I contraccolpi della guerra in Ucraina sui beni alimentari sono diversi e importanti. Abbiamo già parlato della ‘crisi del grano‘, che rischia di colpire soprattutto i paesi a basso reddito al di fuori dell’Ue. Meno evidente, ma comunque significativo, è il problema che riguarda l’olio di girasole, di cui Ucraina e Russia sono i principali produttori mondiali (60%). La questione investe decisamente l’Italia, anche perché negli ultimi sette anni i consumi di olio di girasole sono cresciuti e in nostro import di prodotto grezzo dall’Ucraina è aumentato, passando dal 54% al 63%. Gli usi di questo prodotto sono disparati, dall’industria biochimica ed energetica ai mangimi, dalla produzione di conserve e dolci alla ristorazione fuori casa.
Uno spazio rilevante lo occupano anche i prodotti da forno. Particolarmente in quest’ambito, il claim ‘senza olio di palma’ sulle confezioni è molto diffuso e questo grasso economico, un tempo molto apprezzato dall’industria per le sue caratteristiche ‘tecniche’ e il prezzo conveniente, è stato in molti casi sostituito proprio con l’olio di girasole, che vanta un minor contenuto di grassi saturi e un minor impatto sull’ambiente. Che cosa dobbiamo quindi aspettarci ora, con una guerra che sta devastando il territorio del primo produttore mondiale? Dobbiamo immaginare un ritorno all’uso massiccio dell’olio di palma anche nell’industria alimentare?
I problemi di approvvigionamento dell’olio di girasole
Fino a poche settimane fa la preoccupazione per l’approvvigionamento di olio di semi di girasole era molto alta perché, prima della guerra, l’importazione era affidata al trasporto marittimo, ora bloccato a causa degli eventi bellici. Con il passare del tempo, sebbene l’orizzonte resti incerto, si sono trovate le soluzioni per far ripartire gli scambi, sostituendo in parte le navi con il trasporto su rotaia o su gomma. Molte aziende hanno inoltre selezionato e acquistato la materia prima rivolgendosi a nuovi mercati (soprattutto altri paesi dell’est Europa e Argentina). Resta l’incognita del prossimo raccolto, le cui semine si sono svolte con il conflitto in corso. “La stima si aggira sul 20/30% in meno rispetto all’anno precedente – ha chiarito Carlo Tampieri, presidente del gruppo oli da semi di Assitol –”. Nel frattempo si stanno anche sperimentando nuove colture, come il girasole perenne silflower (Silphium integrifolium Michx), derivato dalla domesticazione di una specie selvatica.
I principali utilizzatori in Italia
Come si stanno regolando, in questa fase di incertezza, i produttori di dolci da forno italiani? “Fino a qualche mese fa eravamo molto preoccupati – spiega Luciano Triangeli, responsabile qualità di Galbusera –, ma sembra che la disponibilità di materia prima sia tornata ai livelli normali. Certamente questo vale in termini di volumi, perché sul fronte del prezzo stiamo registrando degli incrementi e ne attendiamo ulteriori. Per quanto riguarda i nostri prodotti, comunque, la scelta che abbiamo fatto è quella di privilegiare l’olio di girasole alto oleico, la cui produzione non arriva dall’Ucraina, ma è soprattutto italiana oppure arriva da Ungheria e Romania”.
Anche Barilla utilizza l’olio di girasole alto oleico come principale componente oleosa di merende e biscotti e, tra i paesi d’origine di quest’olio, indicati sul sito aziendale nell’enciclopedia degli ingredienti di Mulino Bianco, è citata anche l’Ucraina. Dall’azienda garantiscono che, in ogni caso, non hanno alcuna intenzione di ritornare all’olio di palma e che rispetteranno l’impegno preso tempo fa con i consumatori. Per quest’azienda, quindi, come per tutti i produttori le cui ricette non subiranno variazioni, resterà comunque la questione del prezzo, rispetto alla quale ognuno farà le sue politiche commerciali: qualcuno rivedrà i listini e qualcun altro ridurrà le iniziative promozionali.
Pagare più caro l’olio di girasole o modificare le ricette?
Nonostante l’impegno garantito da alcuni produttori importanti che fanno largo uso di olio di girasole, l’interrogativo resta. Riuscire a reperire una materia prima che nel frattempo è diventata più costosa o modificare gli ingredienti? Se da una parte la Commissione europea nega l’esistenza di una vera e propria crisi, sostenendo che l’incremento di produzione degli altri paesi dovrebbe compensare la riduzione dell’Ucraina, in una nota dello scorso marzo il Ministero dello Sviluppo economico si è espresso, autorizzando temporaneamente l’indicazione generica sulle etichette della categoria oli e grassi vegetali, seguita da una specifica dei grassi che potrebbero essere presenti. Tutto ciò in deroga al regolamento europeo del 1169/2011. La nota prevede anche l’indicazione degli allergeni, ma non contempla, per le confezioni già stampate, la necessità di un adeguamento della tabella nutrizionale.
Si tratta quindi di una decisione che rischia di far fare qualche passo indietro sul fronte della trasparenza e della qualità nutrizionale di alcuni prodotti. “Riappare l’olio di palma, persiste l’olio di colza o si fanno restyling al ribasso – spiega Antonello Paparella, docente di Microbiologia degli alimenti all’Università di Teramo – rimpiazzando quello che un tempo era l’olio di palma con l’olio di cocco, che contiene ben il 90% di grassi saturi, ma vanta un vissuto meno negativo”. In effetti, qualche caso di cambiamento degli ingredienti è già rintracciabile sugli scaffali.
La scelta di Matilde Vicenzi
“Il contesto è complicato – dichiara Cristian Modolo, direttore marketing e comunicazione di Matilde Vicenzi – e coinvolge in primis l’olio di girasole, ingrediente comune alla maggior parte delle nostre produzioni da forno, ma anche la lecitina di girasole, per la quale la situazione è ancora più complessa. Quest’ultima è un ingrediente non meno importante e contribuisce alle performance organolettiche e palatali nelle nostre creme di farcitura. Se per l’olio di girasole siamo in regime di ‘scarsità’, la lecitina non è più reperibile da settimane.”
“Per l’olio, –prosegue Modolo – stimiamo di avere al massimo ancora 40 giorni di disponibilità (fino alla fine di giugno; ndr), grazie alle buone intuizioni e previsioni del nostro ufficio acquisti, tuttavia l’utilizzo è stato contingentato su produzioni per le quali la sostituzione è più complicata. In particolare lo abbiamo mantenuto in alcuni impasti di merendine (quelli fatti con la cosiddetta ‘pasta margherita’, come plumcake, muffin, ciambelle della linea Mr.Day) che devono preservare una morbidezza e un certo tenore di umidità, per cui è fondamentale contare sulla stabilità dell’olio di girasole. In altri casi abbiamo sostituito l’ingrediente con miscele di olio di soia, burro di cacao e olio di cocco, per ottenere performance di stabilità equiparabili, trovate con un enorme, quanto emergenziale, sforzo della nostra area ricerca e sviluppo”.
Come gestire l’etichettatura?
Rispetto alle indicazioni sulle confezioni, Matilde Vicenzi ha dovuto far ricorso alle deroghe, apponendo un’etichetta adesiva sulle confezioni, che indica le modifiche alla ricettazione. “Abbiamo così il tempo di incorporare le modifiche nelle prossime ristampe – prosegue Modolo –, sia sul fronte degli ingredienti sia su quello, ove necessario, delle tabelle nutrizionali. Facciamo però tutto il possibile perché anche sotto il profilo nutrizionale le nuove ricette siano del tutto simili alle precedenti. Non cambia per esempio nulla nei bocconcini di sfoglia ripiena (vedi foto), dove olio e lecitina di girasole sono stati sostituiti da analoghi derivati della soia. La deroga ha inoltre anche dei risvolti green perché ci evita di buttare via le decine di milioni di imballi (flessibili e cartacei) che produciamo ogni mese”.
Certamente le deroge e le ‘doppie’ etichettature che ne conseguono possono ingenerare anche qualche confusione. Abbiamo già parlato dei fiori di zucca in pastella surgelati, acquistati da un lettore presso un punto vendita Lidl, nei quali l’olio di sansa di oliva e di arachide sostituiscono quello di girasole. Per quanto riguarda gli altri prodotti proposti da Lidl, la catena discount, come le principali insegne della grande distribuzione presenti in Italia, non fornisce in questa fase delicata informazioni riguardo alle scelte in atto perché: “trattandosi di una congiuntura in divenire, potrebbero subire variazioni nel breve periodo”.
La posizione di Carrefour
Un’analoga riflessione viene fatta da Carrefour, che sottolinea: “La situazione è mutevole e lo scenario potrebbe cambiare di giorno in giorno, anche per le fluttuazioni dei costi di oli e grassi e per la loro disponibilità”. Al momento, nell’ambito dei prodotti da forno, la catena di supermercati francese precisa che, nei dolci da forno, i principali grassi utilizzati sono margarine a base girasole e a base mais, burro, margarine a base palma e margarine miste.
Per quanto riguarda poi l’eventuale esigenza di modificare le etichette, l’azienda precisa che “in caso di emergenza, corripondente a grossi stock di materiali che riportano ancora la presenza di olio di girasole, non escludiamo il ricorso alle deroghe previste dal ministero dello Sviluppo economico, sempre che queste costituiscano un’informazione chiara e non fuorviante per il consumatore. Viceversa, ci vedremo costretti a distruggere i materiali ed eventualmente a bloccare gli articoli in attesa della ristampa con le diciture aggiornate”.
Gli effetti della ricomparsa dell’olio di palma
Nel frattempo, lo scorso 25 maggio, Que Choisir, la rivista della principale associazione francese di consumatori, ha pubblicato un elenco di oltre 40 prodotti, tra snack salati, dolci da forno e, soprattutto, dolci al cucchiaio, in cui l’olio di girasole è stato sostituito con altri grassi. La maggior parte dei prodotti indicati riportano il marchio delle insegne della grande distribuzione e molte di queste sono presenti solo in Francia.
Uno degli aspetti più interessanti dell’approfondimento di Que Choisir è la valutazione del cambio di profilo nutrizionale dei prodotti, facilitata dalla presenza dell’etichetta Nutri-Score, che ha permesso di evidenziare il peggioramento dei contenuti nutrizionali apportato ai prodotti dalle nuove ricette. La maggior parte degli snack salati è passata infatti dalla classificazione con la lettera “D” a quella con la “E”. Riguardo ai dolci da forno, in molti casi non è stato possibile evidenziarne il downgrade, perché erano quasi tutti già classificati in partenza con la “E”. Nei dessert al cucchiaio, infine, l’olio di girasole è stato quasi sempre sostituito dall’olio di cocco, quindi il giudizio del Nutri-Score è peggiorato, con un passaggio quasi in blocco dalla lettera “C” alla “D”.
© Riproduzione riservata; Foto: Fotolia, Assitol, Matilde Vicenzi
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