Le persone obese o in sovrappeso nel mondo sono 2,1 miliardi, circa il 30% della popolazione. Continuando secondo la traiettoria attuale, nel 2030 si raggiungerà il 50%. Il costo sociale dell’epidemia di obesità, in termini di perdita di produttività, servizi sanitari e investimenti per invertire la tendenza, è pari al 2,8% del Pil mondiale, ovvero duemila miliardi di dollari l’anno, poco meno del costo causato da guerre, terrorismo e violenza armata, o dal fumo. È questa la stima effettuata dalla società di consulenza McKinsey & Co., che calcola tra il due e il sette per cento del totale la spesa sanitaria associata direttamente all’obesità nei paesi sviluppati (valore che sale al 20%, se si prendono in considerazione i disturbi correlati).
Senza pretese di esaustività, McKinsey ha studiato 74 interventi possibili per invertire questa tendenza trovando dati sufficienti per 44 interventi in 14 aree. Secondo le conclusioni della ricerca, al momento nessun intervento adottato singolarmente è suscettibile di avere un impatto significativo. L’istruzione e la responsabilità personale sono importanti ma non sufficienti. Sono necessari altri strumenti, che facciano meno affidamento sulle scelte consapevoli delle singole persone come ad esempio la riduzione delle porzioni e del contenuto calorico, il cambiamento delle tecniche di marketing, la ristrutturazione degli ambienti urbani e scolastici per favorire l’attività fisica. Occorre, quindi, un mix coordinato di interventi aziendali e di politiche pubbliche.
Beniamino Bonardi
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