con le famose offerte, mettendo in tavola spesso quello che costa meno, ma mangiando non bene qualitativamente.