obesita sovrappeso misurazione della vita medico dottore dottoressa Depositphotos_45085471_L

Nello scorso mese di marzo, la Lancet Diabetes and Endocrinology Commission ha pubblicato il risultato dei suoi sforzi, ovvero ciò che è emerso dall’analisi di decine di studi degli ultimi anni nell’ambito dell’obesità. All’elaborazione del documento hanno collaborato 58 tra i massimi esperti mondiali di discipline diverse e inerenti al tema insieme a rappresentanti dei pazienti, con il coordinamento di Francesco Rubino del King’s College di Londra. La versione finale ha ricevuto l’endorsement di 75 tra le massime società scientifiche mondiali.

Le nuove obesità

Da tempo si discuteva sui limiti della definizione più classica e semplicistica di obesità, quella basata sul solo indice di massa corporea o IMC (BMI Body Mass Index), che si ottiene dividendo il peso (in chilogrammi) per il quadrato dell’altezza (in metri), e che definisce una persona obesa quando il risultato è 30 o più. Quell’unico numero, infatti, era molto limitante, e non teneva conto delle numerose variabili in campo e delle diverse forme della malattia. Così la Commissione stabilita da Lancet ha modificato i criteri includendo, oltre al BMI, le misurazioni della circonferenza della vita, quelle del rapporto tra questa e l’altezza e tra questa e la lunghezza del femore, e stabilendo che si può definire obesa una persona se risponde a una tra queste caratteristiche:

  • Uno dei parametri citati in aggiunta al BMI (definita obesità con BMI e antropometrica);
  • Due dei parametri citati, anche senza un BMI oltre 30 (definita obesità solo antropometrica);
  • Misurazioni antropometriche dirette per esempio della densità ossea, a prescindere dal BMI;
  • Valori di BMI particolarmente elevati (pari a 40 o più).

    sovrappeso obsesità peso grasso dieta Female doctor consulting overweight woman in clinic
    I nuovi criteri includono, oltre al BMI, le misurazioni della circonferenza della vita

Obesità clinica o preclinica

Oltre ad ampliare i criteri, la Commissione ha anche introdotto due nuove tipologie di obesità. La prima è quella clinica, la cui diagnosi si basa appunto sui sintomi, sulle conseguenze sulle attività quotidiane specificate in 18 sintomi per gli adulti e 13 per ragazzi e bambini. Tra i più noti vi sono le difficoltà respiratorie, lo scompenso cardiaco, il dolore alle articolazioni. E poi c’è quella preclinica, che interessa chi non ha ancora patologie associate evidenti, ma è a rischio di svilupparne.

L’introduzione di nuovi criteri potrebbe avere ripercussioni profonde, perché le linee guida relative dovrebbero essere recepite anche dai sistemi sanitari, dalle assicurazioni e da chiunque, a vario titolo, si occupi di obesità. Ma che cosa significa tutto questo in concreto?

Tutti o quasi obesi

Per capirlo, i ricercatori e medici del Massachusetts General Hospital di Boston hanno fatto una simulazione, e hanno applicato i nuovi parametri a una coorte di 300.000 americani reclutati tra il 2017 e il 2023 in un grande studio chiamato All of Us Research Program, lanciato dai National Institutes of Health. Come illustrato su JAMA Network Open, il risultato sono stati numeri sconcertanti, perché il tasso di obesità in quella popolazione è passato dal 42,9% al 68,6%, con picchi superiori all’80% tra gli over 70, che sarebbero i più obesi di tutti.

Tra le nuove diagnosi, circa metà avrebbe un’obesità clinica. Il valore sarebbe solo di poco inferiore a chi ha un’obesità solo antropometrica. Inoltre, tra questi ultimi (che quindi non rientrerebbero nella definizione classica, basata sul solo BMI) sarebbe molto evidente (in base ai dati medici) l’aumento del rischio di diabete, malattie cardiovascolari e mortalità. In generale, l’aumento del numero di persone obese sarebbe del 60%, rispetto ai vecchi parametri.

Il quadro che emerge sarebbe dunque quello di un’umanità in gran parte obesa, o destinata a diventarlo via via che l’età avanza.

Questo spiega ciò che sta succedendo in ambito farmaceutico: decine di nuove terapie, anche destinare a obesi di diverso tipo, in sperimentazione, e in molti casi prossime all’arrivo sul mercato. A questa grande attenzione verso le terapie non fa tuttavia da contraltare la stessa considerazione sulle vere cause dell’obesità dilagante, ovvero sul cibo nella sua forma più industriale e, secondo una definizione diffusa, obesogena. Al contrario, c’è ancora chi sostiene che non c’entri, che l’origine sia da ricercare nella scarsa attività fisica e in qualcosa di misterioso.

© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos.com

 

4.6 7 voti
Vota
Iscriviti
Notificami
guest

2 Commenti
Feedbacks
Vedi tutti i commenti
luigiR
luigiR
21 Ottobre 2025 14:36

assolutamente condivisibile. d’altronde, solo Trump potrebbe andare contro i pareri espressi da esperti su the lancet…

giova
giova
27 Ottobre 2025 17:28

Proprio innovativa la diagnosi pre-clinica!Un piccolo “passetto” diretto verso la prevenzione (prevenzione secondaria, ahimè).
Ovvio che, se i medici, dotati di linee guida sulla corretta nutrizione, fossero così “generosi” da dedicare 10′ a illustrarle al paziente positivo alla diagnosi pre-clinica questo sarebbe un bel passo verso la prevenzione del problema. Ma nella mia Regione sono quasi tutti “massimalisti”, cioè con un numero di pazienti variabile tra i 1400 e i 1800. E quindi …altro che educazione alimentare …

2
0
Ci piacerebbe sapere che ne pensi, lascia un commento.x