Pubblichiamo un articolo firmato da Colomba Mongiello collaboratrice del sito Teatro Naturale sul test comparativo condotto dalla rivista Il Salvagente su 15 marche di olio extravergine di oliva.
Il test de Il Salvagente
I consumatori hanno diritto di pretendere etichette trasparenti che narrano il prodotto che stanno acquistando. Non possono essere ingannati comprando un olio extravergine così come indicato in etichetta e ritrovarsi a casa un olio di categoria inferiore a un prezzo superiore. L’inchiesta de Il Salvagente mediante un campionamento a scaffale e attraverso le analisi chimiche dei laboratori accreditati dell’agenzia delle Dogane, boccia 7 marchi tra cui private label e alcuni brand molto noti nel panorama oleario italiano e mondiale alcuni dei quali già coinvolti nella precedente inchiesta di 6 anni fa.
Sia chiaro: gli oli bocciati non fanno male alla salute, ma l’inganno ai consumatori è servito. Partiranno i soliti comunicati a difesa del proprio marchio da parte delle aziende coinvolte scaricando la responsabilità della declassificazione del prodotto allo stato di conservazione nei supermercati o addebitabile alle fasi di trasporto o stoccaggio. Sanno bene però che la loro responsabilità non finisce con la consegna al distributore. In azione i detrattori del panel test. In questi anni molti sono stati i tentativi di abolirlo ma una recente sentenza del Consiglio di Stato ha messo la parola fine alla controversia definendolo uno strumento attendibile e oggettivo.
Chi controlla l’olio extravergine?
Il tema è sempre lo stesso: chi controlla lo scaffale dell’olio extravergine? Com’è possibile attendere anni per una verifica che dovrebbe essere fatta più spesso a tutela delle aziende e dei consumatori coll’obiettivo di mettere in sicurezza la reputazione stessa del Made in Italy. Sappiamo bene quanto sia il danno provocato da simili notizie all’intero comparto. Sui mercati ci vanno anche le piccole aziende olivicole che hanno faticato parecchio adentrare nei circuiti internazionali e la reputazione di un prodotto è fondamentale per il successo nelle vendite. Si badi bene.
Non c’è alcuno spirito di ritorsione contro le aziende coinvolte ma sarebbe auspicabile che anche le stesse collaborassero così da fugare qualsiasi dubbio. E allora se il problema è il test comparativo e chi lo effettua, auspichiamo che lo stesso possa essere fatto dall’Icqrf (Ispettorato centrale della tutta della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari) così da eliminare qualsiasi dubbio. Gli ispettori potrebbero anche verificare perché l’olio è venduto sempre sottocosto a un prezzo che non copre i costi di produzione. In un anno di scarsa produzione olearia in Italia, i consumatori vengono bombardati con mega offerte che a volte non coprono neanche i costi delle bottiglie delle etichette e del tappo, senza olio.
Cosa fare?
Nella legge “salva olio” c’erano norme che regolavano il sottocosto, insieme a molte altre come il tpa, l’abolizione del segreto dell’import e la tutela dei consumatori oltre al panel test come esame probatorio. Non ho mai compreso perché non si è voluto applicarla fino in fondo. Forse andrebbe rivista in qualche parte alla luce di nuove norme comunitarie. Bene ripartiamo da lì.
La filiera olivicola dovrebbe cogliere questa occasione per fare un’attenta riflessione su come sta funzionando l’intero settore. Sento troppi silenzi da qualche parte e qualche balbettio a livello ministeriale. L’olio è un asset strategico del Made in Italy, identitario del nostro territorio e del nostro modo di concepire la vita. Questo settore va tutelato e non servono solo spot e claim salutistici. Anche questa filiera è stata pesantemente colpita dal blocco di horeca (Hotellerie-Restaurant-Café) compensato in parte dall’aumento dell’export e la scarsa produzione in aree geografiche olearie rende urgente più che mai una presa di posizione forte da parte di tutti gli stakeholders così come è stato fatto per altre filiere, a cominciare dal vino.
Colomba Mongiello, articolo ripreso dal sito Teatro Naturale
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